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GIOVANNI BATTISTA PIROVANO (1590-1651)

 Il Palazzo Pirovano (ala seicentesca)

Il Palazzo Pirovano (ala seicentesca)

 

 

IL MARCHESE GIOVANNI BATTISTA PIROVANO (1590-1651)

di Luigi Beretta

 

 

A Giovanni Battista, forse l'ultimogenito di Giovanni Francesco alias Gaspar Triultio II° toccarono tutti i Beni della Costa oltre la terza parte dei cosiddetti Prati Rabalij. Nel 1610 parte di questi terreni furono venduti a Donato Perego, già cappellano di Cremella e poi parroco di Cassago (1579-1597), da un decennio in quiescenza e residente a Cassago. Donato Perego era nativo di Renate ed apparteneva probabilmente alla nobile famiglia Perego che lasciò un legato importante alla chiesa di S. Gregorio a Oriano. I terreni furono oggetto di una convenzione che interessò anche i consorti Appiani, i fratelli Riva (la madre di Donato Perego era una Riva) oltre ai Pirovano.

La transazione avvenne al prezzo di 14100 imperiali e prevedeva una surroga con altri terreni a Bulciago sottoposti a un fedecommesso. Di Giovanni Battista Pirovano, che sposò Laura Mariana, fortunatamente, si è salvata una semplice memoria, non si sa scritta da chi, che per sommi capi ricorda i fatti salienti della sua vita militare, passata tra campi di battaglia e impegno nella gendarmeria spagnola a Milano.

La sua fu una ascesa progressiva ai vertici del potere spagnolo a Milano ma, nello stesso tempo, invidie, rancori o anche suoi errori ne decretarono il declino nella fase matura della sua vita. Fu così costretto a chiedere l'aiuto di altri potenti per recuperare una parte del suo prestigio passato, ma non ci riuscì se non in parte. La prima annotazione è relativa al 27 gennaio 1615: quel giorno il Governatore marchese dell'Ioniosa lo crea Capitano di Fanteria nel Terzo (reggimento) ai comandi del conte Giovan Pietro Serbelloni. Don Giovanni de Mendoza, marchese di Hynoiosa, era stato nominato Governatore di Milano nel 1612 ed era un uomo preoccupato del buon governo del Ducato. Il Governatore, secondo le Nuove Costituzioni del Dominio Milanese, stabilite da Carlo V nel 1541, confermate negli ordini di Worms del 1545 e in altri di Filippo II, era la massima autorità nello Stato ed era anche il comandante dell'esercito. A quest'epoca Gio:Batta Pirovano ha vent'anni o poco più ed ha abbracciato con entusiasmo la carriera militare arruolandosi nelle truppe al servizio del Re di Spagna.

Il 16 ottobre 1617 riceve un encomio scritto dal Girolamo Caraffa suo Maestro Generale di Campo per il valore mostrato nell'assalto del Revellino o Casamatta vicino a Mortara. Dieci giorni dopo riceve un altro encomio scritto dal marchese di Mortara per le azioni durante la campagna militare d'Asti. Nel 1618 il Sindacatore dell'Esercito in assedio ad Asti e Vercelli attesta di non aver ricevuto nessuna doglianza contro di lui. A Maggio il Capitano Generale della cavalleria leggera per le fazioni di Canelli e Cortemilla in Piemonte gli rilascia una lettera di ben servito. A fine servizio, a ottobre e novembre dello stesso anno 1618, riceve due attestazioni di buona condotta dal Dottore Collegiato Carlo Besozzo Sindacatore dell'esercito e dal Dottore Pietro Quintana Commissario Generale. A marzo 1619 è il Questore Carlo Grassi a rilasciargli la lettera di buona condotta per il servizio militare che ha svolto in Piemonte. Il proseguire degli eventi bellici lo convince ad arruolarsi nuovamente e il primo luglio 1619 viene fatto di nuovo Capitano d'Infanteria sempre nel Terzo del conte Giovanni Serbelloni che aveva preso il comando al posto del fratello su ordine del Governatore il Duca di Feria.

