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lettera 23      a Massimino

 

Scritta nel 392

a Ippona

 

Esprimendo stima per il vescovo Donatista Massimino, accusato di aver ribattezzato un diacono cattolico, Agostino lo invita ad una chiarificazione (n. 1-4), invitandolo a pacifiche discussioni per ricomporre l'unità della Chiesa (n. 5-8).

 

 

1.   Priusquam ad rem veniam de qua tuae Benevolentiae seribere volui, tituli huius epistolae, ne vel te, vel alium quempiam moveat, rationem breviter reddam. Domino, scripsi, quia scriptum est: Vos in libertatem vocati estis, fratres, tantum ne libertatem in occasionem carnis detis, sed per caritatem servite invicem Cum ergo vel hoc ipso officio litterarum per caritatem tibi serviam, non absurde te dominum voco propter unum et verum Dominum nostrum qui nobis ista praecepit. Dilectissimo autem quod scripsi, novit Deus quod non solum te diligam, sed ita diligam ut meipsum; quandoquidem bene mihi sum conscius bona metibi optare quae mihi. Honorabili vero quod addidi, non ad hoc addidi, ut honorarem episcopatum tuum; mihi enim episcopus non es, neque hoc cum contumelia dictum acceperis; sed ex animo quo in orenostro debet esse: Est, est, Non non. Neque enim ignoras, aut quisquam hominum qui nos novit ignorat, neque te esse episcopum meum, neque me presbyterum tuum. Honorabilem igitur ex ea regula te libenter appello, qua novi te esse hominem, et novi hominem ad imaginem Dei et similitudinem factum, et in honore positum ipso ordine et iure naturae, si tamen intellegendo quae intellegenda sunt, servet honorem suum. Nam ita scriptum est: Homo in honore positus non intellexit; comparatus est iumentis insensatis, et similis factus est illis. Cur ergo te honorabilem in quantum homo es non appellem, cum praesertim de tua salute atque correctione, quandiu in hac vita es, desperare non audeam? Fratrem vero ut vocem, non te latet praeceptum nobis esse divinitus, ut etiam eis qui negant se fratres nostros esse, dicamus: Fratres nostri estis; et hoc vehementer valet ad causam, propter quam scribere volui Fraternitati tuae. Iam enim reddita ratione cur epistolae talem ianuam fecerim, audi placidissime quae sequuntur.

1. Prima di venire all'argomento, su cui mi sono proposto di scrivere alla tua Benevolenza, renderò conto in breve dell'intestazione di questa lettera, perché non meravigli te o alcun altro. Ho scritto: "Signore" poiché sta scritto: Voi, o fratelli, siete stati chiamati alla libertà; soltanto non usate della libertà come occasione per vivere secondo la carne, ma servitevi l'un l'altro nella carità (Gal 5, 13). Poiché dunque persino nell'assolvere il compito di scriverti questa lettera io servo te nella carità, non inopportunamente ti chiamo "signore", a causa dell'unico e vero nostro Signore che ci ha dato questo precetto. Quanto poi all'aver io usato l'espressione Dilettissimo, Dio sa che non solo ti amo, ma ti amo come me stesso, dal momento che ho piena coscienza di desiderare per te i beni che desidero per me. Per quanto poi concerne l'aggiunta Onorabile non l'ho fatta per onorare il tuo episcopato; per me infatti tu non sei vescovo; e non considerare questo come detto ingiuriosamente, ma secondo la disposizione d'animo per cui sulla nostra bocca ci deve essere Sì, sì; no, no (Mt 5, 37; Gc 5, 12). Infatti né tu né alcun altro di coloro che ci conoscono, ignora che tu non sei mio vescovo né io tuo prete. "Onorabile" dunque volentieri io ti chiamo secondo il principio per cui io so che tu sei uomo, e so che l'uomo è stato fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27) e collocato al posto di onore dallo stesso ordine e dallo stesso diritto naturale, purché, comprendendo quello che dev'essere compreso, sappia conservare il suo onore. Poiché sta scritto: L'uomo collocato al posto d'onore non lo ha compreso, si è messo alla pari dei bruti privi di ragione ed è divenuto simile ad essi (Sal 48, 21). Perché dunque non dovrei io chiamarti onorabile in quanto sei uomo, tanto più che io non oso disperare della tua salvezza e della tua emendazione finché sei in questa vita? Di chiamarti fratello poi tu sai che ci è stato prescritto da Dio, sicché noi diciamo: "siete nostri fratelli" anche a coloro che dicono di non essere nostri fratelli. E questo ha gran peso per la causa per cui ho voluto scrivere alla tua Fraternità. Ora infatti, dopo che ho chiarito il motivo per cui ho aperto la lettera in questo modo, ascolta con spirito sommamente pacifico quel che segue.

