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CONVENTI agostinianI: Fivizzano

Reliquiario di tutti i Santi, Pittore attivo a Roma, 1564 - 1566, circa, legno dipinto, cm 58 x 66 x 18, Bosco Marengo, Parrocchiale dei Santi Pietro e Pantaleon

Reliquiario di tutti i Santi,

Pittore attivo a Roma, 1564 - 1566

Bosco Marengo, Parrocchiale

 

 

IL TRITTICO-RELIQUIARIO DI FIVIZZANO E L'ANCONETTA-RELIQUIARIO DI BOSCO MARENGO: CONFRONTO TRA DUE CREAZIONI DELLA CONTRORIFORMA

 

 

 

L'anconetta conservata presso la chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo è un reliquiario commissionato dall'allora cardinale Michele Ghislieri, in seguito divenuto papa col nome di Pio V. Datata alla seconda metà del XVI secolo, l'opera ha forma di anconetta ed è dotata di due sportelli che ne permettono la chiusura. Realizzato in legno dipinto, il reliquiario presenta la superficie esterna decorata con quattro scene di soggetto religioso, sormontate da una lunetta con all'interno la raffigurazione dello Spirito Santo, sotto forma di colomba. Nella parte interna duecento piccoli cassetti dove sono conservate delle reliquie, disposte attorno ad un'immagine centrale che riproduce la Vergine circondata da Santi e Martiri.

Sia il trittico di Fivizzano che l'anconetta di Bosco Marengo, si ricollegano ad una tipologia di reliquiari a forma di trittico abbastanza comune nel Duecento e nel Trecento. Un considerevole esempio di questa produzione è costituito proprio da un trittico reliquiario realizzato nel XIV secolo, che assieme ad altre reliquie, forma il cosiddetto altare di S. Gregorio, custodito presso la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Questo reliquiario è composto da circa 200 teche con sportelli mobili, al centro spicca l'immagine del Christus Patiens, realizzato a mosaico e databile tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo. L'icona è inserita in una cornice d'argento sbalzato e inciso con inserti smaltati, raffiguranti la Flagellazione, il Cristo portacroce, la Crocifissione e vari stemmi. Proprio questi ultimi hanno consentito la ricostruzione della storia dell'oggetto sino a rivelarne il nome del donatore, Raimondello Orsini del Balzo, che donò il trittico alla chiesa verso il 1386. Un restauro condotto nel 1960 dall'Istituto Centrale del Restauro ha inoltre portato alla scoperta di un'icona di S. Caterina, posta sul retro dello scomparto centrale, databile alla prima metà del Trecento. [1]

Già da una prima osservazione appare evidente che tutti e tre i trittici analizzati, sono ricollegabili ad un'unica tipologia e presentano elementi comuni sia per quanto riguarda l'inserimento delle reliquie, sia per la funzione liturgica che veniva loro assegnata. Sia nel caso del trittico di Fivizzano che in quello dell'anconetta di Bosco Marengo, ci troviamo di fronte a quanto resta dell'arredo sacro di due conventi, anche se non si deve sottovalutare il fatto che si tratta di due committenze di ben diverso spessore. Nel caso del trittico di Fivizzano, il committente era stato il Vicario dell'Ordine, Agostino Molari, mentre per l'anconetta di Bosco Marengo, la committenza dev'essere fatta risalire direttamente al potente cardinale Ghislieri, che sarebbe poi divenuto pontefice con il nome di Pio V. Per riuscire a datare con precisione i due reliquiari, un elemento molto importante è stata la ricerca d'archivio, grazie alla quale si è potuto risalire ad indicazioni sia sull'autenticità delle reliquie in essi contenute che in merito alla datazione dei reliquiari. Com'era prassi i reliquiari erano infatti accompagnati da certificati di autenticazione, il cui fine era quello di attestare l'originalità delle reliquie conservate al loro interno. Dopo le critiche al culto dei santi mosse dalla chiesa luterana, l'attenzione verso le reliquie aveva assunto un considerevole interesse. [2]

