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CONVENTI agostinianI: Fivizzano

Lapide sepolcrale di Agostino Molari, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, Roma

Lapide sepolcrale di Agostino Molari, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, Roma

 

 

IL COMPLESSO CONVENTUALE DI S. AGOSTINO DI FIVIZZANO

 

 

 

L'insediamento degli Agostiniani a Fivizzano risale alla fine del XIV secolo e determinante per la loro presenza è l'appoggio di Niccolò Malaspina, all'epoca marchese del feudo di Fivizzano e Verrucola. Con una bolla, datata al 27 giugno 1391, papa Bonifacio IX concede a Fra Giacomo da Montalcino di fondare un convento nel borgo di Fivizzano. In ordine di tempo quello di Fivizzano è il secondo convento costruito dagli Agostiniani in Toscana. Il progetto originario prevedeva la creazione di una struttura destinata ad ospitare sei frati. I lavori di costruzione del convento iniziano nel 1392 e durante la fase di edificazione del nuovo centro religioso vengono probabilmente inglobate in esso parti di edifici precedenti, tra cui la canonica fatta costruire alcuni decenni prima da Puccio di Duccio Bosi. Le notizie principali sul convento e la sua storia compaiono in due testi a noi pervenuti, risalenti rispettivamente al XVI e al XVIII secolo. La fonte di fine Cinquecento è il resoconto della Visita Apostolica di Monsignor Angelo Peruzzi effettuata nel 1584. [1]

Le Visite pastorali avevano lo scopo di verificare il grado di conservazione ed il decoro degli edifici e dei paramenti religiosi disseminati sul territorio. Anche le osservazioni del Peruzzi sono finalizzate alla sistemazione degli arredi secondo i criteri di ordine e decoro espressi nel Concilio di Trento. Con queste parole il vescovo ricorda il complesso religioso di Fivizzano: "Et quia parochialis Ecclesia SS. Iacobi et Antonii diruta fuit et actu reedificatur et cum non sit adhuc perfecta cur, que eidem ecclesiae inveniretn animarum agitur et exercetur in Ecclesia S. J. Baptistae, quae est religionis et fratrum eremitanorum Sancti Augustini, in qua et illius manasterio ... ed ancora ... Visitavit Sanctissimum eucaristiae sacramentum quod osservari invenit in parva piscide argentea, tamen et in reliquis satis decente quam etiam vidit recludi in tabernaculo ligneo essere formato, deforis etiam aurato, satis pulcro et intus sericeo vero circumtecto sub clave satis fida, quod quidem tabernaculum et que intra illud habentur spectant ad ecclesiam S. Antonii et illius Societatis Sanctissimi Corporis Cristi, que in eadem Ecclesia de Antiquo fuerant institute." [2] Il Peruzzi ci tramanda quindi l'immagine di una chiesa decorosa, arricchita da un consistente numero di paramenti preziosi e dotata di suppellettile sacra. Così annota il Peruzzi: "Visitavit deinde altaria omnia singularia et primo altare maius quod vidit esse lapideum et consecratum et munitum omnibus suis necessariis". [3]

Per la maggior parte di questi altari il Peruzzi si limita a sottolineare la necessità di ordinare nuovi arredi quali candelabri, croci o baldacchini, per sostituire quegli oggetti troppo logorati dal tempo e dall'usura. Così afferma riferendosi all'altare dedicato all'Assunzione della Vergine: "... est lapideum cum altare portatile inserto dictum spectare ad Iulium de Rubeis et quia altare ipsium indiget candelabris honorificis [4]".

Interno della Chiesa di S. Giovanni subito dopo il terremoto del 1920

Interno di S. Giovanni dopo il terremoto del 1920

Singolare è anche il caso dell'altare dell'Annunziata, che risulta talmente spoglio da suscitare l'immediata reazione del Peruzzi che con queste parole intima ai Patroni di provvedere: "... Altare Sancta Annunciata ... sed sine icona et valde inornatum....propterea ordinavit eisdem heredibus intimari quatemus sub poena excomunicationis in sulsidium solvere debeant legatumpredictum et inteniri ordinavit maneri patronos omnes dicti altaris quatemus debeant altare ipsum ornare icona pulcra ... [5] " Altre informazioni sul convento ci arrivano grazie ad un'opera scritta nel 1732 da Pier Carlo Vasoli, medico di professione e membro dell'Accademia letteraria degli Imperfetti di Fivizzano che ci ha lasciato numerose testimonianze relative alla della storia locale. La chiesa che aveva davanti agli occhi questo studioso aveva subito diverse trasformazioni rispetto a quella visitata dal Peruzzi. Gli altari minori erano cresciuti di numero e gli arredi erano stati quasi totalmente rinnovati, rifatti il coro ligneo e la volta della navata. Non tutto però era andato perduto dato che nella sua relazione il Vasoli cita un'opera che anche il suo predecessore aveva potuto osservare, la tavola raffigurante San Nicola da Tolentino. Quest'opera viene attribuita a Zanobi Macchiavelli e datata al XV secolo. Così compare il riferimento all'opera nel testo del Peruzzi "... altare Sancti Nicolai de Tolentino est sub capellula et satis ornatum icona pulcra ... " [6] mentre il Vasoli la definisce "pittura antica, ma di buona maestria [7]