Il 7 giugno 1621 supplica il Re di Spagna ad assumere informazioni circa i suoi servigi direttamente dal Governatore di Milano. Ricevuta la lettera da Sua Maestà la trasmette al Magistrato. Il 6 agosto 1622 si porta nella Provincia Tortonese per provvedere all'approvvigionamento in granaglie alla città. Svolge il compito con ampi poteri e con l'autorità di comandare a "tutti gli altri Ministri sopra simil affare e che finalmente sij riconosciuto come la sua propria persona."

Il 19 gennaio 1622 il Governatore spagnolo Duca di Feria attraverso lui ringrazia suo fratello mons. Filippo Maria il Vecchio, che era ormai stato nominato Auditore di Rota a Roma, per l'approvazione di alcune richieste ottenuta da Sua Santità, raccomandandogli di spedirgli quanto prima il Breve. Il 6 agosto gli viene rinnovato l'incarico con la facoltà di controllare il contrabbando delle granaglie nella provincia di Tortona.

Il 23 febbraio 1623 è un giorno di "quanta lode della famiglia Pirovana": Papa Gregorio XV scrive direttamente al Re di Spagna e ai conti d'Olivares e di Monterij per sollecitare la carica di Questore per la città di Milano a favore del marchese Giovanni. Importante è l'appoggio romano fornito al fratello da mons. Filippo, grazie alla sua importante carica di Auditore di Sacra Rota. Le Lettere Patenti del Re di Spagna sono consegnate il 26 agosto dello stesso anno in cui si affida la carica di Questore di Milano al marchese Giovanni Battista Pirovano. Il 18 settembre con le credenziali fornitegli dal Governatore dispone le tappe della soldatesca in partenza per le Fiandre. Grazie ai suoi meriti e grazie all'influenza del fratello monsignore ottiene il 23 aprile 1625 una raccomandazione dal conte De Castrillo ambasciatore spagnolo a Roma per il Governatore di Milano. Il primo agosto il Re scrive al Duca di Pastrana nuovo ambasciatore spagnolo a Roma e gli comunica di manifestare al marchese Giovanni Battista la sua decisione di concedergli, per i suoi buoni meriti e per la lealtà alla corona, l'onorificenza della Croce di sant Jago. Un dispaccio del 26 gennaio 1625 del Segretario di Guerra a nome del Governatore gli richiede l'esatto numero e la qualità delle armi che si trovano a disposizione dell'esercito negli arsenali milanesi.

Il 28 febbraio ordina al Magistrato ordinario di mettergli a disposizione seicento guardie per completare due Compagnie a cavallo. Nel 1625 c'è una interessante corrispondenza e una serie di istruzioni per il conferimento dell'abito di sant Jago a don Giovanni Pirovano. Il 16 marzo 1626 è insignito ufficialmente dell'Ordine di sant Jago. Il 29 maggio 1628 riceve in udienza l'ambasciatore imperiale conte di Haisan e comunica i risultati del colloquio al Governatore. Fra il 1630 e il 1636 per ordine del Governo di Milano la sua attività si sposta dalla città per investire i territori del cremonese.

Sono gli anni tumultuosi di una guerra che investe la Lombardia scatenata dalla successione al ducato di Mantova. Alla morte di Vincenzo II Gonzaga, ultimo erede diretto della casata, il ducato era infatti conteso fra i Gonzaga-Nervers, sostenuti dalla Francia e i Gonzaga di Guastalla, appoggiati dalla Spagna. E' la guerra, con lo sconvolgente assedio di Mantova: drammatico è l'arrivo delle truppe imperiali nel 1629, i famosi lanzichenecchi protestanti, che oltre a rovina e distruzione diffondono il terribile flagello della peste, che decimerà la popolazione lombarda. A gennaio 1630 altre truppe imperiali attraversano la Lombardia per dirigersi in Monferrato, dominio piemontese dei Gonzaga, per fermare l'avanzata delle truppe francesi.

