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Stralcio del testamento di Filippo Maria Pirovano che ricorda il massaro Simone de la Costa
FILIPPO MARIA PIROVANO ( ... - 1550 ca.) ALIAS GASPARE TRIULTIO I°
di Luigi Beretta
Nipote di Gaspare e figlio di Bartolomeo, Filippo Maria trascorse l'infanzia a Milano nella casa paterna nella parrocchia di san Vittore al Teatro. Da adulto di trasferì in una nuova casa nella parrocchia di san Pietro supra Portam sempre a Milano.
Sposò la nobildonna Elena Triultio da cui ebbe tre figli, Giovanni Francesco, Laura e Filippo. Grazie a questo matrimonio e per motivi ereditari Filippo Maria potè fregiarsi, accanto al suo titolo nobiliare, anche di quello dei Triulzio assumendo il nuovo nome di Gaspare Triultio I°. Questo privilegio gli venne concesso grazie alla disposizione testamentaria del 24 ottobre 1569 rogato da Ambrogio de Zavatarij, notaio milanese, che poteva essere trasmesso ai figli maschi.
Con Maria Filippo il patrimonio di famiglia viene incrementato soprattutto con l'acquisizione della tenuta di Pandino, portata in dote dalla moglie, e di altri beni a Giovenzana. Gasparo vive in un'epoca di transizione dal dominio visconteo-sforzesco a quello spagnolo: le nuove condizioni politiche delle strutture dello Stato di Milano erano state definite dalle Constitutiones Mediolanensis Dominii promulgate nel 1541 da Carlo V, quando ormai il Milanese, devoluto all'Impero, era retto dall'imperatore stesso. Queste nuove Costituzioni erano opera di giuristi locali ai quali l'ultimo Sforza fin dal 1529 aveva affidato l'incarico della stesura e che della scuola giuridica lombarda rispecchiavano indirizzi e tradizioni. Queste leggi durarono quasi due secoli e mezzo, la cui abrogazione nel 1786, segnerà il concludersi, con Giuseppe II, di un percorso già avviato in età Teresiana che sottolineerà la trasformazione dello Stato di Milano da organismo dotato di larga autonomia a provincia austriaca.
Per quanto riguarda la Brianza e la Martesana, vi erano dislocati gli uffici "sopra le biade" che si articolavano in diversi commissariati, uno per Cantù, uno per la terra di Oggiono, uno per la pieve d'Incino, uno con giurisdizione estesa a tutto il Monte di Brianza, questi ultimi due unificati poi nella seconda metà del Seicento. I commissari avevano compiti di polizia, di repressione e prevenzione del contrabbando (con la confinante Repubblica Veneta all'Adda), di regolamentazione della circolazione delle merci, notifica dei grani, concessioni di licenze. Fiscalmente esisteva una distinzione tra beni rurali e beni cittadini: sui primi ricadevano oneri fiscali più pesanti, ai secondi, se posseduti da cittadini per più di sei mesi dal giorno di san Martino, erano concessi esoneri da tributi tutt'altro che lievi. Ad accentuare il già notevole divario tra il peso contributivo sostenuto da città e campagne c'era la pretesa della magistratura di Milano di rivendicare per sé la competenza per la ripartizione degli oneri. Per questi motivi la nobiltà, anche locale, aveva la propria residenza in città, a Milano. Filippo Maria Pirovano fece testamento il 2 luglio 1549: in questo atto, fra i diversi beneficiari, compare anche Hieronimo Pirovano, suo zio e fratello di Bartolomeo, non altrimenti noto.
