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lettera 18      a  celestino

 

Scritta nel 390-391

a Tagaste

 

Agostino chiede a Celestino di restituirgli i suoi libri contro i Manichei (n. 1) e quindi argomenta con qualche schematico cenno a proposito delle tre specie di sostanze (Dio, gli spiriti, i corpi) e delle loro proprietà.

 

 

1.   O utinam possem assidue tibi aliquid dicere! Id autem aliquid est, ut curis exueremur inanibus, et curis indueremurutilibus. Nam de securitate nescio utrum quidquam in hoc mundo sperandum sit. Scripsi, nec recepi ulla rescripta. Misi adversum Manichaeos libros, quos paratos et emendatos mittere potui, nec quidquam ex illis iudicii motusque vestri notum mihi factum est. Nunc eos repetere iam me, vos autem restituere convenit. Peto itaque ne differatis eos remittere cum rescriptis, quibus nosse cupio quid de illis geritis, vel adhuc ad illum errorem expugnandum quid armaturae vobis opus esse arbitremini.

1.  Oh se potessi continuamente dirti qualche cosa! E questo qualcosa è di spogliarci delle cure inutili e di immergerci in cure che siano utili. Giacché quanto alla mancanza di esse non so se si debba nutrire qualche speranza in questo mondo. Ho scritto e non ho ricevuto nessuna risposta. Ho mandato i libri contro i Manichei che potevo mandare, in quanto già pronti e corretti, ma non mi è stato reso noto nulla circa il vostro giudizio e la vostra impressione su di essi. Ormai è tempo che io ve li richieda e voi li restituiate. Vi prego dunque di non tardare a rimandarli con una risposta, attraverso la quale desidero conoscere che uso ne fate o di quali armi ritenete di avere ancora bisogno per trionfare di quell'errore.

 

 

2.   Sane quoniam te novi, accipe hoc quiddam grande et breve. Est natura per locos et tempora mutabilis, ut corpus. Et est natura per locos nullo modo, sed tantum per tempora etiam ipsa mutabilis, ut anima. Et est natura quae nec per locos, nec per tempora mutari potest; hoc Deus est. Quod hic insinuavi quoque modo mutabile, creatura dicitur; quod immutabile, Creator. Cum autem omne quod esse dicimus, in quantum manet dicamus, et in quantum unum est, omnis porro pulchritudinis forma unitas sit: vides profecto in ista distributione naturarum, quid summe sit, quid infime, et tamen sit; qui medie, maiusque infimo, et minus summo sit. Summum illud est ipsa beatitas: infimum, quod nec beatum esse potest, nec miserum: quod vero medium, vivit inclinatione ad infimum, misere; conversione ad summum, beate vivit. Qui Christo credit, non diligit infimum, non superbit in medio, atque ita summo inhaerere fitidoneus: et hoc est totum quod agere iubemur, monemur, accendimur.

 

 

 

2.  Comunque, poiché ti conosco, eccoti qualcosa d'importante e di breve. V'è una natura mutabile per quanto concerne il luogo e il tempo, cioè il corpo. E vi è una natura per nulla mutevole riguardo al luogo ma, solo per quanto concerne il tempo, anch'essa mutevole, cioè l'anima. E vi è una natura che è immutabile sia per il luogo che per il tempo, cioè Dio. Ciò che qui ho indicato come mutevole sotto qualunque aspetto si chiama creatura; ciò che è immutabile, Creatore. Ora, poiché qualsiasi cosa noi diciamo esistente, la diciamo tale in quanto sussiste e in quanto costituisce un'unità e, d'altra parte, l'unità è il principio d'ogni bellezza, tu vedi certamente che cosa, nelle predette categorie di nature, possegga l'esistenza in grado sommo; che cosa la possegga in grado infimo, e pure esista; che cosa la possegga in grado medio e sia superiore all'essere infimo e inferiore all'essere sommo. L'essere sommo è la beatitudine stessa; l'essere infimo quello che non può essere né felice né infelice; l'essere intermedio, se tende a ciò che è infimo, ha una vita infelice, se si volge all'essere sommo, vive felice. Chi crede in Cristo, non si abbandona all'amore di ciò che è infimo, non insuperbisce nello stato intermedio e così diviene capace di unirsi all'essere sommo. E questo è tutto ciò che ci viene ordinato e consigliato di fare e di cui ci viene instillato l'amore.