La sua carica di Questore di Milano subisce un duro attacco dal Duca di Modena nell'agosto 1644: il duca supplica con energia il re di Spagna perché gli prometta di sollevare dall'incarico il marchese Pirovano. La stessa istanza viene sottoposta anche a D. Luigi d'Aro. A settembre la questione passa all'esame del cardinale Montalto e del conte di Montereij e, dal poco che trapela, il marchese venne effettivamente sollevato dal suo incarico pubblico. Il 3 marzo 1647 sollecita il cardinale Panziroli perché faccia "efficacissime istanze a Monsignor Nunzio in Madrid d'aggiustare con Sua Maestà la renuntia del Questorato del signor marchese Gio: Batta in uno dei suoi figli overo dovendo subentrare in posto al signor Gio: Batta sostenerne un altro simile con la futura successione." Nell'occasione vengono ricordati i meriti di mons. Filippo Auditore di Rota nonché i servigi resi alla Corona di Spagna dal marchese Gio: Batta e dal marchese Francesco, figlio di Gio: Batta. Il primo si distinse nell'espugnazione di Vercelli, il secondo nell'affare che coinvolse il marchese de Los Veles e il vescovo di Lamego in Roma. Il 6 aprile il cardinale Montalto a sua volta interviene ponendo i suoi buoni uffici "alli Regenti Salamanca e Merlino." Giovanni Battista Pirovano non si dà per vinto e il 7 giugno 1650, grazie all'intervento del conte di Pinto, rimette al Re un memoriale che tratta della questione, esortando il Re a esaudire le sue richieste. Per seguire meglio la vicenda, e forse per farsi ricevere in udienza dal re, si è recato a Madrid, dove riceve un biglietto di conforto dal cardinale d'Aragona.

Nell'agosto 1650 il cardinale d'Aragona interviene presso il Governatore di Milano marchese Saracena perché si rimedi "la mala intelligenza causata con sua relatione appresso li ministri della Corte contro il marchese Francesco con adoprarlo nelli negotij dello Stato." Segue una lunga serie di suppliche e lettere per ottenere almeno la carica di sopranumerario. Anche suo figlio, il marchese Filippo, chiede favori alla Corte e il 6 dicembre 1664 inoltra una supplica al Re in cui dichiara i propri meriti e quelli dei suoi antenati con lo scopo di ottenere un posto in tribunale. La supplica è accompagnata da diverse lettere del cardinale d'Aragona che ricordano al re e ai suoi ministri i meriti del marchese. Nel 1616 Giovanni Battista Pirovano, allora capitano, acquista da Giulio Nava una parte di casa detta di Andrea de Catjs situata a Colzano al prezzo di 100 imperiali. Acquista un'altra pezza di terra "appellata al ronco di Scipione Delfinone " a marzo del 1623 da Annibale e Francesco Nava. Si tratta di poco più di 27 pertiche e le paga 4940 lire imperiali.

Ad aprile 1624 effettua un grosso acquisto alla Costa: per 15000 imperiali viene in possesso delle proprietà dei fratelli Angelo e Giuseppe Perego, eredi di Donato Perego, facoltoso possidente, che era stato parroco di Cassago dal 1579 al 1597. Donato Perego, un prete nativo di Renate, era succeduto al primo parroco di Cassago Antonio Brambilla. Firma per la prima volta i Registri parrocchiali il 15 marzo 1579.

Donato Perego che aveva a quel tempo 36 anni, era stato ordinato nel 1561 ed era figlio di Angelo e Ippolita Riva. Fino all'anno prima aveva svolto la mansione di cappellano a Cremella aiutando il rettore nella celebrazione della S. Messa nel monastero benedettino in occasione delle festività. Prima di trasferirsi a Cassago risiedeva ancora a Renate nella casa paterna assieme a un fratello più piccolo di dieci anni di nome Giuseppe. Soffriva probabilmente di emicrania e aveva qualche malformazione al dito medio e anulare della mano sinistra. Aveva una buona cultura, espressione corretta e sciolta. Ricevette il chiericato da S. E. l'arcivescovo Arcimboldi il 29 marzo 1558, i quattro ordini minori l'11 marzo 1559, il suddiaconato il 20 marzo 1560, il presbiterato il 1 marzo 1561 con dispensa per l'età rilasciata da papa Pio IV. Godeva di buona reputazione, possedeva una discreta biblioteca ma non era portato al canto gregoriano (A.S.D.M., sez. Missaglia, vol. VIII, q. 24, f. 28). Il parroco ricevette in visita pastorale san Carlo il 2 agosto 1583 e dagli atti si deduce che quasi tutte le prescrizioni ordinate dalle norme del concilio di Trento in materia architettonica e religiosa erano state realizzate. In particolare gli altari erano a norma, mentre aveva provveduto a dotare la chiesa di un battistero. Il parroco aveva un chierico come aiutante, che fu poi sostituito da due ragazzi del posto. Teneva la Dottrina Cristiana ma non sembra che ci andassero in molti.