 

2.   Ego cum in ista regione consuetudinem hominum lugendamatque plangendam, qui cum christiano nomine glorientur, Christianos rebaptizare non dubitant, quibus verbis poteram detestarer non defuerunt laudatores tui, qui mihi dicerent te ista non facere. Fateor, primo non credidi. Deinde considerans posse fieri ut animam humanam de futura vita cogitantem Dei timor invaderet, ut se ab scelere apertissimo temperaret, gratulatus credidi, quod tali proposito ab Ecclesia catholica nolueris esse nimis alienus. Quaerebam sane occasionem loquendi tecum, ut si fieri posset, ea quae parva remanserat inter nos dissensio tolleretur; cum ecce ante paucos dies diaconum nostrum Mutugennensem te rebaptizasse nuntiatum est. Dolui vehementer, et illius miserabilem lapsum, et tuum, frater, inopinatum scelus. Novi enim quae sit Ecclesia catholica. Gentes sunt haereditas Christi, et possessio Christi termini terrae. Nostis et vos, aut si non nostis, advertite; facillime a volentibus sciri potest. Rebaptizare igitur haereticum hominem, qui haec sanctitatis signa perceperit quae christiana tradidit disciplina, omnino peccatum est: rebaptizare autem catholicum, immanissimum scelus est. Tamen non adeo credens, quia de te mihi bene persuasum tenebam, Mutugennam ipse perrexi; et eum quidem miserum videre non potui, a parentibus vero eius audivi quod vester iam etiam diaconus factus sit. Et tamen tam bene adhuc de tuo corde sentio, ut eum rebaptizatum esse non credam.

 

 

2. Esprimendo io nei termini più energici possibili la mia esecrazione per l'abitudine lacrimevole e deplorevole, invalsa nella nostra regione, di individui che, pur gloriandosi del nome di Cristiani, non esitano a ribattezzare altri Cristiani, non mancarono di quelli che parlarono bene di te, affermando che tu non lo facevi. Lo confesso, dapprima non ci credetti. In seguito, considerando che è possibile che il timore di Dio s'impadronisca dell'anima di un uomo che pensi alla vita futura per cui si astenga da un crimine così evidente, ci ho creduto, rallegrandomi che, comportandoti così, tu abbia voluto essere non troppo lontano dalla Chiesa Cattolica. Cercavo appunto l'occasione di parlare con te per eliminare, se fosse possibile, la piccola diversità di vedute che era rimasta tra noi, quand'ecco, pochi giorni or sono, mi è stato riferito che tu avevi ribattezzato un nostro diacono di Mutugenna. Mi sono fortemente addolorato tanto per la miserevole caduta di lui quanto per il tuo inatteso crimine, fratello mio. So infatti quale sia la Chiesa Cattolica. Le genti costituiscono l'eredità di Cristo e il dominio di Cristo si estende fino ai confini della terra (Sal 2, 8). Lo sapete anche voi o, se non lo sapete, prestate attenzione: si può molto facilmente comprendere quando si vuole. Orbene, ribattezzare un eretico il quale abbia ricevuto quel carattere di santità, che è stato tramandato dalla dottrina cristiana, è indubbiamente una colpa, ma ribattezzare un cattolico è delitto mostruoso. Tuttavia, non credendo ancora che la cosa stesse così, poiché avevo nei tuoi confronti una buona opinione fermamente radicata in me, mi recai di persona a Mutugenna e, a dire il vero, non riuscii a vedere quello sventurato, ma appresi dai suoi genitori che è già stato fatto anche vostro diacono. E tuttavia io conservo ancora una così buona opinione circa i tuoi sentimenti, da non credere che egli sia stato ribattezzato.