Ma a differenza di quella del Peruzzi, l'opera del Vasoli ci fornisce anche informazioni sul contesto in cui era sorto il complesso religioso di Fivizzano. E' infatti grazie alla sua opera che oggi sappiamo che Puccio di Duccio Bosi aveva fatto erigere accanto alla chiesa la canonica, destinata all'abitazione dei rettori. Sarà proprio questa parte dell'edificio ad essere inglobata dal nuovo complesso durante lavori di ampliamento della chiesa, messi in atto dagli Agostiniani per ampliare la piccola chiesa che era stata donata loro. Il Vasoli ci informa inoltre del fatto che ai monaci viene concesso l'uso della vicina Chiesa di San Giovanni Battista costruita nel 1335 per volere di Puccio di Duccio Bosi. Membro di una agiata famiglia fivizzanese Puccio era il nonno della madre del futuro papa Niccolò V. Quest'ultimo mantenne sempre un vivo affetto nei confronti del proprio paese d'origine. Prova di questo legame sono sia la bolla da lui emanata nel 1448 nella quale veniva concessa una indulgenza di sette anni a tutti coloro che nella festa di San Giovanni Battista avessero visitato la chiesa, [8] sia il fatto che nel 1583, grazie all'intercessione di Agostino Molari, allora Sacrista dei Sacri Palazzi Apostolici e Confessore del papa, Gregorio XIII, dona alla chiesa di San Giovanni Battista di Fivizzano il prezioso Parato donato a Niccolò V dalla città di Siena. La consacrazione della chiesa di San Giovanni Battista ebbe luogo nel 1336ed ad opera del vescovo di Luni, Bernabò Malaspina [9], lo stesso vescovo che con la bolla dell'anno prima aveva dato licenza a Puccio di costruire l'edificio religioso [10]

Due iscrizioni marmoree erano state poste in opera per ricordare la fondazione della chiesa, una sopra la porta d'ingresso ed un'altra all'interno della chiesa. La prima iscrizione che riportava il seguente testo: "annis millenis, trecentenis, atque tricenis et dicitur sextus, opus istud vir perhonestus puccius; aedifict baptistae qui benedicat aprilis prima, cum sol vergit ad ima", venne in seguito riutilizzata come lastra tombale quando nella prima metà del XV secolo i frati ampliarono la facciata della chiesa modificandone la facciata. Il Vasoli ci informa che la seconda iscrizione nel XVIII secolo era stata posta nella sacrestia. Il terremoto del 1920 deve averla seriamente danneggiata, dato oggi ne resta solo un frammento affisso nel chiostro. Questo è il testo inciso sulla lastra:

"EST IOANNI BAPTISTAE SACRA AEDES QUAM COLIT ISTE MILLE TRECENTENIS DOMINI TRIGINTAQUE SENIS SUMPTIBUS ET PROPRIIS APRILIS TEMPORE MENSIS QUAM DUCCII PUCCIUS INCEPIT VERRUCOLENSIS: PRAESIDE LUCENSI, CONSECRATAMQUE LUNENSI DUM PRIOR AUGUSTI LUX VENIT MENSIS ADUSTI".