Il loro significato viene confermato dallo stesso Pontefice Pio V che, con la donazione fatta al convento di Bosco Marengo, suo paese d'origine e luogo tutto sommato periferico, sostiene una programmata ed articolata ripresa del culto dei santi. L'allora cardinale Michele Ghislieri aveva voluto donare al convento un gran numero di reliquie di modo che i santi svolgessero la funzione di protettori del luogo di preghiera. Questi oggetti erano stati accompagnati da un certificato di autentica, oggi disperso, nel quale venivano citate le varie reliquie che il cardinale Ghislieri aveva prelevato dalle chiese di Roma nel 1564, dopo aver ricevuto l'autorizzazione da parte di Pio IV, allora pontefice in carica.Uno degli aspetti determinanti del culto delle reliquie, era l'organizzazione della loro visibilità. Padre Giovanni della Valle, al quale va ricondotta un'Istoria del convento di Bosco datata al 1743, ci testimonia che il reliquiario non era sempre visibile ai fedeli e che anzi vi era "una gran tavola mobile che si innalza sulle occorrenze di esporre alla vista, come si fa nel giorno della festa e nei due giorni delle seconde feste di Pasqua e di Pentecoste". [3]

Dalle sue parole si desume che le reliquie non fossero sempre alla portata dei fedeli e che anzi la loro visione fosse regolata da un rigido cerimoniale che faceva riferimento a cadenze ben precise, legate alle principali festività. Anche nel caso del trittico di Fivizzano, è facile immaginare un simile uso dell'oggetto. Nel clima tutto particolare della Controriforma, è utile osservare come in entrambi i reliquiari vengano rappresentati i temi centrali sui quali faceva perno la chiesa cattolica, il culto della Vergine, il tema della Passione di Cristo e l'esaltazione della Chiesa temporale dei papi, rappresentata dalla presenza dei due patroni di Roma, Pietro e Paolo. Le date di autentica delle reliquie contenute nei due reliquiari risalgono al 1564 per l'anconetta del Bosco ed al 1584 per il trittico di Fivizzano, mentre la data di esecuzione dei reliquiari viene posticipata agli anni immediatamente successivi. Mentre nel caso di Fivizzano non sono presenti immagini nella superficie esterna, nel reliquiario di Bosco anche la superficie esterna è decorata con scene di carattere religioso, ma in entrambe le opere, le reliquie sono conservate nella parte interna e vengono mostrate ai fedeli solo dopo l'apertura delle ante degli altaroli. Singolare è anche la coincidenza del numero di reliquie, di circa duecento in ognuno di essi. Entrambe rivolgono all'attenzione dell'osservatore, un messaggio scritto, nel quale si invoca la protezione dei santi e che evidenzia quale sia lo scopo dell'oggetto. Nel caso di Fivizzano, troviamo l'invocazione "DUM EORUM MERITA RECOLIMUS / PATROCINIA SENTIAMUS", mentre a Bosco si riporta "ORATE PRO NOBIS OMNES SANCTI.

Leggermente diverso è il modo in cui sono esposti i resti dei santi. Nel caso di Fivizzano, sono delimitati da piccoli ovali in vetro, mentre a Bosco sono racchiusi in piccoli cassetti, anch'essi ricoperti da vetro trasparente contenenti sacchettini in stoffa al cui interno sono conservate le reliquie. Simile è invece l'uso di collocare accanto alle reliquie dei cartigli nei quali viene indicato il nome del santo a cui appartengono le spoglie. Da notare che, nel caso di Bosco, grande attenzione è dedicata all'autenticità: non sono riportati infatti solo i nomi dei santi, ma viene anche indicato un preciso riferimento alla chiesa di Roma dalla quale la reliquia è stata tolta e la data del prelevamento. Proprio la presenza di queste informazioni, ha fornito una data ante-quem che ha reso possibile datare l'altarolo al 1564.

Trittico reliquiario di Santa Croce in Gerusalemme, Roma

Trittico reliquiario di Santa Croce in Gerusalemme, Roma

Le analogie tra i due reliquiari si estendono anche alla scelta e all'uso delle immagini. Al di là della diversa tecnica utilizzata per la realizzazione delle immagini, miniature su pergamena nel trittico di Fivizzano, legno dipinto nell'ancona di Bosco, chi ha commissionato le due opere attingeva ad un comune sostrato culturale. In entrambe le opere, è presente una scena dell'Adorazione del Bambino con Maria e Giuseppe colti nell'atto di venerare il Bambino, soggetti che si ricollegano strettamente alle tematiche più care alla chiesa della Controriforma.. Ugualmente presenti sono i richiami alla Passione di Cristo: nel caso di Fivizzano, viene proposta in due miniature riproducenti la Flagellazione e la Resurrezione dal sepolcro, mentre nell'opera di Bosco Marengo è riprodotta la Deposizione nel sepolcro. In comune, presentano la raffigurazione di santi e martiri che hanno reso grande la Chiesa Cattolica. La presenza in entrambi i casi dei santi Pietro e Paolo, può essere interpretata come un riferimento alla Chiesa di Roma da cui provengono le reliquie, reso implicito dalla raffigurazione dei due santi patroni della città eterna, Pietro e Paolo.