 

3.   Quare te, frater dilectissime, per divinitatem et humanitatem Domini nostri Iesu Christi obsecro, ut rescribere mihi digneris quid gestum sit, et sic rescribere, ut noveris me in Ecclesia fratribus nostris epistolam tuam velle recitare. Quod ideo scripsi, ne cum id postea facerem quod me non sperares esse facturum, offenderem Caritatem tuam, et iustam de me apud communes amicos querelam deponeres. Quid ergo te impediat ad rescribendum, non video. Si enim rebaptizas, nihil est quod homines de tuo collegio formides, cum id te rescripsoris facere quod te illi facere etiamsi nolles iuberent. Cum autem id quantis potueris documentis faciendum esse defenderis, non solum non succensebunt, sed etiam praedicabunt. Si autem non rebaptizas, arripe libertatem christianam, frater Maximine, arripe, quaeso te; non cuiusquam hominis, in contemplatione Christi, aut reprehensionem verearis, aut exhorreas potestatem. Transit honor huius saeculi, transit ambitio. In futuro Christi iudicio, nec absidae gradatae, nec cathedrae velatae, nec sanctimonialium occursantium atque cantantium greges adhibebuntur ad defensionem, ubi coeperint accusare conscientiae, et conscientiarum arbiter iudicare. Quae hic honorant, ibi onerant;quae hic relevant, ibi gravant. Ista quae pro tempore propter Ecclesiae utilitatem honori nostro exhibentur, defendentur forte bona conscientia; defendere autem non poterunt malam.

3. Ti supplico dunque, fratello carissimo, per la divinità e l'umanità di nostro Signore Gesù Cristo, di degnarti di rispondermi chiarendo com'è andata la cosa, e di farlo tenendo conto che voglio leggere pubblicamente in Chiesa la tua lettera ai nostri fratelli. Questo ho voluto scriverti per non offendere la tua carità facendo in seguito quello che non ti saresti atteso che facessi e perché tu non avessi a muovere nei miei confronti giusta lagnanza presso i nostri comuni amici. Non vedo dunque che cosa possa impedirti di rispondermi. Infatti, se ribattezzi, non hai nessuna ragione di temere i tuoi compagni di comunione rispondendomi che fai quello che essi ti ordinerebbero di fare quand'anche tu non volessi. Quando poi, con tutte le prove a tua disposizione, sosterrai che si deve fare, non solo non si sdegneranno, ma anzi ti loderanno. Se invece non ribattezzi, àrmati, fratello mio Massimino, àrmati della libertà che si addice ad un cristiano, te ne supplico; sotto gli occhi di Cristo non temere il biasimo e non paventare la potenza di nessuno. Passano l'onore e il fasto di questo mondo. Nel futuro giudizio di Cristo né i troni posti su alte gradinate né i seggi drappeggiati né le schiere delle vergini consacrate a Dio, che vengono incontro cantando, potranno essere addotti a difesa quando le nostre coscienze cominceranno ad accusarci e l'arbitro delle coscienze a giudicarci. Le cose che qui onorano la oneranno; quelle che qui sono di sollievo là sono d'aggravio. Gli onori, che vengono tributati temporaneamente alle nostre persone per utilità della Chiesa, saranno forse giustificati dalla nostra buona coscienza, ma non potranno mai giustificarla se cattiva.

 

 

