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GIOVANNI FRANCESCO PIROVANO (1506 - 1586) ALIAS GASPARE TRIULTIO II°

Il Palazzo dei Pirovano (ala a destra) con gli ampliamenti settecenteschi

Il Palazzo dei Pirovano (ala a destra) con gli ampliamenti settecenteschi

 

 

GIOVANNI FRANCESCO PIROVANO (1506 - 1586) ALIAS GASPARE TRIULTIO II°

di Luigi Beretta

 

 

Come il padre anche Giovanni Francesco Pirovano si fregia del titolo di Triulzio, assumendo il nome di Gaspare Triultio secondo. E' con lui che incomincia in modo definitivo l'espansione dell'influenza e della importanza della famiglia Pirovano in Cassago. La conferma ci viene dal moltiplicarsi degli atti e dei documenti che riguardano compravendite a Cassago.

Nel 1574 Francesco Pirovano occupa un posto di un certo rilievo nel panorama sociale del paese: lo stato d'anime redatto dal parroco don Antonio Brambilla il 1 maggio incomincia proprio da lui e dalla sua abitazione. Qui viveva la sua servitù e la famiglia del massaro, un certo Cristoforo de fomagallo di 40 anni, che curava le sue proprietà alla Costa. Costui vi risiedeva con la moglie Maddalena di 39 anni e i figli Domenico, Franceschina, Margherita, Fiorina, Simone, Lucia, Giovanni Antonio, Silvestro: assieme a loro risiedeva anche la famiglia di Balzaro suo cugino con la moglie Franceschina e i figli Domenica, Francesco e Matteo. Concludeva il gruppo di familiari Angelo de fomagallo cugino anch'egli di Cristoforo, di 37 anni, con la moglie Caterina di 24 anni e il figlio Matteo di 3.

In tutto sono 19 le persone che abitano nella casa da nobile di Giovanni Francesco Pirovano, il che la dice lunga sulla importanza dell'edificio. Francesco Pirovano possedeva ancora altre case a Cassago, dove abitavano rispettivamente Caterina de Nava, vedova, Antonio de Sappi, tessitore, Isabetta de fomagallo, Antonio de Rigoni, operaio, Isabetta de brambilla, massaia, Margherita de Olearij, povera, e Battistino de Salla, massaro di 52 anni che con altre 16 familiari risiedeva alla cascina della Costa. Anche lo stato d'anime stilato il 9 gennaio 1578 conferma la preminenza della famiglia di Francesco Pirovano, che nel frattempo avevano cambiato il proprio massaro: non più Cristoforo de fomagallo ma Gasparo de Nava di 66 anni che viveva assieme ai figli e ai nipoti. I pigionanti nelle altre case di proprietà sono rimasti praticamente gli stessi: accanto al nuovo arrivato Paolo de Caglio, scopriamo ancora Caterina de Nava, Isabetta de Brambilla e il massaro Battistino de Salla alla Costa. Sposatosi con la nobildonna Margherita Brasca, fu padre di una prole numerosa: ben nove tra figli e figlie.

Delle figlie, Diana fu maritata in prime nozze con Giovanni Borromeo cugino di san Carlo e Federico Borromeo e in seconde nozze con Jo: Battista Cantoni, ma morì senza lasciare figli maschi, avendo partorito una sola figlia. Cecilia convolò a nozze con un nobile Missaglia e fu madre del conte Marco Antonio Missaglia da Feccio. Margherita in prime nozze sposò Danese Besozzo e quindi un Foppa, da cui ebbe un solo figlio, Raimondo.

Ciascuna delle tre figlie fu maritata con una dote di 29500 lire. Giovanna o Scolastica si fece monaca nel monastero di santa Maddalena a Milano cui furono donate le sue cose dal fratello Filippo Maria, monsignore e Auditore della Sacra Rota a Roma. Tra i figli ricordiamo Gaspare, Giovanni Battista, Bartolomeo, Filippo Maria e Giulio Domenico. Nel testamento che redasse il 6 settembre 1585 Giovanni Francesco Pirovano ricorda anche un suo cugino, un certo Giovanni Paolo Aresio.

