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Percorso : HOME > Opera Omnia > Lettere > Lettera 19lettera 19 a Caio
Scritta nel 390-391
a Tagaste
Agostino inviando i suoi libri a Caio (da lui forse convertito alla Chiesa Cattolica), lo esorta a perseverare nella fede e nei buoni propositi.
1. Ut abs te abscessimus, dici non potest quanta suavitate nos perfuderit recordatio tui, ac saepe perfundat. Recolimus enim ardore inquisitionis tuae, cum esset mirabilis, non fuisse perturbatam modestiam disputandi. Nam neque flagrantius percontantem, neque tranquillius audientem, quemquam facile invenerim. Vellem itaque tecum multum loqui: non enim multum esset, quantumcumque esset, si tecum loquerer. Sed quia difficile est, quid opus est causas quaerere? Prorsus difficile est: erit fortasse aliquando facillimum; ita Deus velit: nunc certe aliud est. Dedi ergo negotium fratri, per quem litteras misi, ut omnia nostra legenda praebeat prudentissimae Caritati tuae. Non enim aliquid meum inculcabit invito; novi enim quid benignitatis in nos animo geras; quae tamen si lecta probaveris, et vera pervideris, nostra esse non putes, nisi quia data sunt, eoque te convertas licet, unde tibi quoque est ut ea probares datum. Nemo enim quod legit, in codice ipso cernit verum esse, aut in eo qui scripserit; sed in se potius, si eius menti quoddam non vulgariter candidum et a faece corporis remotissimum lumen veritatis impressum est. Quod si falsa aliqua atque improbanda compereris, de humano nubilo irrorata scias, et ea vere nostra esse deputes. Hortarer autem te ad quaerendum, nisi videre mihi viderer hiantia quaedam ora cordis tui; hortarer etiam, ut quod verum cognoveris viriliter teneas, nisi prae te ferres evidentissimum robur animi et consilii tui. Totum enim se mihibrevi tempore, prope discussis corporis tegumentis, quod in te vivit, aperuit. Neque ullo modo siverit Domini nostri misericordissima providentia, ut a catholico Christi grege tu vir tam bonus et egregie cordatus alienus sis. |
1. È impossibile esprimere quanta dolcezza mi abbia invaso e spesso ancora mi invada al tuo ricordo dacché ti ho lasciato. Infatti rammento come la misura nella disputa non fosse turbata dal tuo ardore nella ricerca [della verità] per quanto fosse meraviglioso. Giacché non potrei facilmente trovare uno che ponga le domande con maggiore passione e che ascolti con maggiore calma. Vorrei perciò discorrere molto con te: infatti il colloquio con te non sarebbe mai abbastanza lungo, per quanto durasse. Ma poiché è difficile, che bisogno c'è di cercarne i motivi? È davvero difficile: un giorno forse sarà facilissimo - Dio lo voglia! - Ora certo la cosa sta diversamente. Perciò ho dato incarico al fratello latore della presente lettera di consegnare tutti i miei scritti alla tua prudentissima carità perché li possa leggere. Nulla di mio egli ti darà che non ti faccia piacere; so infatti quanto siano benevoli i sentimenti che nutri nei miei confronti. Se, dopo averli letti, li troverai meritevoli di approvazione e li giudicherai conformi alla verità, non considerarli cosa mia se non in quanto mi sono stati elargiti, ed elevati a Colui dal quale è stata data anche a te la capacità di giudicarli degni di approvazione. Nessuno infatti riesce a scorgere la verità di ciò che si legge nel libro stesso o in colui che lo ha scritto, ma piuttosto in sé, quando sia stata impressa nella sua mente una luce di verità che non abbia la purezza di quella comune e sia totalmente scevra dalle impurità del corpo. Se al contrario vi troverai qualcosa di falso e indegno di approvazione, sappi che è frutto della cecità umana e consideralo veramente mio. Ti esorterei a pormi delle questioni se non mi sembrasse di vedere, per così dire, spalancate le fauci del tuo cuore. Ti esorterei anche a conservarti fermamente fedele alle verità che hai conosciuto, se tu non mostrassi evidentissima la forza del tuo animo e dei tuoi propositi. Infatti ciò che vive in te mi si è in breve tempo palesato interamente, come se si fosse dissolto l'involucro del corpo. La misericordiosissima Provvidenza di nostro Signore non permetta in nessun modo che un uomo tanto retto e assennato come tu sei, sia separato dal gregge cattolico di Cristo. |