4.   Quod ergo tam pio et tam religioso animo facis, si tamen facis, ut Ecclesiae catholicae baptismum non iteres, sed approbes potius tanquam unius verissimae matris, quae omnibus gentibus, et regenerandis praebet sinum, et regeneratis ubera infundit, tanquam unius possessionis Christi, sese usque ad terrae terminos porrigentis; si hoc vere facis, cur non erumpis in exsultantem et liberam vocem? cur lucernae tuae tam utilem splendorem premis sub modio? Cur non discissis atque abiectis veteribus pellibus timidae servitutis, christiana potius indutus fiducia exis et dicis: "Ego unum baptismum novi, Patris et Filii et Spiritus Sancti nomine consecratum atque signatum; hanc formam ubi invenio necesse est ut approbem; non destruo quod dominicum agnosco, non exsufflo vexillum regis mei"? Vestem Christi et qui diviserunt, non violaverunt; et illi adhuc Christum non resurrecturum crediderant, sed morientem videbant. Si a persecutoribus vestis non conscissa est pendentis in cruce, cur a Christianis destruitur sacramentum sedentis in coelo? Si veteris populi temporibus Iudaeus essem, quando aliud esse melius non possem,accepissem utique circumcisionem. Quod signaculum iustitiae fidei, tantum illo tempore valuit, antequam Domini evacuaretur adventu, ut infantem filium Moysi Angelus praefocasset, nisi mater arrepto calculo circumcidisset puerum, et hoc sacramento imminentem perniciem depulisset. Hoc sacramentum etiam Iordanem fluvium refrenavit, et reduxit in fontem. Hoc sacramentum ipse Dominus, quamvis evacuaverit crucifixus, tamen natus accepit. Non enim signacula illa damnata sunt, sed succedentibus opportunioribus decesserunt. Nam sicut circumcisionem abstulit Domini primus adventus, sic Baptismum auferet secundus adventus. Sicut enim nunc posteaquam venit libertas fidei, et remotum est servitutis iugum, nullus christianus circumciditur carne; sic tunc regnantibus iustis cum Domino, damnatisque impiis, nemo baptizabitur, sed illud quod ista praefigurant, id est circumcisio cordis, et munditia conscientiae manebit in aeternum. Si ergoillo tempore Iudaeus essem, et veniret ad me Samaritanus, velletque, illo errore derelicto quem etiam Dominus improbavit dicens: Vos adoratis quod nescitis; nos adoramus quod scimus, quoniam salus ex Iudaeis est: vellet ergoSamaritanus, quem Samaritani circumciderant, fieri Iudaeus, vacaret certe iterationis audacia, et id quod apud haeresim factum erat, quod praeceperat Deus, non repetere sed approbare cogeremur. Quod si in carne circumcisi hominis non invenirem locum ubi circumcisionem repeterem, quia unum est illud membrum; multo minus invenitur locus in uno corde, ubi baptismus Christi repetatur. Ideo qui duplicare Baptismum vultis, necesse est omnino ut corda duplicia requiratis.

 

 

 

 

 

4. Perciò quello che fai con animo così pio e religioso (se, beninteso, lo fai) di non ripetere il battesimo della Chiesa Cattolica ma anzi di approvarlo come quello dell'unica e verissima Madre, la quale offre il suo seno a tutte le genti che devono essere rigenerate e, dopo averle rigenerate, trasfonde in esse il latte delle sue mammelle, come quello dell'unico possedimento di Cristo che si estende sino ai confini della terra (Ibid.), se davvero lo fai, perché non lo proclami con voce libera ed esultante? Perché celi sotto il moggio lo splendore così salutare della tua lucerna (Mt 5, 15; Lc 11, 33; 8, 16; Mc 4, 21)? Perché, stracciate e gettate via le vecchie pelli della servitù timorosa e rivestito invece della libertà cristiana, non esci fuori e non dichiari: "Io conosco un solo battesimo amministrato ed impresso come sacramento in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; quando trovo questa formula devo necessariamente approvarla: io non distruggo ciò che riconosco come appartenente al Signore, non abbatto la bandiera del mio re"? Anche coloro che si divisero la veste di Cristo non la lacerarono (Gv 19, 24); eppure essi non credevano ancora che Cristo sarebbe risorto, anzi lo vedevano morente. Se dai persecutori non fu divisa in varie parti la veste di Chi pendeva dalla croce, perché mai da Cristiani viene distrutto il sacramento di Chi è assiso nel cielo? Se io fossi stato un giudeo al tempo dell'antico popolo [di Dio], non potendo essere altro di meglio, avrei senza dubbio ricevuto la circoncisione. Questo simbolo della giustizia della fede (Rm 4, 11) ebbe in quel tempo, prima di essere abolito dall'avvento del Signore, un valore così grande che l'Angelo avrebbe soffocato il figlio ancora infante di Mosè, se la madre, afferrata una selce affilata, non avesse circonciso il bambino e con questo sacramento non avesse scongiurato l'imminente sventura (Es 4, 24 ss). Questo medesimo sacramento arrestò il corso del Giordano e lo fece risalire verso la sorgente (Sal 113, 3; 5, 11). Questo sacramento il Signore stesso, sebbene lo abbia annullato con la Crocifissione, tuttavia lo ricevette alla sua nascita (Lc 2, 21). Infatti quei segni non furono condannati, ma cedettero il posto ad altri, più opportuni, che li sostituivano. Giacché come il primo avvento del Signore abolì la circoncisione, così il secondo avvento abolirà il Battesimo. Come adesso infatti, dopo che è giunta la libertà della fede ed è stato rimosso il giogo della schiavitù, nessun cristiano viene circonciso nella carne, così allora, quando i giusti regneranno col Signore e gli empi saranno stati condannati, nessuno sarà battezzato, ma durerà in eterno ciò che questi due segni sacri prefigurano, cioè la circoncisione del cuore e la purezza della coscienza. Facciamo dunque l'ipotesi ch'io fossi stato un Giudeo di quel tempo e fosse venuto da me un Samaritano e avesse voluto [farsi Giudeo] - dopo aver rinunciato all'errore che anche il Signore ha condannato dicendo: Voi adorate quello che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei (Gv 4, 22) - nella ipotesi dunque che un Samaritano, che i Samaritani avevano circonciso, avesse voluto farsi Giudeo, certamente sarebbe mancato il coraggio di effettuare la ripetizione e saremmo stati costretti non a ripetere ma ad approvare ciò che era stato fatto presso degli eretici, poiché Dio lo aveva comandato. Ora, se nella carne di un uomo circonciso non avrei trovato un posto in cui ripetere la circoncisione, poiché quel membro è uno solo, molto meno in un cuore solo è possibile trovare un posto in cui si possa ripetere il battesimo di Cristo. Pertanto voi che volete raddoppiare [il battesimo] è assolutamente necessario che andiate a cercare dei cuori doppi.