Allo stesso tempo ha parole di ringraziamento per Cristoforo Fumagallo detto Toffeno: "... item lasso et per raggione di legato ho lassato a Christophoro detto Toffeno fumagallo alias mio massaro alla Costa over a suoi eredi libre cento Imperiali una volta tanto da essergli date et pagate per li infrascritti figlioli et eredi miei doppo il mio decesso, et questo caso che per me tali denari non si trovassero pagati anche perché così è la mia bona et ultima voluntà."

Giovanni Francesco trascorse gran parte della sua vita a Milano, da dove dirigeva le sue attività e i suoi affari, che oltre ai possedimenti cassaghesi, interessavano le ben più vaste proprietà a Lomagna, il probabile paese di origine della famiglia. Lo scopriamo in questo paese il 25 agosto 1571 durante la visita pastorale di san Carlo che lo interrogò per conoscere la storia della parrocchia locale. Francesco Pirovano dichiarò che la chiesa "non è in titolo di niuno ne mai è stata data in titolo ma sempre a mio ricordo è stato solito che gli vicini delli luoghi trovavano uno prete per officiarla et li costituivano certa mercede hora più hora meno oltre li suoi incerti."

Circa il criterio a cui si attenevano i cittadini nella scelta del sacerdote, Francesco spiega che "il prete che si trovava per detto servizio si proponeva et si accettava per scrutinio et poi se faceva una vista nella quale si diceva il tal prete sera obligato a servire nella detta chiesa in questo modo et noi uomini li promettiamo tanto, la qual somma egli riscuoteva dalli messeri et così si metteva sotto la tassa di ciascuno particolare del detto comune." E' la stessa situazione che si ritrova lo stesso anno anche a Cassago, dove la popolazione si tassa per mantenere un prete per la sua chiesa. Quanto allo studio della dottrina cristiana, Francesco precisa che "se batezava nella detta chiesa per non esservi mai stato Battistero in un bacile et l'acqua si gettava dietro l'altare."

Davanti alla chiesa o intorno ad essa c'era "un po di cimitero et in esso sempre si sono seppelliti gli uomini di detto luogo." Francesco Pirovano si mostra molto erudito sulla storia del paese e prosegue ricordando che "pascha et altri tempi la comunione si è sempre fatta in detta chiesa dalli predetti uomini." A conclusione della sua testimonianza il nobile Pirovano asserisce di avere 65 anni e di ricordare quello che ha riferito da quando aveva quindici anni (Archivio Storico della Diocesi di Milano, sez. X, Missaglia, vol. XXVII, qq. 15 e 16).

Dalle testimonianze di altri abitanti del luogo veniamo a sapere che Francesco possedeva numerosi appezzamenti di terra, che dava in affitto. Un suo parente, un certo Pomponio Pirovano, conferma che Francesco godeva di un campo che era della chiesa di sant'Alessandro di Lomagna. La cosa non piacque a san Carlo che durante la sua visita a Lomagna nel 1571 sollevò la questione. Questa "chiesa de sancto Alexandro era situata in una certa isoletta circondata con sesa a torno sopra gli beni del signor Francesco Pirovano appresso però alla strada che va a Osnago." La ricognizione di san Carlo riceve la testimonianza di "Pomponio abitante in Lomagna, et altri gentiluomini che dicono che quella isoletta nela quale è posta detta chiesa, che è circa 22 pertiche e mezza campo avante ala porta de detta chiesa, altre volte lo godevano gli preti alla cura de Lomagna, et che da poco tempo l'ha usurpata parte il deto signor Francesco per gli soj masari, et adesso la usurpa anco magistero Ambrogio Mandello qual è masare d'esso signor Francesco Pirovano." (Archivio Storico della Diocesi di Milano, sez. X, Missaglia, vol. XXVII, q. 15).

San Carlo intimo a quest'ultimo reintegrare la chiesa dei suoi possessi pena il sequestro dei beni prodotti dal campo. Francesco Pirovano obbedì all'ordine, poiché nelle visite successive la questione non viene ipù sollevata. Lo stesso Francesco aveva anche un'altra chiesa sulle sue proprietà a Lomagna, quella di san Silvestro. Fra gli Atti della visita carolina del 1571 c'è un cenno esplicito: "Visto la chiesa de sancto Silvestro situata nel territorio di Lomagna sopra gli beni del signor Francesco Pirovano quondam Filippo Maria in Milano . gli vanno dentro le bestie et quasi se gli fa stalla perché è dentro polita . ha una sola porta in ante aperta e concesso al masaro che la sera con prede che animali non intremo dentro. Interrogato magistero Ambrogio Mandello di età de anni 65 vel circa abitante in Lomagna dice di non saper ne haver inteso che essa chiesa possedesse mai cossa alcuno propria." (Archivio Storico della Diocesi di Milano, sez. X, Missaglia, vol. XXVII, q. 15). Attorno erano state piantate delle viti e san Carlo ordina di chiuderla e di non profanarla più.