Nel trittico di Fivizzano, dei due santi viene raffigurato il busto, secondo la classica tipologia rinascimentale, mentre nell'opera di Bosco vengono mostrati a figura intera, con i loro attributi. In entrambi gli altaroli, sono presenti teorie di santi martiri. Nel trittico di Fivizzano, i santi miniati sono accompagnati da scritte ed è prevalsa la volontà di identificare le immagini, mentre a Bosco quella di affermare l'autenticità delle reliquie. Nell'anconetta di Bosco, non è possibile identificare i santi martiri rappresentati ad eccezione di S. Pietro e S. Paolo e San Lorenzo, quest'ultimo riconoscibile dalla tradizionale graticola. Nell'immagine che si trova nel centro dell'anconetta di Bosco, la Vergine è rappresentata assisa su nubi ed affiancata da due schiere di santi, dei quali però possiamo solo vedere i volti e le palme strette nelle mani, chiaro riferimento al martirio. Alla precisione con la quale sono annotati i dati relativi alle reliquie nei cartigli dell'opera commissionata da papa Pio V, fa riscontro l'estrema attenzione con la quale il miniatore del trittico di Fivizzano realizza le immagini dei santi, aggiungendo ai classici attributi anche le scritte che non permettono fraintendimenti nell'identificazione dei personaggi rappresentati. Quest'attenzione al dettaglio, altro non può essere che il risultato dei decreti tridentini, che raccomandavano l'estrema chiarezza per i soggetti di arte sacra. Per quel che riguarda l'attribuzione sia delle tavole dipinte del Bosco che delle miniature di Fivizzano, non è stato sinora possibile identificare con certezza l'autore nonostante entrambe le opere siano ricollegabili al complesso ambito romano di fine Cinquecento, un periodo artistico non ancora esaurientemente studiato e che meriterebbe ulteriori approfondite indagini.

La Roma di fine XVI secolo presenta infatti un gran numero di personalità artistiche di varia provenienza che giungono nella Città Eterna attirate dalle possibilità offerte dalle committenze pontificie e dei vari ordini religiosi che qui sviluppano percorsi artistici di media importanza dai quali raramente escono personalità di spicco, forse anche per i limiti imposti dalle nuove, severe regole dottrinali. Le immagini dei due altaroli in esame denunciano una inconfondibile eco raffaellesca, anche se risentono con evidenza di Sebastiano del Piombo, al quale si può ricondurre la scena della Flagellazione del trittico fivizzanese e degli Zuccari, le opere dei quali dovevano essere note all'autore del martirio di San Lorenzo raffigurato nell'anconetta di Bosco Marengo. Infine, mentre le scene dipinte sono il probabile frutto di un unico artista, come mostrano le coincidenze nella resa dei panneggi e dei volumi ed anche il modo di realizzare i particolari anatomici come le mani e le orecchie, nelle miniature fivizzanesi si possono cogliere delle differenze tali da far ipotizzare la collaborazione di più miniatori. Se infatti osserviamo da vicino le singole miniature, si può constatare la differenza di resa che intercorre tra miniature come quelle riproducenti S. Paolo e S. Pietro, S. Nicola in preghiera, S. Agostino e la madre e le altre miniature come ad esempio quella dell'Ultima Cena.

 

 

 

Note

 

(1) - Si veda a tal proposito quanto riportato da C. Bertelli, Tesori d'arte sacra, Roma 1975, pp. 55-56.

(2) - Il decreto del 1543 sulla venerazione delle reliquie afferma: "Il santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l'ufficio di insegnare e cura delle anime di istruire prima di tutto diligentemente i fedeli conformemente all'uso della Chiesa cattolica e apostolica, tramandato fin dai primi tempi del cristianesimo, all'unanime opinione dei santi padri e ai decreti dei sacri concili, sull'intercessione dei santi , sulla loro invocazione e sull'onore dovuto alle reliquie e sull'uso legittimo delle immagini" Daniele Menozzi: La Chiesa e le Immagini. I testi fondamentali sulle arti figurative dalle origini ai nostri giorni, cit, 75.

(3) - Alessandria, Biblioteca Civica, ms cart. n° 127, Istoria del 1783, G. Della Valle, in S. Pettenati, I Corali di Pio V, in Pio V e santa Croce di Bosco.Aspetti di una committenza papale, catalogo della mostra a cura di C. Spantigati e G. Ieni, Alessandria 1985.