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GASPARE PIROVANO (... - 1625) ALIAS GASPARE TRIULTIO III°

Genealogia dei Pirovano nel Cinquecento e Seicento

Genealogia della famiglia Pirovano

 

 

GASPARE PIROVANO (... - 1625) ALIAS GASPARE TRIULTIO III°

di Luigi Beretta

 

 

Gaspare è il primogenito di Giovanni Francesco e come il padre assume il nome di Gaspare Triultio, terzo della serie. Gaspare prosegue nell'attività di acquisizione o permuta di terreni a Cassago. Nel 1588 in più riprese fa permute di terreni con Pietro Martire e Scipione Delfinoni: in un atto del primo aprile Gaspare riceve dal signor Pietro Delfinone un pezzo di vigna di quattro pertiche in località Baciolago e in cambio cede un pezzo di terra "a la sia di sotto al bosco della piana ", acquisisce poi un campo di sei pertiche "a le doi coste " cedendone un altro "sotto et in mezzo li boschi della piana ", scambia infine un pezzo di orto "in mezo a li orti con un cantono in l'orto del marianino sotto al orto che tiene il sapino con quello orto che è disotto verso la strada con tutte le sue giunte a chi la va et che nel orto qual detto possa tenersi transito solo per andar a la fontana. " Garanti dell'equità degli scambi sono Pietro Fumagalli, Angelo Redaello e Domenico Nava. A maggio dello stesso anno Gaspare fa una ulteriore serie di permute con padre e figlio Delfinoni. Dall'atto si scopre che Gaspare, come il padre, abitava a Milano a Porta Vercellina nella parrocchia di san Pietro sopra il dosso.

Nello scambio i Delfinoni cedono una vigna al Baciolago in territorio di Cremella, un terreno arativo dove si dice "dele due coste " e un pezzo d'orto detto del gialdino e in cambio ricevono una pezza di terra incolta a pascolo dove si dice "la silia " vicino al bosco "de la plana ", un pezzo di terra arativa "ali scarioni " vicino alla "silia longa " non lontana da una strada e e un pezzo d'orto in paese dove "dicitur l'horto delli signori Piromani " che era coltivato da un certo Domenico Colzani. L'atto fu redatto dal notaio di Barzago Jo:Bapta de Isachis proprio nella abitazione cassaghese di Gaspare alla presenza dei nobili Benedetto e Annibale Nava, entrambi abitanti in paese. Testi furono Angelo Fumagallus, Domenico Nava e Stefano de Sappis che abitava nelle cascine chiamate "li Campi sichi."

Gli scambi di terre fra Delfinoni e Gaspare Pirovano proseguono a novembre: Gaspare cede un appezzamento di sette pertiche di campo a pascolo vicino "al bosco de la Griana " ricevendo in cambio un altro pascolo "ubi dicitur il dosso " vicino al corso d'acqua "gambajoni." L'acquisto di questo pascolo coinvolse Gaspare in un lungo contenzioso con la Comunità di Cassago che pretendeva di poterne usare. Probabilmente si trattava di un terreno che, nell'alto medioevo, appartenne a quelle terre comuni, pascoli e boschi, cui tutti potevano accedere: la memoria della sua destinazione era sicuramente più forte del tentativo di appropriarsene dei nobili Delfinoni prima e dei Pirovano poi.

Di fronte alla ostinazione della Comunità cassaghese Gaspare Pirovano ricorse alla giustizia milanese. Ci fu una sentenza del giudice Desiderio Mazagorus che affermò la sua legittima proprietà e vietava agli uomini della Comunità di utilizzare questo insieme di terre chiamate "il dosso" ridotte a cultura e pascolo, pena una multa di cinquecento scudi. La sentenza venne ratificata dalla Comunità con un rogito del notaio Jo: Bapta Isachus di Barzago del 6 luglio 1590 in cui Antonio de regibus de Ello e Ambrogio de regibus de Ello, che abitavano a Bulciaghetto e che rappresentavano gli interessi della Comunità di Cassago, concordano i dispositivi della sentenza. La pezza di terra contesa "alias brugherie ac sive pasculi et nunc partim pasculi et partim arative et avidate sita in territorio Cassaghi ubi dicitur il dosso " aveva una superficie di 55 pertiche e confinava con le proprietà di un certo Francesco Sormano, di Battista Bellani e Pietro Martire Delfinone. Alla sentenza seguì una apprensione giudiziale il 27 luglio dello stesso anno a firma del Commissario per le Cause Jo Antonio Pallacius.