Nella prima metà del XIV secolo, per circa quarant'anni la chiesa di San Giovanni svolse anche la funzione di parrocchiale, assumendo il ruolo sino ad allora riservato alla vicina chiesa di S. Antonio che a causa dell'incuria dei Preti della Congregazione di S. Antonio era divenuta inagibile. Le notizie sulla costruzione del complesso conventuale, a differenza della chiesa di San Giovanni, non sono molto numerose. Il progetto originario, basandosi su una tipologia ricorrente nei conventi dell'Ordine, comprendeva la chiesa, il coro, il capitolo, le celle individuali dei frati, un refettorio comune, una biblioteca, una infermeria, un parlatorio dedicato ai rapporti con il mondo esterno, un chiostro ed un cimitero. Grazie all'opera del Vasoli abbiamo oggi traccia di alcune memorie e atti provenienti dall'archivio degli Agostiniani. Secondo questa fonte l'aspetto che la chiesa aveva nel XVIII secolo era quello risalente alla prima della metà del Cinquecento. Solo nel 1650 venne realizzato un inventario dei beni del convento. La riforma degli ordini religiosi voluta da papa Innocenzo X in quell'anno, esigeva infatti dai vari monasteri una relazione sul loro stato. La relazione, inviata da Fivizzano nel 1 marzo 1650, ci informa che nel convento risiedevano sei sacerdoti, un diacono, due conversi e un servente. All'epoca il convento è costituit da " di Camere 12, Stanze diurne n° 12 con i suoi Claustri e Dormitorio, Loggia et Horto murato con Casa, stalla e Stanza per legne tutto serve per li Frati [11]"

Esterno della Chiesa di S. Giovanni subito dopo il terremoto del 1920

Esterno di S. Giovanni dopo il terremoto del 1920

Anche sulla chiesa vengono fornite alcune indicazioni. Sappiamo così che "Ha la Chiesa sotto titolo et invocatione di S.Gio. Battista et è longa braccia 70, larga braccia 32, fu fondata l'anno 1335, con suo Coro, Sagrestia, Campanile e Cemeterio et col consenso di Mons. Bernabò Vescovo di Luni per ordine di Ser Puccio da Verrucola, qual donò il sito per far detta Chiesa, e fu all'hora un oratorio, et lasciò i suoi beni per servizio del cappellano, e Ministro de'quali di presente non vi è notizia, qual Chiesa poi in diversi tempi è stata ampliata, et ornata, come si vede di Cappelle n° 9. [12] 

All'interno dello stesso documento troviamo anche un elenco dei beni appartenenti al convento. Oltre ai vari terreni e agli armenti disseminati nel territorio lunigianese, viene citata tra le proprietà del convento l'Abbazia di San Bartolomeo e San Benedetto di Linari sull'Appennino. Questo complesso era stato donato ai frati Agostiniani di Fivizzano da papa Gregorio XIII che, con una bolla spedita da Frascati il 1 ottobre del 1583 aveva sancito l'annessione dell'Abbazia e di tutti i suoi beni. Da quanto emerge dai documenti, il convento di Fivizzano, mantenne il suo aspetto originario sino alla sua soppressione. Nell'opera del Vasoli, vengono illustrate alcune parti della chiesa. Lo studioso, così descrive il chiostro e la chiesa, come si presentavano nel 1732: "Il claustro del Convento è fatto in belle volte sostenute da colonne di macigno, sotto le quali sono dipinti gli atti di S. Agostino di buone mani siccome il refettorio. La porta maggiore della Chiesa mostra, sebbene ristaurata, la sua antichità. Benchè l'architrave primiero serve d'iscrizione d'un sepolcro sopra il giardino di mezzo la chiesa, dove è stato trasportato con altre pietre primiere della medesima Porta, alle quali si vede che in essa medesima ne sono state sostituite altre un poco più adornate, e si leggono nel medesimo architrave alcuni versi latini mal composti, [13] esprimenti il Fondatore della Chiesa e il tempo della fondazione. La quale sebbene è di struttura di due intenzioni diverse, è però bella chiesa.

Una parte di essa, che è quella di sopra, dove è situato il presbiterio con l'altar maggiore, è in volta sostenuta da quattro gran colonne di macigno di pezzo intero, due delle quali sono per metà affisse alle muraglie laterali: ed è questa parte evidentemente la più moderna, aggiunta forse quando si ridusse a convento questo luogo, e fabbrica dell'edificio, il quale da Puccio era fatto per la canonica de' Rettori di Fivizzano, i quali aveva egli destinato che qui abitassero; della quale canonica, e sua situazione in più luoghi dagli allegati notari si fa menzione, e manifesta descrizione. Dal Presbiterio fino all'entrata maggiore, è all'antica, e più angusta della suddetta parte di sopra.