Fra gli atti testamentari v'è la clausola che, qualora il figlio Giovanni Francesco fosse morto senza eredi maschi legittimi o legittimati, l'intera eredità avrebbe dovuto passare alla figlia Laura. Non vi è cenno a Filippo, che probabilmente nel 1549 non era ancora nato. A quel tempo Filippo Maria Pirovano possedeva in Cassago solo le proprietà alla Costa, che già deteneva il padre Bartolomeo. Come si evince da un atto notarile del 1571 in cui Pietro Martire Delfinone vende alcune sue proprietà ai signori Carera e Corti, si trattava di un cascinale e di parecchi appezzamenti di terra che si estendevano per decine di ettari sino al Cappagiolo e a Tremoncino includendo o a confine con ampi pascoli. Fra il 1550 e il 1570, Filippo, o suo figlio Francesco, acquistò a Cassago la casa da nobile che diventerà la residenza della famiglia in questo paese. Questa casa, un vero e proprio palazzo, era appartenuto ai nobili Delfinoni, che a loro volta l'avevano ricevuto in eredità dai fratelli De Benedictis.
Nel 1542 la casa con tutti i beni annessi erano stato confiscati dalla Camera Cesarea e messi alle grida: la deliberazione del Senato milanese era stata richiesta dalla nobildonna Antonia de Crippa moglie di Pietro Martino Delfinone, come credito della sua dote. Il 3 marzo di quell'anno si recarono a Cassago due periti del tribunale, il magistrato Virgilio Bosso e l'ingegnere Marino Delaqua, per una valutazione del valore dei beni confiscati. La loro relazione specifica l'entità dei possedimenti Delfinoni e di quella che sarà chiamata la "possessione de la torre."
Vi si legge:
"Molto Magnifico signor Presidente et Maestri delle Cesaree entrate patroni honorabilissimi, per essequire quanto me hanno commesso le Signorie Vostre a Istanza di Madona Antonia de Crippa moglie del Messer Petro Martire Delfinono alli 28 del passato ad effetto che gli dovesse assignare alla detta Crippa tanti delli beni del detto Pietro Martire confiscati alla Camera Cesarea quanto capisse la sòma de lire quatuormille videlicet L. 4000 de Imperii declarato per le SS. VV. esser creditrice la prefata madona per sua dote in causa, et come pui ampliamente riscontrare in detta mia comissione Dico et rifferisco alle SS. VV. che alli vinti tre di marzo 1542 Domino Virgilio Bosso et io Martino andassemo nel monte di Brianza alli beni del soprascritto Delfinono et mesurassimo et estimassimo tutti li beni del prefato Delfinono ac etiam dividessimo detti beni et assignassimo uno terzo alla soprascritta Camera, et li altri duoi terzi a messer francesco Delfinone fratello del detto Pietromartire per ho considerato detta divisione et assignatione fatta alla Predetta Camera delli beni dil soprascritto Delfinone a peza a peza et le Informationi tolte per il detto Domino Virgilio del vero valore et pretio de detti beni, dico che se ne può cavare fuori de detti beni assignati alla prefata Camera li beni Infrascritti et assignarli alla prefata Domina Antonia per la sòma del detto suo credito a computo di lire quatordeci videlicet 14 per caduna pertica di terra computata la casa da massaro dove abita Antonio detto il strolago et la terza parte della casa da gentilhuomo come qua di sotto appare et fidelmente riferisco a VV. SS. alle quali di continuo mi raccomando, da Milano adi 4 Julii 1542.