La Comunità di Cassago tuttavia ci ripensa e si oppone citando sia Gaspare Pirovano sia gli eredi Delfinoni. Viene fatta una convocazione il 4 aprile 1591: sulla pubblica piazza, o meglio, sulla strada pubblica davanti alla abitazione del nobiluomo Gabriele Nava si svolge il contraddittorio con da una parte Marco Antonio Delfinoni e Gaspare Triultio Pirovano, che rappresentava anche gli interessi dei suoi fratelli, e dall'altra la Comunità di Cassago. Alla convocazione sono presenti il console di Cassago Toffeno Brambilla figlio di Antonio, e altri cittadini del paese quali il nobile Gabriele Nava, suo cugino Benedetto Nava, il nobile Francesco Masnagha, Jo: Antonio e Pietro Brambilla, un altro Pietro Brambilla fratello del primo parroco di Cassago, Jo: Maria de Baretta, Ambrogio de Rodello, Angelo de Glusiano, Francesco Nava, Andrea de Sappis, Pietro Fumagallo e Jacobus Ghezius.

Questi uomini che si sono riuniti al suono di una campana rappresentano i due terzi dei capofamiglia del paese. Da tutti i presenti e da entrambe le parti viene accettato come giudice e arbitro il magnifico Giureconsulto Lucio Bossi del venerando Collegio di Milano, il quale, in attesa di una sentenza definitiva, propone un compromesso che valga per due mesi con facoltà di proroga di altri due mesi, ma non di più. Il compromesso consiste nell'affidare ogni decisione al magistrato Bossi che dovrà valutare la verità delle ragioni avanzate dalle parti in controversia. Entrambe le parti accettano nel frattempo le decisioni che il Senato di Milano aveva espresso in precedenza il 13 marzo. E' interessante notare che al raduno partecipò in qualità di teste anche Bonifacio Pirovano figlio del nobile Pomponio che abitavano a Lomagna, a rinverdire o rinsaldare un duraturo legame fra i rami dei Pirovano sparsi in Brianza. Di Pomponio Pirovano abbiamo diverse notizie relative all'anno 1571 quando venne a Lomagna in visita pastorale san Carlo.

Dichiarò di avere 56 anni e, non avendo onorato un legato, fu costretto dal cardinale a versare 25 lire per ornare la chiesa per soddisfare il legato di Achille Pirovano. In alternativa sarebbero stati requisiti i frutti dei suoi terreni nelle mani di Francesco Pirovano suo massaro (Archivio Storico della Diocesi di Milano, sez. X, Missaglia, vol. XX, q. 1). Allo stesso Pomponio, che aveva come primo nome Giulio, nel 1571 viene chiesto di dimostrare, entro dieci giorni, di essere il legittimo erede di messer Achille Pirovano e di verificare se il pio legato contenuto nel testamento rogato dal notaio Gio:Antonio Riboldi il 1 ottobre 1524, sia di 50 scudi o di 200 lire, come egli sostiene. Inoltre resta da stabilire a chi appartenga: se alla cappella curata di Lomagna o alla chiesa di Pandino, come asserisce lo stesso Pomponio. Troviamo qui un ulteriore legame tra i due rami Pirovano di Cassago e Lomagna, poiché entrambi hanno possedimenti a Pandino, un paese della provincia di Cremona in diocesi di Lodi.

Dalla controversia emerge un altro della famiglia: un certo Camillo (Archivio Storico della Diocesi di Milano, sez. X, Missaglia, vol. XLI). Quando san Carlo eresse la Scuola della Dottrina Cristiana nominò tra i responsabili proprio Pomponio che fu nominato maestro. Verso la fine dell'anno, il 4 novembre, Gaspare acquista una vigna detta "del sertore del bazolagho " inserendosi in una lunga storia di vendite e diritti di riacquisto che videro protagonisti, anche davanti alla giustizia, da una parte i fratelli Ambrogio e Francesco Brambilla e dall'altra Ambrogio Rodello. Costui nel 1569 aveva venduto tre pertiche dell'appezzamento a Francesco Brambilla per 100 libbre d'argento imperiali, riservandosi il diritto di affittarla per 5 imperiali all'anno e in diritto di riacquistarla entro un certo lasso di tempo. L'anno dopo vende altre 6 pertiche e poi altre 8 pertiche al prezzo di 300 e 100 imperiali sempre riservandosi il diritto di affittarle per 15 imperiali all'anno e conservando il diritto di riacquistarle, il cosiddetto jus redimendi. Nel 1577 Rodello vende altre terre ad Ambrogio Brambilla al prezzo di 100 libbre d'argento. Purtroppo Ambrogio Rodello muore prima di poter esercitare il diritto di riacquistare i terreni venduti. Aveva però stipulato un accordo con Gaspare Pirovano rogato dal notaio milanese Julio Cesare Subaglio in base al quale il Pirovano acquisiva i diritti del jus redimendi. Così il giovanissimo figlio Jo: Antonio può ricorrere davanti alla giustizia presso il giudice milanese Galli grazie al sostegno legale di Gaspare Pirovano. Nel 1588 Andrea Brambilla, figlio di Francesco, vende due pertiche al nobile Gabriele Nava: ma la questione ormai è in giudicato.