Nel 1592 a Cassago ci fu una nuova visita pastorale con l'arcivescovo Gaspare Visconti: il parroco aveva allora 49 anni ed era sacerdote da 21 anni. Donato Perego resse la cura di Cassago fino al 1597, anno in cui ne lasciò il governo. Per un anno la parrocchia rimase vacante e vi supplì in parte il parroco di Bulciago Battista Baretta e in parte il vicario Francesco Nava. Rimase residente a Cassago dove investì i suoi capitali nell'acquisto del cascinale e dei terreni della Costa. Sono quelle stesse proprietà che nel 1624 finiscono nelle mani del Questore Gio: Battista Pirovano.

Non soddisfatto, a settembre, acquista dal fratello Gaspare che agisce per conto della moglie Violanta Coria, un pezzo di terreno noto come "al lissolo" di 17 pertiche che il fratello aveva a sua volta comperato dal rev. Donato Perego. La transazione viene fatta per 1330 lire imperiali. I possedimenti alla Costa sono oggetto di un altro atto notarile il 15 novembre di quello stesso anno: è evidente l'intento del Questore Gio:Batta di acquisirne la completa proprietà, poichè i precedenti acquisti contemplavano clausole che ne limitavano il possesso. Così grazie a una retrovendita fatta dai coniugi Bonacina, Gio: Batta, che acquista in forza del fedecommesso Perego, libera i suoi beni alla Costa da qualsiasi gravame e inoltre aggiunge alle sue proprietà "alcuni beni detti la Caneva siti nel luogo di Renate Pieve d'Agliate." Nel 1625 il Questore, assieme ai fratelli Bartolomeo e Giulio Domenico, conclude con Angelo Perego un nuovo affare che interessa l'acquisto del cascinale della Costa che il venditore possedeva assieme agli altri eredi i due fratelli Jo: Angelo e Francesco Perego. Per questi acquisti Gio: Batta versa quattro diverse rate ai fratelli Perego del valore rispettivamente di 600, 1130, 400 e 11511 lire imperiali. L'atto fu rogato nella casa di Cristoforo Bonacina alla presenza di Marco Antonio Origo, un nobiluomo di Torricella che aveva interessi soprattutto a Oriano.

Al 26 aprile dello stesso anno risale un nuovo atto in cui Gio:Batta paga ai fratelli Fumagalli 1100 lire imperiali per un pezzo di terra a prato detta "al Ruscello". Il pagamento viene fatto dai Consoli di giustizia. Ad agosto Gio:Batta procede ad una nuova acquisizione: questa volta compera da Francesco Perego e Martino Farina una pezza di terra di 4 pertiche "appellata il Campo d'Ossola" al prezzo di 100 lire con patto di grazia e di successiva investitura di 5 anni. L'attività di acquisizione prosegue nel 1626, quando il 15 settembre liquida al fratello Gaspare 4200 lire, che gli erano state prestate in occasione del contratto con gli eredi del reverendo Donato Perego relativo ai Beni della Costa. Il pagamento di questi Beni si trascina ancora per qualche anno: nel 1628 il Questore liquida 200 lire a Francesco Perego e a suo fratello Angelo, nel 1630 ne paga altri 200 ad Angelo e ai suoi nipoti, in qualità di eredi. Nel 1630 siamo nel pieno della pestilenza, l'ultima, che colpirà la Lombardia. Si tratta di una tragedia umana di grandi dimensioni, il cui ricordo si conserverà a lungo nella memoria popolare. Milano ne è colpita profondamente, ma anche il suo contado piange migliaia di morti.