Ma nel 1611 risulta crollata e poi non se ne parla più.

Giovanni Francesco Pirovano morì nel 1586 e lasciò ai figli 36000 lire in contanti oltre a un patrimonio di 28736 lire così distribuito:

 

Beni di Cassino ..................... lire 6600

Appendicij ............................. lire 100

Molino ................................... lire 300

Hosteria ................................ lire 200

Ortaglia ................................. lire 70

Fitti d'aque ............................ lire 4000

Bolini et pauenale ................. lire 2200

Banche civili di Pallazzo ......... lire 1109

Redditi di Camera ................. lire 4700

Redditi di Città ...................... lire 2700

Beni di Cassago .................... lire 2700

Beni di Zoccolino ................... lire 1500

Beni di Pandino ..................... lire 2500

Totale ................................... lire 28736

 

Un documento della fine del Seicento, che riassume le questioni ereditarie sorte nella seconda metà di quel secolo per la mancata nascita di figli maschi, riporta valori un poco diversi e precisamente ricorda che Gio:Francesco diede a ciascuno dei suoi 5 figli "tanti Beni stabili per L. 61725 oltre li Mobili suppellettili d'oltre diversi Crediti di L. 70000 circa lasciati indivisi: onde li soli Stabili ascendono al Valore di L. 308627.17.6 "

In un altro appunto circa della stessa epoca si ritrovano altre annotazioni interessanti rese dagli eredi testamentari, che chiariscono parentele e disposizioni ereditarie almeno fino all'ultima Pirovano e ai discendenti del primo Settecento: "Avendo imposto il Sig. Arbitro, che si dovesse dare un Conto esatto dell'importo de Beni lasciati dal Sig. Francesco Pirovano Senatore, propongono il Marchese Modrone et il Conte Filippo Visconti i seguenti fatti. Il Signor Gio. Francesco Pirovano Seniore fece testamento 6 settembre 1585 in cui ordinò un fideicomisso a favore de suoi Abbiatici in detto Instromento di Testamento dota le figlie superstiti 29500 lire cadauna maritandosi e lire 3000 monacandosi e rispetto ad altri legati in somma di 1.1390 detto Testatore palesa la sua intenzione di disobligar gli Eredi. Il testamento fu rogato dai notai Gio:Batta Carinatto e Gerolamo Burigozzo.

Nel mese di Genaro i587 morì il Testatore cioé mesi =i6= dopo il Testamento. Al 24 Genaro 1587 la signora Margarita Brasca Pirovana costituita Tutrice de Figlj minori Bartolomeo, Julio, Domenico e Gio:Batta come pure delle tre figlie Margarita, Cecilia e Giovanna, la medema prout fece l'inventaro de beni stabili, redditi, Capitali, e nobili, con riserva di continuarlo, qualora si scoprissero altre sostanze, sin'ora non si é venuto in chiaro della continuazione di detto Jnventario, quale vi deve essere necessariamente, essendo il primo Inventario mancante de denari, gioie, frutti esistenti a nomi de Fittabili debitori e parimenti dei creditori. Onde esattissimo calcolo per tale mancanza non si può produrre, delle tre figlie sudette due sole si sono maritate Cecilia e Margarita. L'anno i595 essendo tutti li Figlj maschj fuori di tutela fecero tra loro la divisione de beni stabili e redditi solamente calcolati in via di valutazione 1.308627:18 e indivisi li Capitali e nobili per la somma di L. 109500.