Sebbene v'è stata di nuovo fatta la soffitta a spese del M°R°.P.re Bacciliere Gervasi, e rinnovati li sei altari situati in detta parte. L'altar maggiore è di marmo di Carrara, a mano manca è l'altare del Crucifisso in oggi detto di S. Agostino per la superba opera in pittura rappresentante questo glorioso santo in compagnia di S. ta Monica, il contorno del quale è di pietra serena ornata di fregi dorati, et a mano destra rispetto all'altar maggiore è quello dell'Assunzione di Maria, pittura antica, ma di buona maestria. Nella parte antica, e più bassa, è alla destra l'altare di S. Filippo Neri con ancona mobile effigiante detto santo in adorazione della SS. Trinità e della Beata Vergine, ornato di bellissimi marmi. Di contra a questo è l'altare dell'Angelo Custode, ancona molto stimabile di nostro Stefano Lemmi egregiamente condotta. Sotto al detto è l'altare S. Nicola da Tolentino, l'immagine del quale mirabilmente dipinta da Zenobio Macchiavelli è più adentro in proprio nichio, e più in fuora sono diverse ottime pitture dell'istesso Lemmi. Il quale fece l'ancona dell'altare più sotto, che è di san Tomaso da Villanova, che a' poveri dispensa le sue ricchezze, opera ottima, la quale è stata diformata in un angolo dove hanno voluto l'effigie di San Francesco da pavola, fuor d'ogni proposito e disegno, e di mano diversa, anzi inesperta. Presso l'altare di San Filippo Neri è quello nel quale sta riposto un pezzo grande del legno della SS.ma Croce di Nostro Signore, staccato da quello della Traspontina di Roma; et oltre ad esso è l'altare della Madonna delle Grazie.

Particolare del chiostro dell'ex convento di Sant'Agostino

Particolare del chiostro dell'ex convento di Sant'Agostino

Il coro è rinnovato di sedili eleganti a spese del Prf. Benedetto degli Acconci di Fivizzano, vi è un buon organo restaurato a contanti dal Baccil. Gervasi sud.o con cantoria a fregi d'oro, spesa del P. Bacciliere Borni. Nella Sagristia sono bellissime Argenterie, e fra l'altre la statua di SS. Vergine della Cintola; ed evvi un nobilissimo Pontificale donato già da Niccolò V, il quale era tutto arabescato di figure fatte con multitudine di gran perle, delle quali ora poche vi sono rimaste, mancate l'altre a tempo de' superiori, e sagrestani forestieri... . Vi si leggono diverse inscrizioni sepolcrali, e memorie d'uomini insigni qui sepolti, et oriundi di questa Terra, cioè del d.° Molari Sacrista e Confessor di più Pontici. E Generale degli Agostiniani ..." [14]

Il testo del Vasoli risulta di fondamentale importanza per una corretta ricostruzione della struttura della chiesa. Si evince come nei primi decenni del XVIII secolo vi fossero nove altari, tutti ornati da opere d'arte. Significativa ai fini di questo studio è l'annotazione del Vasoli che ci ricorda come in uno di questi altari fosse contenuto un pezzo della Croce. Apprendiamo quindi della presenza di una importante reliquia, del culto delle reliquie presso gli Agostiniani di Fivizzano e della sua provenienza dalla chiesa romana di Santa Maria Traspontina. Dal documento di autenticazione delle reliquie del trittico, trascritto dal Vasoli, si evince che l'atto era stato rogato nella stessa chiesa romana. Sappiamo dunque che, oltre al trittico, la chiesa era dotata di reliquie di provenienza romana. In aggiunta a quelle presenti sin dalla fondazione del Convento, nel 1584 e nel 1593, ne erano state inviate molte altre grazie all'interessamento di un influente personaggio che si era formato presso il monastero di Fivizzano e che all'epoca era molto vicino ai vertici della santa Sede, Agostino Molari, una delle personalità di grande rilevanza. Vissuto tra il 1530 ed il 1595, il Molari proveniva da un'antica e nobile famiglia fivizzanese. Dopo aver indossato l'abito degli Agostiniani, prese i voti nel convento di Fivizzano. Gli anni di studio condotti in Fivizzano, gli consentirono di diventare reggente dello Studio del convento di Roma nel 1562, dove si recò come affiliato. Così afferma il Gerini in merito a quest'illustre personaggio "... Fiorì intorno al 1570, e nella sua giovinezza prese l'abito de' frati Romitani, nella qual religione, procacciatasi molta fama di bontà e di scienza, scorse tutti gli onori più luminosi, fino ad essere stato per ben tre volte vicario generale." [15]

Il Molari fu insignito di riconoscimenti e cariche molto importanti. Nel 1572 papa Gregorio XIII lo chiamò presso di sé come confessore e due anni dopo lo nominò Sacrista dei Palazzi Apostolici. Ricoprì questa carica anche sotto altri pontefici quali Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV e Clemente VIII. L'umiltà lo portò più volte a rifiutare la nomina di vescovo, mentre ricoprì per tre volte la carica di Vicario generale dell'Ordine di Sant'Agostino. Nel 1593 papa Clemente VIII lo insignì della carica di Commendatore dell'Ospedale di Santo Spirito in Roma. Qui si dedicò alla carità e all'assistenza verso i poveri e gli ammalati. Il suo corpo venne sepolto in questo Ospedale e qui ancora oggi si trova, come ricorda la lapide marmorea voluta dai cardinale Sabello e Lodovico di Torres, che commissionarono l'iscrizione. Lapide sepolcrale di Agostino Molari, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, Roma Nella lapide è stata incisa la seguente iscrizione:

"CLEMENTE VIII P.O.M. F. AUGUSTUST.MOLARIO.FIVIZAN.PRAECLIT. ET SALLUSTIO.TAURUSIO.SUCCESSORE IO.AMICO DE MONTORIO APRUTINO.CIC AVREOS ARGIENTE IC IN PARTEM SUMPTUUM PRO EX TRUCT".

Ma anche nella sua città di origine si era sentito il bisogno di onorare la vita del Molari. Sempre il Gerini ci ricorda che "... Paimenti in Fivizzano nella Chiesa di San Giovanni di suo monastero, quale avea di reliquie insigni e di preziosi doni arricchita fu dal cavaliere Lazzaro di lui nipote donato un monumento con questa iscrizione :

 

D.O.M.

Fr. Augustino Molario Fiviz. Ord. S. August.

Theologo Gregorii XIII et Clement. VIII. Confess. Apost. Sacrarii Praefecto

Sui Ordin. Apostol. Auctorit. Tertium Vicaro General.

Et capitulo General. Iterun Praesid.

Hospital. S. Spiritus in Saxia praeceptori

Quem dum immensa probitas eximia virtus probatissi mores

Laboresque pro Dei Ecclesia exantlati

Uberiores fructus pararent

Importuna mors rapit

Ann. Aetatis LXVIII Men. III D. XVIII. III Kal. Febr.

Ann. D. MDXCV

Lazzarus Molarius nep. Fiviz. Civisque Roman.

S.D.N. PP. Urbani VII et Clemet. VIII cubicular

Ut Tanti viri mem. In patria et in hoc Sac. Templo

Quod imag. S. August. Ad altare depicta ornavit

Sacerdotalibusq. Indum. Sanct. Reliquiis ditavit

Perpetuo extaret ponem. Curavit. [16]

 

Il Molari fu anche uno stimato scrittore e realizzò alcuni importanti testi di argomento teologico. Si ricordano due opere manoscritte: le Exercitationes in Platonem, in Aristotelem atque disputationes theologicae, quae extant in cod. 1030, saec. XVI ed il Libellus de consuetudine, causis et ritu Sanctissimi Corporis Christi deferendi ante Romanum Pontificem iter agentem, e le seguenti opere a stampa: la Summa de potestate ecclesiastica Mag. Augustini Triumphi ab ipso Mag. Augustino Fivizano, splendide edita, una cum ipsius Augustini Triumphi vita ab eodem Mag. Augustino Fivizano conscripta, edito a Roma da Vinc. Accolti nel 1582, la traduzione del Del viver dei frati, del Beato P.F. Giordano di Sassonia edita a Roma da Giovanni Martinelli alla Fenice nel 1585, la Vita S. Augustini Episcopi del 1586, il De translazione corporis B. Augustini. De translazione corporis S. Monica edito a Roma da Vinc. Accolti nel 1586 il commento al Liber qui dicitur Vitas Fratrum, del Beato P.F. Giordano di Sassonia, con le note di marcantonio Massa, edito a Roma da Giovanni Martinelli alla Fenice nel 1587, ed infine il De ritu S. Crucis Romano, edito dalla Tipografia Vaticana nel 1592 pochi anni prima della morte del Molari. [17]

Particolare di uno degli affreschi del chiostro: Madonna della Cintura

Particolare degli affreschi del chiostro: Madonna della Cintura

Ma il Molari non fu l'unico personaggio di rilievo del convento di Fivizzano i cui frati già da tempo avevano ricoperto un ruolo centrale nella vita del borgo lunigianense, posizione che aveva permesso loro di intervenire direttamente in più d'una vicenda politica.Tra questi è possibile ricordarne alcuni per meglio comprendere la rilevanza culturale di questo convento. Vissuto nel XV secolo, Andrea da Fivizzano era un maestro di teologia. Dopo aver ricoperto la carica di Priore della Provincia di Pisa, quindi del Capitolo Generale di Pamiers in Francia, e del Convento di santo Spirito di Firenze, divenne decano della Facoltà di Teologia nell'Ateneo fiorentino. Al XVI secolo appartiene invece un personaggio molto rilevante quale Leonardo Vallanzana. Teologo e gran predicatore, venne nominato lettore allo Studio agostiniano di Firenze, presso il Convento di Santo Spirito. La fama di questo personaggio è legata soprattutto al duro attacco nei confronti del Savonarola. Fu proprio il Vallanzana che nel 1497 lesse dal pulpito del Convento di Santo Spirito la scomunica contro il Savonarola, inviata da papa Alessandro VI. All'interno della Biblioteca comunale, viene conservato quanto resta del monumento funebre di questo illustre agostiniano formatosi presso il Convento di Fivizzano. Di quest'opera marmorea realizzata nel 1529, oggi si conserva solo la parte superiore del sarcofago che rappresenta il corpo del monaco disteso con un libro tra le braccia. [18]