 

5.   Clama ergo recte te facere, si non rebaptizas; et non solum sine trepidatione, sed etiam cum gaudio mihi inde rescribe. Nulla te tuorum concilia, frater, exterreant. Si enim hoc eis displicuerit, non sunt digni qui te habeant; si autem placuerit, credimus de misericordia Domini, qui timentes sibi displicere, et conantes placere nunquam deserit, quod inter vos et nos cito pax erit: ne propter honores nostros, de qua sarcina periculosa ratio redditur, miserae plebes credentes in Christum habeant in domibus suis communes cibos, et mensam Christi communem habere non possint. Nonne ingemiscimus quod vir et uxor, ut fideliter coniungant corpora sua, iurant sibi plerumque per Christum, et ipsius corpus Christi diversa communione dilaniant? Hoc tantum scandalum, tantus diaboli triumphus, tanta pernicies animarum, si per tuam modestiam, et prudentiam, et dilectionem quam debemus ei qui pro nobissuum sanguinem fudit, ablata de medio in his regionibus fuerit; quis explicet verbis quam tibi palmam praeparet. Dominus, ut ad caetera membra sananda, quae per totam Africam tabefacta miserabiliter iacent, a te proficiscatur tam imitabile medicinae documentum? Quam vereor, quoniam cor meum videre non potes, ne tibi cum insultatione potius quam cum dilectione loqui videar! Sed certe amplius quid faciam non invenio, nisi ut inspiciendum sermonem meum tibi offeram, animum Deo.

 

5. Proclama dunque che fai bene se non ribattezzi e rispondimi su questo punto non solo senza trepidazione ma anche con gioia. Nessun conciliabolo dei tuoi ti atterrisca, o fratello. Infatti se questo è loro dispiaciuto, non sono degni di averti [con loro]; se invece è riuscito loro gradito, noi crediamo che per la misericordia del Signore (che non abbandona mai quelli che temono di dispiacergli e cercano di piacergli) presto tra voi e noi ci sarà la pace, affinché non succeda che per colpa delle nostre dignità, carico di cui si deve render un conto pieno di rischi, le misere plebi che credono in Cristo abbiano comuni i cibi nelle loro case e non possano avere comune la mensa di Cristo. Non deploriamo forse il fatto che marito e moglie, per unire i loro corpi con un patto di sicura fedeltà, si fanno per lo più reciproco giuramento nel nome di Cristo e poi, con la diversità di comunione, lacerano il corpo di Cristo stesso? Se per la tua modestia, per la tua prudenza e per l'affetto che dobbiamo a Colui che ha versato il suo sangue per noi, saranno eliminati in queste regioni questo così grave scandalo, questo così grave trionfo del diavolo, questa così grave rovina delle anime, chi potrebbe esprimere a parole quale palma ti prepara il Signore perché da te venga un esempio di medicina tanto degno di imitazione per risanare le altre membra che in tutta l'Africa giacciono miseramente travagliate dalla corruzione? Quanta paura ho che tu pensi ch'io ti parli insultandoti piuttosto che con affetto, dal momento che tu non puoi vedere il mio cuore! Ma senza dubbio non trovo che cosa possa fare di più che presentare a te le mie parole e a Dio il mio animo, affinché vengano giudicati.

