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lettera 10      a Nebridio

 

Scritta verso il 390-391

 

Agostino spiega la difficoltà di convivere saltuariamente con Nebridio, data la necessità di continui viaggi (n. 1-2). La vera tranquillità si trova nel proprio intimo e nell’unione con Dio (n. 3).

 

 

1.   Numquam aeque quidquam tuarum inquisitionum me in cogitando tenuit aestuantem, atque illud quod recentissimis litteris tuis legi, ubi nos arguis quod consulere negligamus ut una nobis vivere liceat. Magnum crimen, et, nisi falsum esset, periculosissimum. Sed cum probabilis ratio demonstrare videatur, hic nos potius quam Carthagini, vel etiam ruri, ex sententia posse degere, quid tecum agam, mi Nebridi, prorsus incertus sum. Mittaturne ad te accomodissimum tibi vehiculum ? Nam basterna innoxie te vehi posse noster Lucinianus auctor est. At matrem cogito, ut quae absentiam sani non ferebat, imbecilli multominus esse laturam. Veniamne ipse ad vos ? At hic sunt qui nec venire mecum queant, et quos deserere nefas putem. Tu enim potes et apud tuam mentem suaviter habitare; ii vero ut idem possint, satagitur. Eamne crebro et redeam, et nunc tecum, nunc cum ipsis sim? At hoc neque simul, neque ex sententia vivere est. Non enim brevis est via, sed tanta omnino, cuius peragendae negotium saepe suscipere, non sit ad optatum otium pervenisse. Huc accedit infirmitas corporis, qua ego quoque, ut nosti, non valeo quod volo, nisi omnino desinam quidquam plus velle quam valeo.

 

 

1. Nulla mai, nelle questioni da te suscitate, mi ha tenuto, mentre vi pensavo, così in apprensione come quello che ho letto nella tua ultima lettera, in cui ci accusi di trascurare di adoperarci perché ci sia possibile vivere insieme. Grave colpa, e, se non fosse falsa, assai pericolosa. Ma poiché un ragionamento accettabile sembra dimostrarci che noi possiamo passare il tempo secondo le nostre intenzioni qui piuttosto che a Cartagine od anche in campagna, sono veramente incerto, o mio Nebridio, come debba comportarmi con te. Ti si deve mandare il mezzo di trasporto che è più adatto per te ? Infatti il nostro Luciniano garantisce che in lettiga coperta tu puoi viaggiare senza danno. Ma penso che tua madre, dal momento che non sopportava la tua assenza quando eri sano, la sopporterà molto meno adesso che sei malato. Verrò io in persona da voi ? Ma qui ci sono alcuni che non potrebbero venire con me e che non ritengo lecito abbandonare. Tu infatti puoi dimorare piacevolmente anche in compagnia del tuo spirito; si richiede invece un grande sforzo perché essi possano fare la stessa cosa. Dovrò forse andare e tornare frequentemente e stare ora con te ora con loro? Ma questo non è né vivere insieme né secondo i nostri progetti! Infatti il viaggio non è breve, ma addirittura tanto lungo che addossarsi spesso la fatica di compierlo non significherebbe aver raggiunto la desiderata tranquillità. A ciò si aggiunge l’infermità del mio corpo, per cui anch’io - come sai - non sono in grado di fare ciò che voglio se non cesso assolutamente di voler fare più di quello che posso.