Gli agostiniani si unirono agli abitanti di Fivizzano nel 1538, in difesa dei diritti della popolazione, in occasione del saccheggio ad opera delle truppe spagnole. Nel 1540, quando erano ancora vive le ferite causate dalle frequenti incursioni, Alessio Casani, frate appartenente all'Ordine di Sant'Agostino e grande predicatore, fu tra coloro che sostennero la richiesta al duca Cosimo de' Medici di far cingere Fivizzano da una nuova e più possente cinta di mura. L'iniziativa del frate esprimeva il volere di tutta la popolazione, ormai esausta per le continue scorrerie e saccheggi che avevano paralizzato l'economia locale.

La costruzione della nuova difesa permise al borgo di riprendere in tranquillità le attività commerciali, innescando un processo di sviluppo economico e sociale che sarebbe durato a lungo. Tra i grandi teologi che uscirono dal Convento, va infine ricordato Alessio Stradella, maestro presso la facoltà di teologia di Roma, che prese parte per volere del papa al Concilio di Trento. Il convento di Fivizzano continuò nella sua attività per tutto il XVII secolo, mantenendo invariato il proprio ruolo di centro di studi e di formazione culturale. La svolta si ebbe nel 1786 quando il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, decise di sopprimere il convento. Un cronista del tempo ricordata con queste parole la prima trasformazione del convento:

"Nel 1783 venne Vicario in Fivizzano il Signor Filippo Cercignani. Non trovò in Paese che un sol Maestro di Scuola per i ragazzi e per le femmine una piccola scuola mantenuta dalla Casa Fantoni, Mestra la Ferrari. Vi era il Convento di S. Gio. dei PP: Agostiniani. Il sud.o Vicario procurò che facessero scuola, ma non ne vollero sapere. Egli dunque formò il progetto di riunire i conventi di Monache esistenti fuori del Paese, cioè quello di Verrucola e di Codiponte, con quello di Casola, ma le rendite assegnate all'Ospedale. Levare i frati Agostiniani; con le rendite di questi tre conventi formare l'assegnamento per quattro Maestri per la Gioventù. Di leggere, scrivere, e conti. Altro di Grammatica, e Umanità. Il terzo di Filosofia, ed il quarto di Teologia. Le Monache dei tre Conventi riunite a formare le scuole normali per le ragazze." [19]

Questo progetto di riforma scolastica rientra in più ampio programma riformistico voluto dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo che interessò certo non solo il territorio di Fivizzano ma bensì tutto il territorio toscano. Le riforme del granduca miravano ad abbattere il potere feudale, rilanciare l'economia e nel contempo limitare l'esorbitante potere dei corpi ecclesiastici. Fu proprio in Toscana che le innovazioni introdotte nella vita religiosa si manifestarono in maniera più evidente. Leopoldo infatti aveva impostato un programma riformista che avrebbe trasformato radicalmente la vita religiosa del territorio se l'opposizione popolare e la sua partenza dalla Toscana per assumere la corona imperiale non avessero invalidato il suo progetto. Tra le iniziative più significative sono da ricordare la limitazione della manomorta, la soppressione dei Gesuiti e dell'Inquisizione. [20]

A Fivizzano la realizzazione di questi ideali venne affidata al Vicario del granduca, Filippo Cercignani che nel 1783 decretò la chiusura del convento e la sua trasformazione in Conservatorio femminile dato in gestione alle Monache che mantennero la Regola di Sant'Agostino. [21] A memoria di questa trasformazione venne posata una lapide, tuttora esistente, sull'ingresso principale dell'ex convento. [22]

Una nuova trasformazione ebbe luogo nel 1815, quando Ferdinando III di Lorena ordinò che in ogni Provincia non vi fosse che un solo Convento ed un solo Conservatorio. Dato che anche la vicina città di Pontremoli aveva un proprio Conservatorio, quello di Fivizzano venne chiuso, e l'antico Convento rimase non utilizzato per alcuni anni. Nel 1899 i locali dell'ex convento agostiniano vennero acquistati dalle Suore Angeliche di San Paolo. La nuova destinazione del complesso divenne quella di Convitto ed Educandato. Assieme al Convento, le suore acquistarono anche la vicina chiesa di San Giovanni. Nella vendita però non vennero inclusi gli oggetti d'arte che erano stati schedati dall'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti della Toscana nel 1895. Il mobilio e gli arredi sacri della chiesa vennero quindi dati un uso alle suore, ma con l'obbligo di restituirli al Municipio, una volta terminata l'officiatura della chiesa.