 

6.   Tollamus de medio inania obiecta, quae a partibus imperitis iactari contra invicem solent; nec tu obiicias tempora Macariana, nec ego saevitiam Circumcellionum: si hoc ad te non pertinet, nec illud ad me. Area dominica nondum ventilata est; sine paleis esse non potest. Nos oremus, atque agamus quantum possumus, ut frumentum simus. Ego de rebaptizato diacono nostro silere non possum: scio enim quam mihi silentium perniciosum sit. Non enim cogito in ecclesiasticis honoribus tempora ventosa transigere, sed cogito me principi pastorum omnium rationem de commissis ovibus redditurum. Si forte nolles ut haec tibi scriberem, oportet te, frater, ignoscere timori meo. Multum enim timeo ne me tacente etdissimulante, alii quoque rebaptizentur a vobis. Decrevi ergo, quantum vires et facultatem Dominuspraebere dignatur, causam istam sic agere, ut pacificis collationibus nostris omnes qui nobis communicant, noverint ab haeresibus aut schismatibus quantum catholica distet Ecclesia, et quantum sit cavenda pernicies vel zizaniorum vel praecisorum de vite Domini sarmentorum. Quam collationem mecum si libenti animo susceperis, ut concordibus nobis amborum litterae populis recitentur, ineffabilis exultabo laetitia. Si autem id aequo animo non accipis, quid faciam, frater, nisi ut te quoque invito epistolas nostras populo catholico legam, quo esse possit instructior? Quod si rescribere dignatus non fueris, vel meas legere decrevi, ut saltem diffidentia vestra cognita rebaptizari erubescant.

 

 

6. Togliamo di mezzo gli inutili rimproveri che le due parti sogliono scagliarsi contro reciprocamente per ignoranza e tu non rinfacciarmi i tempi di Macario come io non ti rinfaccerò la crudeltà dei Circoncellioni. Se questo fatto non ricade su di te, nemmeno l'altro ricade su di me. L'aia del Signore non è ancora stata vagliata : non può essere senza paglia. Noi per parte nostra preghiamo e facciamo quanto è in nostro potere per essere frumento! Io non posso tacere sulla ripetizione del battesimo a un nostro diacono, perché so quanto mi sarebbe pernicioso il silenzio. Infatti non penso di passare il tempo nelle cariche ecclesiastiche soddisfacendo la mia vanità, ma penso che renderò conto al principe di tutti i pastori delle pecore che mi furono affidate. Se per caso non ti facesse piacere che io ti scriva queste cose, tu, fratello, devi perdonare il mio timore. Infatti ho una gran paura che, se taccio e fingo di non sapere, altri ancora vengano da voi ribattezzati. Ho deciso pertanto di trattare questa causa conformemente alle forze e alla capacità che il Signore si degna di concedermi, in modo tale che attraverso le nostre pacifiche discussioni tutti coloro che hanno rapporti con noi comprendano quanto la Chiesa Cattolica si differenzi dalle comunità eretiche o scismatiche e quanto sia necessario stare in guardia contro il flagello sia delle zizzanie che dei sarmenti recisi dalla vite del Signore. Se accetterai di buon grado questa discussione con me con l'intesa che, con pieno accordo tra noi, le lettere di entrambi vengano lette al popolo, esulterò d'ineffabile letizia; ma se non lo accetti serenamente, che potrò fare, fratello, se non leggere al popolo cattolico le nostre lettere anche contro la tua volontà, affinché possa essere più istruito? Se poi non ti degnerai di rispondermi, ho deciso di leggere almeno la mia, affinché, se non è possibile altrimenti, si vergognino di farsi ribattezzare, una volta conosciuta la scarsa fiducia che voi avete della vostra causa.