Il popolo non sa come opporsi al flagello della peste se non invocando l'aiuto divino e quello dei santi patroni. All'affollamento nella città di Milano in miserrime condizioni nell'estate del 1628, erano seguiti vari tumulti e già nell'estate del 1629 furono segnalati casi di appestati in alcune terre della campagna milanese. Il contagio si diffuse a dismisura in autunno, in seguito al rovinoso passaggio delle truppe di lanzichenecchi che, al comando del conte Collalto, dalla Svizzera scesero in Valtellina e, passati per Lecco, Brivio, Merate, Colnago e Cassano d'Adda, attraversarono altre terre milanesi per recarsi all'assedio di Mantova. La peste si diffuse rapidamente per i territori di Lecco, la Valsassina, le coste del lago di Como, finchè giunse anche a Milano all'inizio del 1630. Verso luglio la mortalità raggiunse il suo acme con un migliaio di morti al giorno per poi scemare rapidamente in autunno. Sporadici furono i casi nell'estate seguente, tanto che il 7 febbraio 1632 la città di Milano e il suo contado furono ufficialmente proclamati liberi dalla peste (Giuseppe Ripamonti, De peste quae fuit anno 1630, libri V, Milano 1640). Nell'archivio dei Pirovano Visconti di Modrone si sono conservate alcune di queste preghiere che venivano recitate dal popolo e ve n'è una in particolare, dedicata a san Rocco, di discreto interesse, poiché rivela i sentimenti e le aspettative dell'uomo di strada. La preghiera ripercorre la vita avventurosa del santo e ne celebra le lodi, soprattutto come taumaturgo contro la peste.

A partire dalla seconda metà del XV secolo il suo culto si era diffuso dalla Francia meridionale in tutta Europa sull'onda dell'emotività e della spiritualità religiosa di fronte ai drammi delle pestilenze. Assieme al più tradizionale san Sebastiano, Rocco era diventato in poco tempo il santo più invocato contro la peste, soppiantando lo stesso Sebastiano. Pitture e cappelle in suo onore erano state erette un po' ovunque in Europa, soprattutto in prossimità di cimiteri. Anche a Cassago c'era una cappella dedicata a san Rocco in mezzo al cimitero che si sviluppava lungo il perimetro della chiesa di santa Brigida.

A Cassago però, nel 1630, non fu lui ad essere invocato dalla Comunità, ma sant'Agostino, che lo proclamò nel 1631 suo Patrono.

La diffusione del culto di san Rocco è testimoniata anche da questa preghiera, che, a dimostrazione della sua importanza, venne data alle stampe:

 

Ave Roche Santissime

Nobili natus sanguine,

Crucis signaris schemate

Sinistro tuo latere.

Roche per egre profectus,

Pestifera mortis acutus

Curavisit mirifice

Tingendo salutifere.

Vale, Roche Angelice,

Vocis citatus Flamine,

Obtinuisti Deifice

A cunctis pestem pellere.

Ora pro nobis, beate Roche

 

La grave situazione che creò la pestilenza ebbe ripercussioni anche nelle attività economiche non solo l'alta mortalità che ridusse le forze produttive, ma anche perché la peste non fece distinzione fra le classi sociali ridisegnando la mappa delle relazioni nella società. Molte famiglie della media nobiltà locale si ritrovarono senza eredi, altre furono impoverite dalla scarsità dei raccolti o dei braccianti, altre si ritrovarono in difficoltà per la mancanza di liquidità in un momento di forte inflazione, altre furono costrette a migrare e a disfarsi rapidamente delle loro proprietà. E' in questo contesto che Gio:Batta continua nelle sue acquisizioni a Cassago: a gennaio del 1631 paga al fratello Gaspare 3195 imperiali a saldo probabilmente dei beni alla Costa, mentre a luglio, nella divisione dell'eredità del fratello Bartolomeo, acquisisce tutte le proprietà della famiglia a Cassago, liquidando i due fratelli Gaspare e Filippo per un valore in contanti pari a 34062,22 lire da pagarsi entro cinque anni. Nel 1632 Gaspare e Gio:Batta faranno ancora un nuovo bilancio economico circa l'eredità del fratello Bartolomeo che tiene conto soprattutto delle spese ordinarie e dei prodotti stoccati nei magazzini e nelle cantine.