Gaspare Pirovano nel 1591 riesce a strappare una sentenza favorevole e spendendo 808 imperiali riesce ad entrare in possesso della vigna. Paga 354 imperiali ad Andrea Brambilla per redimere il debito della vendita del Rodello, per gli affitti 200 imperiali vanno ai fratelli Angelino e Jo:Antonio figli di Ambrogio Brambilla che si erano nel frattempo trasferiti a Velate nella pieve di Vimercate in località "il dosso", altre 374 imperiali sono pagate ad Ambrogio per riacquistare il terreno in base al diritto acquisito da Gaspare dopo l'accordo con il Rodello. Nulla resta al povero figlio del Rodello, se non forse la rimanenza dei soldi che il padre aveva incassato dalle vendite della vigna vent'anni prima. L'atto con cui fu messa una pietra su tutta la vicende fu redatto dal notaio Jo:Bapta de Isachus di Barzago e fu stipulato nella casa da nobile Pirovano a Lomagna, quasi a ricordare i profondi legami che legavano i Pirovano di Cassago ai Pirovano di Lomagna. Nel frattempo il giudice Bossi stava decidendo circa la questione dei pascoli del dosso. Mercoledì 22 marzo 1592 arrivò a Cassago Angelo del Cornu ufficiale del Comune di Milano che abitava a Besana e si recò nella casa del console. Successivamente si portò nella piazza del paese dove, alla presenza di Bernardino Cazinus, pubblico notaio di Besana, consegnò la sentenza del giudice.

Nel dispositivo, dopo le premesse di rito, che riassumevano i termini e i tempi della controversia, il giudice Lucio Bossi, tenuto conto della documentazione e delle testimonianze prodotte, dà ragione ai fratelli Pirovano e Delfinoni condannando il console e gli uomini di Cassago a pagare le spese del processo a lui, al cancelliere e al notaio per un costo di 60 libbre imperiali. In più aggiunge altre 19 libbre e 19 soldi per la trascrizione della sentenza. Lo stesso giudice aveva letto la sentenza a Milano due giorni prima, nel pomeriggio del 20 marzo, nel tribunale situato al Broletto: il notaio Giuseppe Delphonone addetto alle cause civili nel verbale scriverà che era presente solo Gaspare Pirovano Triultio che rappresentava sé e i suoi fratelli oltre agli eredi Delfinoni, di cui aveva avuto la delega. Erano assenti invece i rappresentanti del comune e gli uomini di Cassago, che sicuramente non potevano permettersi un viaggio fino a Milano. I rapporti finanziari fra Gaspare Pirovano e i Delfinoni proseguono sempre nel 1592 con un'altra permuta di terreni.

Un rogito del 10 aprile specifica i termini dello scambio fra Gaspare, a nome suo e dei fratelli, e Scipione Delfinone: quest'ultimo cede una pezza di terra situata nel territorio di Cassago ove "si dice la vignola " che confina sul bordo della strada con le proprietà dei Pirovano, di Lodovico Nava da Cremella e degli stessi Delfinoni. In cambio riceve dai fratelli Pirovano una riva di bosco "di sotto della strada dove si dice il bosco della piana " che confina con le proprietà sia dei Delfinoni che dei Pirovano e un pezzo d'orto "de dietro dalle sue cose tirando via dritto alla cantonata delle sue case al qual coherentia d'una parte Annibal Nava, dall'altra li fratelli Pirovano et dall'altra esso Delfinone." Il valore degli immobili era stato valutato da Gio:Antonio Sala e messere Pietro Fumagal a insindacabile giudizio, pena una multa di cinquanta scudi. Da tutte queste permute si evince la strategia di Gaspare Pirovano: abbandona gradualmente le terre attorno alla Costa per entrare con forza nelle aree centrali del paese. Non solo, ma cerca soprattutto vigne, probabilmente per specializzarsi nella produzione di vino e per sfruttare al meglio il torchio che acquisisce nella casa da nobile della "possessione della torre." La sua scelta va apprezzata, perché la produzione di vino era a quel tempo una ottima fonte di reddito. Inoltre la nuova allocazione delle sue proprietà rendono la sua presenza sempre più influente nella vita sociale del paese.