Molto importante, per capire lo stato di conservazione dell'edificio, è l'annotazione del notaio che redasse l'atto di compravendita del convento nel 1899. Così ricorda il notaro Serafini "per il lungo abbandono, minaccia di sfasciarsi" sarebbero necessari "per il consolidamento, lavori interessanti il tetto e i muri maestri ". [23]

I lavori di consolidamento del complesso conventuale non furono però sufficienti a salvare l'edificio dal terremoto del 1920. I danni maggiori non furono quelli subiti dal convento vero e proprio ma quelli che interessarono la chiesa di San Giovanni Battista. Foto dell'epoca ci mostrano l'edificio seriamente danneggiato, con il tetto crollato e le pareti lesionate.La sconsiderata decisione di demolire ciò che restava della chiesa, ci ha privato per sempre di un importante testimonianza della storia religiosa della Lunigiana. Il convento invece rimase in piedi e subì varie destinazioni d'uso finché nel 1979 venne riacquistato dall'Amministrazione comunale. Oggi sede della Biblioteca comunale, il complesso conserva nella struttura tracce dell'antica funzione. Nelle lunette del chiostro sono ancora visibili alcuni resti degli affreschi che decoravano questa parte del convento. Sono qui rappresentate scene della vita di Sant'Agostino. Questo ciclo di affreschi è tornato alla luce grazie alla descrizione del convento fatta dal Vasoli nel suo manoscritto del 1732 in cui lo studioso faceva riferimento ad una decorazione presente nel chiostro. Basandosi su questa descrizione, negli anni '80, sono stati fatti dei saggi sulle pareti che hanno rivelato la presenza di decorazioni pittoriche sotto lo spesso strato di calce che era stato applicato alle lunette. Il Vasoli attribuisce l'opera a Michele Angelo da Fivizzano, pittore del luogo, attivo verso la fine del XVI secolo.

Questo dev'essere stato uno dei momenti di maggior splendore del convento, visto che sempre in quegli anni, veniva commissionato un'altra opera molto importante quale il trittico-reliquiario. Uno degli episodi inseriti nel ciclo di affreschi del chiostro rappresenta l'estasi di Ostia, soggetto che compare anche nel trittico, sottolineando una vicinanza tra le due opere, non solo cronologica ma anche spirituale. Le perdite maggiori per quel che riguarda l'importante biblioteca e gli arredi sacri del convento si verificano soprattutto nei due secoli che intercorrono tra la soppressione leopoldina e l'acquisto da parte del Comune d Fivizzano di ciò che restava dell'antico convento agostiniano. Non abbiamo prove certe, vista la copiosa perdita di fonti scritte, ma è molto probabile che le trasformazioni subite dal convento nel corso dell'Ottocento abbiano comportato consistenti modifiche dell'edificio e forse anche una parziale perdita della suppellettile liturgica.

Durante il XX secolo un'eccessiva disinvoltura nella gestione di questo patrimonio culturale ha aggravato la sua già critica condizione. Episodi quali la demolizione della chiesa di San Giovanni Battista, la cessione della biblioteca agostiniana al convento di Soliera, la vendita del paramento di Niccolò V, hanno spogliato ulteriormente l'antico convento. Grazie alle Memorie del Vasoli abbiamo anche informazioni su alcune opere pittoriche che si trovavano all'interno della chiesa di San Giovanni Battista, la maggior parte delle quali non è sopravvissuta ai danni del terremoto del 1920. Due dipinti però sono arrivati sino a noi. Uno raffigura San Nicola da Tolentino con tra le mani i classici attributi del giglio e del libro opera toscana del secondo Quattrocento, attribuita dal Vasoli a Zanobi Macchiavelli, ricordato dal Vasari come uno dei collaboratori di Benozzo Gozzoli.