Con l'acquisto delle proprietà che a Tremoncino erano appartenute a Melchiorre de Sapis, Gio:Batta si assume anche l'onere soddisfare il suo legato che consisteva nella distribuzione ai poveri di Cassago di quattro staia di pane oltre alla celebrazione di sette messe. Melchiorre de Sapis, figlio di Bernardino, il 5 novembre 1562, ormai prossimo alla morte aveva infatti disposto nel suo testamento che gli eredi celebrassero sette messe in perpetuo nella chiesa di Cassago, distribuissero quattro staia di frumento ai poveri e gli costruissero una tomba nella chiesa parrocchiale.

Il testamento, depositato in Curia a Milano, fu rogato dal notaio Gabriello Castiglione della parrocchia di S. Pietro a Porta Vercellina e recita, per la parte di nostro interesse: "Item aggravo infrascriptum haeredem meum seu infrascriptos haereds meos debite refferendo ad celebrari faciendum missas septem in ecclesia sancti iacobi costrutta in dicto loco de Cassago, in qua volo sepeliri cadaver meum, et hoc singulo anno usque ad perpetuum et pariter eso haeredes meos agravo ad errogandos singulo anno usque in perpetuum staria quatuor panis frumenti pauperibus qui per tempora erunt in dicto Communi de Cassago, et ubi dicti et infrascripti haeredes mei debite refferendo cessaverint per annuum unumin fieri facendo praedicta eo casu eos infrascriptos haeredes meos privavi et privo haereditate et bonis meis, et haec omnia in remedium et mercedem animae meae et pariter agravo dictos, et infrascriptos haeredes meos ad fieri faciendum tantum unam, seu sepulchrum in dicta ecclesia sancti Jacobi separatam ab alijs in qua seu quo volo ut reponatus cadauer meum." (Archivio Visconti di Modrone, fald. I-82, Culto e Benefici di Cassago). Di questo legato se ne parla già nel 1611 durante la Visita pastorale del cardinale Federigo Borromeo (Tomo 2, fol. 556) e se ne riparlerà ancora negli Atti della visita del cardinale Federico Visconti nel 1686 (fol. 310). Orbene i Pirovano, avendone acquistato i beni di Melchiorre Zappa, come eredi, si assunsero tutti gli obblighi derivanti dalle volontà del testatore. Un "confesso" del parroco Filippo Balsamo ricorda che "illustrissimi equitis Pirouani " aveva onorato il legato di Melchiorre de Sapis negli anni dal 1628 al 1632. Questo legato si fondava sui beni cosiddetti "de Sancti Salvatoris " posti a Tremoncino attorno alla omonima chiesetta, che verrà ricostruita in forme neogotiche alla fine dell'Ottocento dai nobili Visconti di Modrone, eredi naturali dei Pirovano.