Ancora nel 1571 i Pirovano erano ai margini della Comunità di Cassago, tant'è che non vengono citati nella convenzione che i nobili del paese, Nava in testa, stipulano con san Carlo Borromeo per garantire, con i propri mezzi, una casa e un reddito al parroco. Il 1591 è anche un anno di soddisfazioni personali per Gaspare che a luglio gioisce per laurea che il fratello Filippo consegue a Pavia. La politica di espansione dei possedimenti cassaghesi dei fratelli Pirovano prosegue nel 1593 con un nuovo atto che vede protagonista non solo Gaspare ma anche il fratello Filippo, laureatosi da poco a Pavia.

Si tratta di una promessa di acquisto che i due fratelli riescono a strappare a Scipione Delfinone. Costui si impegna a vendere 110 pertiche di terreno, con l'annesso cascinale, nel territorio di Cassago ove si dice "il luogo del pennino cioè dalla strada in su tralasciando la parte di basso quale si dice hauere venduta ad altri le quali pertiche cento dieci con la Casina si tiene affittata da Christoforo et fratelli Bonacina et la detta vendita habbi da fare messere Scipione ad ogni richiesta de detti fratelli pirouani per il pretio convenuto tra loro d'essere dichiarato nel atto del instrumento da doi amici comuni quali di presente si eleggono l'uno messer Petro Fomagallo et Gio: Antonio Jala per l'altro." Il signor Jala è lo stesso Sala che con Pietro Fumagallo già nel 1592 aveva gestito per conto dei due nobili un'altra compravendita. Si trattava probabilmente degli uomini di fiducia a Cassago dei Pirovano e dei Delfinoni.

La vendita tuttavia era subordinata alla approvazione di donna Antonia Crippa, madre di Scipione, ed erede delle proprietà del marito Pietro Martire Delfinone. Ma donna Antonia Crippa nel 1592 era alquanto anziana, forse aveva già passato gli 80 anni e non poteva certo costituire un impiccio alla vendita. Fra le clausole del contratto si scopre anche l'obbligo per Scipione di ricevere in pagamento per le 110 pertiche, con la cascina del pennino, altri terreni che i Pirovano possedevano ove si dice "alli campi secci." A conguaglio, in conformità alla stima peritale, doveva ricevere altre 5000 lire imperiali.

Il 16 aprile alla presenza di Pietro Fomagallo e Cristoforo Nava, detto el dotto, accetta in acconto 100 lire imperiali in attesa del perfezionamento dell'atto di vendita. Gaspare si sposò, in un anno imprecisato, con donna Margarita Corrada. Il nome di sua moglie compare in documento di compravendita del 1624. Gaspare ebbe tre figli: Gio: Battista, Carlo e Lodovico. Lodovico fu Canonico ordinario e pare che sia morto nel 1635; Gio:Battista fu capitano nell'esercito spagnolo e morì probabilmente nel 1647; infine c'è Carlo che si fregiò del titolo di Gaspare Triultio quarto. Solo Carlo ebbe figli e precisamente due figlie, Costanza, maritata al Conte Anguissola, e Margherita che si sposò con il marchese Brusca.

I beni di Gaspare sono elencati in una minuta del 21 febbraio 1634. A Lomagna possedeva una Casa da Nobile, una casa da massaro con una corte e l'orto, 331 pertiche di terreno ("li Ribecchi", "la Marianna", "il sancto Alessandro", "il castello", "il roncho", "il gienestré", "il campo del guà" e "la Vergana"), altre 72 pertiche erano possedute nella Valle del Curone, in tutto 404 pertiche per un valore di 18225 lire imperiali. Detratti i legati per la chiesa di Lomagna e i debiti per i beni "alla Malastalla" restavano 12625 lire. Gaspare possedeva inoltre 849 pertiche di bosco in Valaperta valutate a 25 lire la pertica. C'erano poi i beni di Zibido san Giacomo stimati 12750 lire, il debito del fratello Gio:Battista per i beni acquistati a Cassago per 28865 lire, i redditi della banche civili per 6000 lire, case, l'acqua affittata al Vignarea per 10000 lire, l'osteria di Scanasio, l'osteria di Magenta, il reddito sopra la ferma del sale per 10666 lire, il reddito di una macina per 1360 lire e vari altri redditi minori.