Nel i608 si ratificò la divisione i595 ed evvi espressa protesta del Cavaliere Giulio Dominico nell'instrumento i6i2 di sottoporre al fideicomisso paterno le porzioni di falcidia legitima perché a lui competissero, quando non ne disponesse. Nel i612.17.7bre seguì tra Fratelli l'Instrumento di vicendevole liberazione in cui si osserva pure essersi esatto dal Sig. Bartolomeo Brasca L. 2140 per le spese della lite vertente tra esso e li Fratelli Pirovani innanzi la Rota Romana, si osserva ancora essere stata alienata da Fratelli dalla porzione di Giulio Domenico la possessione Galimberta molino e Torchio del Sormano tutti in Pandino per il prezzo di L. 18857 per la quale alienazione li Fratelli si sono obbligati reintegrarlo per 4/5 cioé per L. 15086:6:5 per li quali interinalmente gli assegnarono tanta parte di reddito sopra la ferma del sale corrispondente al godimento de' beni alienati. La porzione però di detto Giulio Domenico diminuita per 1/5 cioé per L. 3777.11.7 in Causa comuune resta nuovamente reintegrata nella somma di L. 65824.11.6 per quanto gli spetta a conto di legitima e del Fideicomisso paterno mediante la quinta parte de Beni di Cassino, delle acque del Bocchello de Pobione, che non erano nelle precedenti divisioni, e della 5 parte de mobili pure non divisi. Morì prima il Cavaliere Giulio domenico senza Testamento l'anno i618 onde tutta la sua sostanza nella somma sudetta di L. 65824.11.6 rimase sottoposta al fideicomisso e benché fosse divisa tra fratelli detta eredità senza far menzione de beni alienati, anzi benché non essendo li predetti beni facilmente divisibili fossero in parte acquistati da Bartolomeo, e Gio:Batta senz'alcuno sborso de denaro habita ride de pretio quale si dirà abbasso, fu sborsato dagli Eredi della Contessa Teresa Modrona Visconti per l'instrumento di Transazione 1724 tuttavia ancorché seguita sia vicendevole compra tra chiamati nel Fideicomisso senza dispensa del Senato, e senza causa privilegiata, detti beni sempre rimangono sotto la disposizione del Cavaliere Giulio Dominico M.to più ritenuta la stessa volontà de Contraenti spiegata nel l'istrumento di ratifica i608 e replicata i6i8 nell'Istrumento di divisione rogato da Germano Burrigozzi. Secondo a morire fu Bartolomeo con Testamento e Codicillo in cui viene lasciato per prelegato al Sig. Marchese Gio: Batta la Casa della Torre, giardino e pezza annessa 50 pertiche calcolate nelle divisioni a L. 67 la pertica, che il legato nel Codicillo al Sudeto Gio:Batta d'incerto valore, poiché carica lo stesso legatario contribuire due parti delle tre di L. 2500 nel rimanente instituisce eredi li tra Fratelli, quale Eredità divisibile tra Fratelli si é considerata L. 51094:15 oltre li mobili dalle quale deducendosi L. 32912:5:9 dovuta al fideicomisso paterno, con che rimane L. 18182:9:3 delle quali la terza parte cioé 6060.16.5 appartiene all'Auditor di Rota quale ha di sposto a favore di Filippo Pirovano Juniore ed altre L. 6060:16:5 spettanti al Sig. Gasparo furono redente dagli Eredi della Signora Contessa Teresa per l'Instrumento 1724 ricorre poi quanto si é detto sopra rispetto all'Eredità di Giulio dominico cioé che li Contratti fatti inter vocatos senza dispensa del Senato non pregiudicano al Fideicomisso, e senza causa necessaria molto più dove non "é seguito alcun esborso effettivo ", ma solamente obbligazioni per gli frutti ricompensativi, o commutazione de beni come seguì coll'Auditor de Rota poiché unico Sborso agli Eredi del Sig. Gasparo ed al Sig. Capitano Antonio Pirovano per le rispettive loro ragioni anzi per comunicazione delle stesse ragioni del Capitano Marc'Antonio fu fatto uno sborso pure dalla Signora Contessa Teresa e parte degli Eredi della detta come nel Istrumento 1724 si dovrebbe aggiugnere all'asse ereditario, o sia in deduzione L.10625 per porzione d'acqua di ragione del signor Gasparo, che si estraeva dal Bocchello del Pobione pagate successivamente dal Sig. Gasparo dagli Eredi della Signora Contessa Teresa."