Il Questore Gio:Battista acquista ancora un'altra casa a Cassago nel dicembre 1644 da Francesco Nava. Si tratta di una Casa da Nobile che probabilmente corrisponde alla vecchia canonica parrocchiale. Questo acquisto fu ratificato a settembre dell'anno dopo. Gio:Battista aveva sposato donna Laura Mariana ed ebbe da lei tre figli: Maria Filippo, Carlo Francesco e Giovanna. Essendo rimasto l'unico erede di famiglia, dopo la morte dei fratelli, il titolo di marchese passò ai figli Maria Filippo e Carlo Francesco, che assunse il titolo di Gaspare Triultio V. Maria Filippo intraprese la carriera ecclesiastica divenendo monsignore ed abate: anche Carlo Francesco fu abate di Civate ma non è chiaro se abbia o no abbracciato la vita religiosa. L'asse ereditario alla morte di Maria Filippo passò alla sorella Giovanna che in prime nozze sposò il conte Antonio Modrone. Con lei si estingue la casata dei Pirovano. Uno scarno appunto conservato nell'archivio Visconti di Modrone ci ragguaglia della morte di questo Pirovano di grande importanza nel Seicento milanese: " il 4 agosto 1651 il signor Gio:Batta Pirovano Capitano Nobile Milanese è morto il di sudetto, hauendo hauto solamente il Sacramento della Penitenza et è stato sepolto nella chiesa Parochiale di S. Gervasio ", un paese prossimo a Trezzo d'Adda, allora appartenente alla Pieve di Verdello e, stranamente, oltre i confini del Ducato milanese, in un territorio che apparteneva alla Repubblica Veneta. Che cosa o quale affare lo avesse portato là resta ancora oggi un mistero. Il 15 settembre viene redatto l'inventario di tutti i suoi beni che sono ereditati dai figli Francesco e Filippo.

L'elenco delle proprietà è minuzioso e chiarisce fin nei dettagli la consistenza dei beni del Questore e Capitano, anche se non specifica il loro valore in lire imperiali, nella moneta corrente cioè di quel secolo. "Inventario di tutti li Beni Stabili et Mobili lasciati nella Sua Morte dal Signor Questore marchese Giouanni Pirouano padre de Signori Abbate Francesco et Filippo Fratelli Pirouano firmato di propria mano de sudetto Signor Abbate Francesco.

 

1651.15.Septembre.

inventario di tuttil i beni stabili, mobili lasciati dall'illustrissimo Signor Questore Marchese Gioanni Pirouano nella sua morte seguita alli 4 Agosto 1651. Cassago.

Una possessione detta della torre, la qual consiste come segue.

Pezza di terra annessa alla Casa da Nobile detta la vigna della Torre compreso la Casa da Massaro p. 50 tav. 1

Pezza di campo detta il gambaione p. 43 t. -

Pezza di prato detto il Gambaione p. 6 t. 3

Pascolo detto Gambaione p. 12 t. -

Vigna detta di faij p. i2 t. 12

Campo detto campo Grasso p. i4 t. 2

Roncho detto le Piottelle p. i6 t. -

Campo detto le Piotelle p. 5 t. -

Pascolo hora Campo detto le Piotelle p. 2 t. i0

Campo detto il Campazzo p. 9 t. i6

Campo detto di Battista p. ii t. 8

Pascolo detto Incontrera p. 23 t. 3

Campo detto di Incontrera p. 9 t. i2

Campo detto da Preda p. i8 t. 5

Prato detto da Preda p. 7 t. 7

Il Ronchetto dett'Incontrera p. 7 t. 2

Vigna detta in Monchuco p. 5 t. i7

Pascolo detto in Monchuco p. 2 t. i8

Campo detto il Caffagino p. 3 t. i5

Pratto detto il Mongiotto p. i3 t. 15

Roncho annesso alla Vigna della Torre e comprato dalli Fratelli Delfinoni p. 4

Pertiche 288 tavole 22 Cassago.

