Contenuto
Percorso : HOME > Opera Omnia > Lettere > Lettera 13lettera 13 a Nebridio
Scritta nel 387
a Cassiciaco (Cassago Brianza)
Dopo aver premesso la futilità della questione se l’anima abbia un altro corpo più sottile (n. 1-2), Agostino espone il concetto di intelligibile e di sensibile ed i rispettivi oggetti (n. 3-4)
1. Usitata tibi scribere non libet, nova non licet. Alterum enim video tibi non convenire, alterum non mihi vacare. Nam ex quo abiis abs te, nulla mihi opportunitas, nullum otium datum est ea quae inter nos quaerere solemus, agitandi atque versandi. Sunt quidem hiemales nimis longae noctes, nec a me totae dormiuntur; sed se objiciunt magis cogitanda cum otium est, quae diffirmando sunt otio necessaria. Quid ergo faciam? mutusne apud te, an tacitus sim? Neutrum vis, neutrum volo. Quare age, atque accipe quod de me excudere potuit ultimum noctis, quamdiu exsequebatur, quo haec epistola scripta est.
|
1. Scriverti le solite cose non mi piace, scriverti cose nuove non mi è permesso. Vedo infatti che delle due cose l'una non si addice a te, per l'altra non trovo il tempo. Giacché, da quando ti ho lasciato, non ho avuto mai l'occasione, mai un momento di calma per meditare e discutere fra me sulle questioni che siamo soliti trattare tra noi. Le notti invernali sono molto lunghe, è vero, e non vengono da me trascorse interamente a dormire, ma quando ho del tempo libero mi si presentano piuttosto dei pensieri di cose necessarie che fanno perdere la tranquillità. Che debbo dunque fare ? Essere muto o silenzioso con te ? Né tu né io vogliamo l'una cosa o l'altra. Mettiti dunque all'opera e prendi quello che ho potuto tirar fuori da me nell'ultimo tratto della notte in cui è stata scritta questa lettera, per tutta la sua durata. |
| |
2. Necesse est te meminisse quod crebro inter nos sermone iactatum est, nosque iactavit anhelantes, atque aestuantes, de animae scilicet vel perpetuo quodam corpore, vel quasi corpore, quod a nonnullis etiam dici vehiculum recordaris. Quam rem certe siquidem loco movetur, non esse intellegibilem, clarum est. Quidquid autem intellegibile non est, intellegi non potest. At quod intellectum fugit, si saltem sensum non refugit, aestimare inde aliquid verisimiliter non usquequaque denegatur. Quod vero neque intellegi neque sentiripotest, temerariam nimis atque nugatoriam gignit opinionem; et hoc de quod agimus tale est, si tamen est. Cur ergo, quaeso te, non nobis ad hanc quaestiunculam indicimus ferias, et nos totos imprecato Deo in summam serenitatem naturae summae viventis attollimus ? |
2. Bisogna che tu richiami alla mente il problema che abbiamo spesso agitato e che ci ha agitati facendoci affannare ed accalorare, cioè di una specie di corpo o quasi corpo dell'anima, che la accompagna sempre, e che alcuni - lo ricordi certamente - chiamano suo veicolo. Questo corpo, se è vero che cambia posizione, è chiaro certamente che non è intelligibile. E tutto ciò che non è intelligibile è impossibile arrivare a conoscerlo con l'intelletto. Ma di ciò che sfugge all'intelletto se non sfugge per lo meno ai sensi, non si può negare in modo assoluto di poter dare un giudizio verosimile. Invece quello che non è possibile percepire né con l'intelletto né coi sensi dà luogo ad un'opinione troppo avventata e puerile, e l'oggetto di cui trattiamo è di questo genere, se pur esiste. Perché dunque, ti chiedo, non lasciamo da parte questa piccola questione e, invocato l'aiuto di Dio, non cerchiamo di elevarci fino alla quiete somma della Natura che possiede la vita in grado sommo? |
| |
3. Hic forsitan dicas, quanquam corpora percipi nequeant, multa nos tamen ad corpus pertinentia intellegibiliter posse percipere, ut est quod novimus esse corpus. Quis enim neget, aut quis hoc verisimile potius quam verum esse fateatur ? Ita cum ipsum corpus verisimile sit, esse tamen in natura tale quiddam verissimum est: ergo corpus sensibile, esse autem corpus intelligibile iudicatur; non enim posset aliter percipi. Ita nescio quid illud, de quo quaerimus, corpus, quo inniti anima, ut de loco ad locum transeat, putatur, quanquam etiamsi non sensibus nostris, tamen quibusdam longe vegetioribus sensibile sit, utrum tamen sit, intellegibiliter cognosci potest.
|
3. A questo punto tu forse mi dirai che, sebbene i corpi non possano essere conosciuti per mezzo dell'intelligenza, tuttavia molti aspetti pertinenti al corpo li possiamo percepire per via dell'intelligenza, per esempio il fatto che il corpo esiste. Chi lo negherebbe infatti, o chi oserebbe affermare che questo sia verosimile piuttosto che vero ? Così, pur essendo il corpo in sé conosciuto in modo verosimile, tuttavia che esista in natura una tale realtà è assolutamente vero. Dunque il corpo è una cosa sensibile, ma l'esistenza del corpo è intelligibile: sarebbe infatti impossibile conoscerla altrimenti. Così quel non so che su cui verte la nostra indagine, cioè quel corpo su cui si pensa che l'anima si sostenga per passare da un luogo all'altro, sebbene sia percepibile, se non dai nostri sensi da altri molto più acuti, tuttavia se esista lo si può conoscere per un atto dell'intelligenza. |