L'altra opera rimasta è una tela raffigurante San Filippo Neri ed altri Santi in adorazione della Trinità. Si tratta di un'opera riconducibile al XVII secolo che rispetta pienamente i precetti usciti dal Concilio di Trento in materia di opere d'arte. Fortemente compromessa dai danni del tempo e da una gestione sconsiderata da parte dell'uomo, l'antica bellezza del convento emerge solo a tratti. Per chi si reca oggi sul posto, non è facile immaginare il glorioso passato di questo convento, quando all'ombra del chiostro, passeggiavano teologi e grandi predicatori in grado di tener testa al Savonarola, come Leonardo Vallanzana, persone capaci di prendere decisioni tali da comportare la trasformazione della realtà cittadina come Alessio Casani oppure monaci dall'enorme spessore intellettuale, in diretto contatto con i Palazzi Apostolici del Vaticano, come Agostino Molari. Di tutto questo oggi ci restano solo pochi oggetti, quasi tessere di un mosaico per buona parte perduto, ma dalla cui combinazione possiamo trarre ancora molti elementi.

 

 

 

Note

 

(1) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana. Trascrizione del racconto è riportata in L. Paganini, La Visita Apostolica di Angelo Peruzzi nella Diocesi di Luni-Sarzana, tesi di laurea discussa presso l'Università di Pisa. a. a. 1975-1976, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana.

(2) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana, cit. pag. 116, pp. 108-109.

(3) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana, cit. pag. 116, pp. 118.

(4) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana, cit. pag. 116, pp. 120.

(5) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana, cit. pag. 116, pp. 119.

(6) - Visite Pastorali, Archivio Vescovile Lunense, Sarzana, cit. pag. 116, pp. 121

(7) - P. C. Vasoli, Osservazioni e discorsi di Pietro Carlo Vasoli da Fivizzano, sopra la precedenza de' Parochi nel Sinodo Diocesano, cit. p. 5, p. 103.

(8) - P. C. Vasoli, Osservazioni e discorsi di Pietro Carlo Vasoli da Fivizzano, sopra la precedenza de' Parochi nel Sinodo Diocesano, cit. p. 5, p 106.

(9) - P. C. Vasoli, Osservazioni e discorsi di Pietro Carlo Vasoli da Fivizzano, cit. pag. 138, p. 108.

(10) - P. C. Vasoli, Osservazioni e discorsi di Pietro Carlo Vasoli da Fivizzano, sopra la precedenza de' Parochi nel Sinodo Diocesano, cit. p. 5, p. 116.

(11) - Archivio Generale Agostiniano di Roma, codice Ii-4, Relazione dei Conventi della provincia pisana O.E.S.A., anno 1650. 1650, Fivizzano cc. 239 r- 241 r.

(12) - Archivio Generale Agostiniano di Roma, cit. pag. 140

(13) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. p. 65, p. 30. Il testo dell'iscrizione è il seguente: ANNIS MILLENIS,TRECENTIS,ATQUE TRICENSIS ET DICITUR SEXTUS, OPUS ISTUD VIR PERHONESTUS PUCCIU; AEDIFICIT BAPTISTAE QUI BENEDICAT APRILIS PRIMA, CUM SOL VERGIT AD IMA. Quando, nella prima metà del XV secolo, venne modificata la facciata della chiesa, l'architrave posta sulla porta d'entrata, sul quale era incisa l'iscrizione, venne portato all'interno della chiesa stessa e qui riutilizzato come lastra tombale. Oggi, di questa iscrizione, non rimane più alcuna traccia.

(14) - P. C. Vasoli, Osservazioni e discorsi di Pietro Carlo Vasoli da Fivizzano, cit. pag. 5, p. 293-298.

(15) - E. Gerini, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana, Sala Bolognese, Forni, 1986, Ripr. facs. dell'ed. per Luigi Frediani tipografo ducale, Massa, 1829 Vol II, p 133.

(16) - E. Gerini, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana, cit. pag. 124, p. 136.

(17) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. pag. 65, pp. 28-29.

(18) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. pag. 65, pp. 26-28.

(19) - Raccolta di memorie di Fivizzano, Copia fotostatica di manoscritto cartaceo, Archivio parrocchiale di Fivizzano.

(20) - Atlante e cronologia della storia del mondo, Bologna, Zanichelli, 1967, p. 162

(21) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. pag. 65, p. 24.

(22) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. pag. 65, p. 32. Nell'iscrizione è riportato il testo: INDIGENARUM ISTITUTIONI PUELLARUM PRINCIPIS MUNIFICENTIA OPTIME CONSULTUM- A.S. MDCCLXXXVIII.

(23) - P. Tedeschi, Memorie di un convento, Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, cit. pag. 65 p 26.