Un'altra possessione detta della Chà come segue

Una capsina con Colombara detta la Capsina Nova con Campo p. 4 t. i2

Prato detto della Costatola p. 6 t. 6

Campo detto della freccia p. i2 t. i4

Altro campo detto della fraccia p. 8 t. i4 Pertiche 33 tavole 10

Altro campo detto della fraccia p. 3 t. -

Campo detto della Zopina p. i3 t. ii

Campo detto la Sia da Lonzino p. 6 t. i

Campo detto della fontana p. 6 t. 9

Campo detto il Campo falso p. 6 t. 8

Vigna detta la Vigna nuova p. 9 t. 3

Campo detto il Stresigone p. i4 t. 2i

Campo detto il sentiero p. i0 t. i8

Campo in testa all'istesso p. 9 t. i2

Prato detto il Prato Marcio p. 5 t. i

Prato dett'ul prato Caffagino p. 5 t. 20

Campo detto la Segalbina p. 2 t. 2i

Pascolo detto la Segalina p. i t. i2

Campo detto il Preghetto p. 8 t. i8

Campo detto l'Hostarrino p. i2 t. i5

Pezzo detto il Bagiolago p. 35 t. i0

Vigna dett'il Grigiolo p. 4

Vigna comprata da Ambrogio Brambilla p. i2

Altra vigna comprata da Ambrogio Brambilla p. 3

Campo acquistato da Lorenzo et Antonio Barda et nipote p. 3

Vigna comprata dalle sorelle Brambille p. 3

Bosco dett'il Gambaione comprato dal signor Annibale Nava

Vigna detta la Vignola et Selvetto p. 6 t. ii

Roncho detto il Dosso p. i6 t. 3

Bosco dett'il Dosso p. 30

Prato detto li prati Rabaglij p. 22 t. ii

Una Casa da pisonante ove si fa di presente il prestino

Un'altra Possessione detta della Costa Casa di Massaro detta la Costa anness'un pezzo di Roncho p. 57 t. i3

Roncho detto il Rasoli p. 26 t. i3

Campo detto il Solo p. i2 t. 3

Campo detto ancora il Solo p. i2 t. i7

Campo contiguo alli Rasoli p. 5 t. 5

Campo detto della Costa p. 67 t. i3

Prato detto della Costa p. 22 t. i2

Altro prato detto della Costa p. i7 t. 22

Campo detto delli pascoli p. 22 t. 9

Pascolo detto deli Scalioni p. i8 t. i6

Bosco detto delle due Coste p. 24

Campo detto delle due Coste p. 20 t. 6

Bosco al piede di detto campo p. i t. 2

Bosco detto della Piana p. i6 t. 3

Campo detto della Piana p. 6 t. -

Roncho detto il Scipione p. 29 t. i

Prato detto il Trionzino p. 7 t. -

Roncho detto il San Salvatore p. 37 t. -

Una casa attaccata alla cascina della Possessione della Torre

Una Casa da Nobile comprata dal signor Francesco Nava coherentia da Mattina il signor Giovanni Nava quondam Gio: Angelo da mezzo di il signor Gabrio Nava da sera strada da monte La Strada che va alla Chiesa

Gio:Maria Rovello con Francesco suo figliolo deve duoi capitali come al Libro di Cassago L. 419.12.6

Signor Filippo Balsamo Curato di Cassago deve per un Capitale sopra beni situati in Torrevilla come al Libro di Cassago L. 460

Protthasio Rovello per un Capitale come si vede ut supra L. 200

Pietro Francesco Ceci Capitale come al Libro ut supra L. 162 L. 1241.12.6

Campo con alcune piante da morone nel Comune di Bulciago comprato da Messer Lodoico Mandello p. 3

Scorta de semenza in Cassago

Batta Monaca per scorta L. 200

Semenza del ditto monaca Mogia 8 stara 4 formento

Massaro della Costa L. 200

Prezzo d'una para de buoi L. 264.10

Semenza

Formento mogia 11

Segale mogia 1

Scandela mogia - stara 4

Avena mogia - stara 4

Fave mogia - stara 4

Lenosa mogia - stara 4

Ceci mogia - stara -

Fasoli mogia - stara -

Lupini mogia - stara 1

Vecchia stara 1

Benedetto Fumagallo semenza formento mogia 2

Francesco Sormano semenza mogia - stara 7

Andrea Giussano semenza formento mogia 2 stara 4

Gioanni Maragno scorta L. 200 semenza formento mogia - stara 10

Da Andrea mogia - stara -

Per il Roncho mogia stara

Carlo Prestinaro semenza formento mogia - stara 10

Seguono le proprietà a Zoccolino ...

Seguono le proprietà a Cassino Pieve di Locate ...

Segue Pandino in Gera d'Adda ....

Segue inventario mobili della Casa di Milano ...

Li mobili di Cassago, Cassino et Pandino sono restati in comune et di questo non se ne fatto alcun Inventario. "