 

7.   Neque id agam cum miles praesens es, ne quis vestrum arbitretur tumultuosius me agere voluisse, quam ratio pacis desiderat; sed post abscessum militis, ut omnes qui nos audiunt intellegant non hoc esse propositi mei ut inviti homines ad cuiusquam communionem cogantur, sed ut quietissime quaerentibus veritas innotescat. Cessabit a nostris partibus terror temporalium potestatum: cesset etiam a vestrispartibus terror congregatorum Circumcellionum. Re agamus, ratione agamus, divinarum Scripturarum auctoritatibus agamus, quieti atque tranquilli quantum possumus petamus, quaeramus, pulsemus 14, ut accipiamus et inveniamus, et aperiatur nobis, ne forte fieri possit, ut adiuvante Domino concordes conatus et orationes nostras, tanta deformitas atque impietas Africanarum regionum de nostris terris incipiat aboleri. Si non credis post discessum militum me velle agere, post discessum militum tu rescribe. Si enim ego praesente milite litteras meas legere populo voluero, prolata epistola mea demonstrabit me fidei violatorem. Quod misericordia Domini avertat a moribus atque instituto meo, quod mihi per iugum suum inspirare dignatus est.

 

7. E non farò questo finché i soldati sono qui perché nessuno di voi creda ch'io abbia voluto trattare la questione con maggior tumulto di quello che vorrebbe la causa della pace; bensì dopo la partenza dei soldati, affìnché tutti gli uditori comprendano che il mio proposito non è quello che degli uomini vengano costretti contro la loro volontà ad aderire alla comunione di qualcuno, ma che la verità diventi ad essi chiara attraverso una ricerca condotta con la massima tranquillità. Per parte nostra cesserà il terrore rappresentato dal potere temporale, cessi anche per parte vostra il terrore diffuso dalle bande dei Circoncellioni. Trattiamo la cosa concretamente, razionalmente, basandoci sulla autorità delle Sacre Scritture; quieti e tranquilli, per quanto ci è possibile, domandiamo, cerchiamo, bussiamo (Mt 7, 7 s.; Lc 11, 9 s.), affinché possiamo ottenere e trovare e ci si apra. Chissà che non avvenga che, assecondando il Signore i nostri sforzi e le nostre preghiere concordi, cominci a sparire dalle nostre terre un obbrobrio e un'empietà così grande delle regioni africane. Se tu non credi ch'io voglia discutere dopo la partenza dei soldati, tu rispondimi dopo la partenza dei soldati. Infatti se io avrò voluto leggere al popolo la mia lettera alla presenza dei soldati, la sua presentazione dimostrerà ch'io sono un mancatore di parola. La misericordia del Signore tenga lontana una simile eventualità dalla mia condotta e dai miei propositi ch'Egli s'è degnato ispirarmi mediante il suo giogo.

 

8.   Episcopus meus Benevolentiae tuae fortasse potius litteras misisset, si esset praesens, aut ego illo vel iubente vel permittente scripsissem. Sed illo absente cum diaconi rebaptizatio recens aut est aut esse dicitur, frigescere actionem ipsam dilatione non passus sum, de fraterna et vera morte acerbissimi doloris aculeis excitatus. Quem dolorem meum adiuvante misericordia et providentia Domini, pacis fortasse compensatio lenitura est. Deus et Dominus noster tibi mentem pacatam inspirare dignetur, domine dilectissime frater.

 

8. Il mio vescovo, se fosse stato presente, avrebbe forse preferito inviare lui una lettera alla tua Benevolenza, oppure l'avrei scritta io per suo ordine o col suo permesso. Ma in sua assenza, poiché l'iterazione del battesimo al diacono è recente o, si dice che lo sia, io stimolato dagli aculei di un dolore acerbissimo per la morte vera d'un fratello, non ho sopportato che l'azione stessa perdesse di attualità per la dilazione. La ricompensa della pace (con l'aiuto della misericordia e della provvidenza del Signore) forse presto lenirà questo mio dolore. Il nostro Dio e Signore si degni d'infonderti uno spirito di pace, o signore e fratello dilettissimo.