Prima pertiche ottantaquattro della vigna detta la vigna alla quale coerentia da tre parte strata e da laltra il resto de dette vigne et è p. 84 t. -
E più li campo detto della fugia et damixello et il campo et zerbo de sardo et campo del lupino in sòma p. 19 t. 18
E più il prato del Fontanino seu fontana p. - t. 12
E più il prato della spera p. 8 t. 2
E più pertiche cinquanta de quella somma delle pertiche centosettanta tre tavole undeci pedi sette cioè della andando verso il monte p. 50
E più la costaiola seu selva et zerbo p. 18 t. 16
E più la terra del bosco della piana verso Casagho p. 14
E più il campo dil pomo con il boscheto p. 21 t. 8
E più il campo dil sardo p. 10 t. 4
E più il campo e il bosco de videxio p. 16 t. 6 p. 2
E più la casa da massaro dove habita Antonio detto il stolago p. 249 t. - p. 17
E più la terza parte della casa da gentilhuomo situata in casagho zardino, torchio L. 266. 13. 4
Le pertiche 249 tav. 17 piedi 2 estimate a computo de L. 14 per pertica L. 3496. - . -
--------------------- L. 3762. 13. 4
E perchè in detta estimatione et assignatione non si fa mentione delli infrascritti livelli et havendoli in nota da estimarli dico che li infrascritti livelli sono del valore Infrascritto et sono questi cioé:
Prima il livello che fa Messer Simone de Meda cioe soldi vinti sei dinari otto et stara quattro de quatro blade cioè formento seghe meglio et Panigo estimo L. 63 d. 6
E più il livello che fa Togno da Brambilla de soldi vinti et stara quatro de quatro blade ut supra estimati L. 57 d. -
E più che fa Pietro Cazanigho de soldi vinti et un terzo de doi caponi estimati L. 2 d. -
E più il livello che fa li heredi del Bigiola de nava de stara duo de quatro blade ut supra L. 18 d. 20
E più per il livello che fa messer Matheo de nava de L. 23 e denari 4 et stara de quatro de blade ut supra estimati L. 31. 26
E più il livello che fa Angelina de Merono de lire due soldi duoi denari otto estimati L. 42 d. 3 s. 4
------------------------ L. 237. 6. 8 L. 3762.13. 4
In soma L. 4000. 0. 0
subscriptus Martinus del aqua Ingenierius Cameare. "
(Arch. Visconti di Modrone, fald. L-173, Fondi e Case di Cassago, 1576-1670.)
Complessivamente i terreni confiscati, pari a un terzo della intera proprietà Delfinoni, assommavano dunque a 249 pertiche e 17 piedi e si estendevano fra i Campi Asciutti e la Costaiola, fino al confine con Veduggio. Il Delfinone possedeva inoltre l'intero cascinale o casa da massaro dei Campi Asciutti, dove nel 1542 abitava Antonio detto il strolago. A quel tempo il massaro del Delfinone nella cassina de Campi Sicchi o Campi Sechi era Stefano de Maueri, che vi viveva con la sua numerosa famiglia. Come vedremo, questa cascina fu venduta nel 1593 dal figlio Scipione Delfinone ai fratelli Gasparo (alias Giovanni Francesco) e Filippo Pirovano assieme a 110 pertiche annesse alla possessione, che nell'occasione viene individuata come "cassina del pennino" in affitto a Cristoforo Bonacina e ai suoi fratelli (Arch. Visconti di Modrone, fald. L-173, Fondi e Case di Cassago, 1576-1670).
Il particolare più interessante dell'elenco resta comunque la citazione della "casa da gentilhuomo situata in casagho con zardino e torchio ", di cui la parte spettante a Pietro Martire Delfinone era valutata nel 1542 L. 266.13.4 . Si trattava della terza parte dell'edificio, perchè ciascuna delle altre due apparteneva ai suoi due fratelli Jo:Francesco e Scipione. Questa casa negli atti di divisione delle proprietà di Jo:Francesco Delfinoni viene chiamata la "casa del castello" (Arch. Visconti di Modrone, fald. L-173, Fondi e Case di Cassago, 1576-1670, atto del 26 ottobre 1574) o "sedimen appellatur del castello" (Arch. Visconti di Modrone, fald. L-173, Fondi e Case di Cassago. 1576-1670, atto del 9 marzo 1575), il che indica senza mezzi termini che la "casa da gentiluomo" dei Delfinoni sorgeva nel cuore di Cassago e certamente là dove nel medioevo esistette il castro de Caxago.
La stima peritale del 1542 esprime solo una parte di quella possessione, che gli eredi Delfinoni dalla seconda metà del 1500 iniziarono a vendere pezzo dopo pezzo fino all'ultima proprietà a vari acquirenti, tra cui si riscontrano principalmente i nobili da Curte, i Perego, i Nava e soprattutto i fratelli Pirovano, che già nella prima metà del 1600 avevano ormai acquisito e ricostituito gran parte di quello che fu il castro medioevale di Cassago e le terre ad esso pertinenti.