Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Conventualismo > Monasteri > Italia  > Fivizzano

CONVENTI agostinianI: Fivizzano

Reliquiario di Fivizzano chiuso e retro

Reliquiario di Fivizzano chiuso e retro

Reliquiario di Fivizzano chiuso di fronte

Reliquiario di Fivizzano chiuso di fronte

 

 

DESCRIZIONE DELL'OPERA

 

 

 

 

Nella Biblioteca Civica di Fivizzano, in provincia di Massa Carrara in Lunigiana, si conserva un reliquiario ligneo dorato, già appartenente agli arredi della Chiesa di San Giovanni Battista nel medesimo luogo. A quest'edificio, fondato nel 1335 da Puccio di Duccio Bosi, era stato annesso il vicino convento di Sant'Agostino, edificato nel 1392 in occasione dell'insediamento dei frati agostiniani in Fivizzano. La demolizione della chiesa a seguito dei danni arrecati dal terremoto del 1920, ha comportato la dispersione di gran parte degli arredi sacri. Fortunatamente il reliquiario si è salvato da questo destino assieme ad altri oggetti, ed è diventato parte del patrimonio pubblico a seguito della soppressione leopoldina del XVIII secolo.

L'oggetto di questo studio è appunto il trittico reliquiario datato al 1584, in base al certificato d'autentica delle reliquie trascritto da Pier Carlo Vasoli nella prima metà del XVIII secolo. [1] La datazione è stata ripresa anche da Antonella Capitanio, in una breve scheda pubblicata recentemente nel catalogo di una mostra dedicata all'arredo dell'ex convento agostiniano. [2]

Il reliquiario è a forma di trittico, dotato di due sportelli laterali muniti di cerniere che ne permettono la chiusura. Lo sportello laterale sinistro è di cm 51,4 x 16,4 x 2,6, quello laterale destro di cm 51,6 x 16,2 x 2,6, mentre il corpo centrale è di cm 51,6 x 32,6 x 7,5. A differenza della ricchezza decorativa che caratterizza la parte interna del trittico, la sua superficie esterna ha un aspetto molto più sobrio e presenta un semplice rivestimento in pelle di colore verde, che nella parte anteriore dell'opera è ravvivata con dei semplici motivi color oro. La superficie interna è impreziosita da una doratura che costituisce la base sulla quale sono poi state realizzate decorazioni pittoriche a motivi vegetali e una serie di vetri trasparenti e colorati, che svolgono quasi la funzione di cornice, delineando spazi al cui interno sono inserite undici miniature realizzate con la tecnica della tempera su pergamena. Le miniature sono disposte su tre livelli. Sul primo in alto compaiono tre miniature, una centrale che rappresenta l'Ultima Cena e due laterali con le immagini dei fondatori della Chiesa S. Pietro e S. Paolo. La prima da destra ha forma ogivale, misura cm 8,4 x 6,5 e raffigura San Pietro riprodotto a mezzo busto, nella tradizionale iconografia con la barba e capelli corti.

Nel corpo centrale una seconda miniatura di dimensioni maggiori (cm 8,6 x 10,2) rappresenta l'Ultima Cena, secondo la sequenza tramandata dagli evangeli e dal Vangelo secondo S. Giovanni in particolare. I commensali discutono animatamente attorno alla figura centrale del Cristo ad eccezione di Giuda che appare estraneo alla discussione. Egli è infatti rappresentato mentre tiene tra le mani un sacchetto di monete, esprimendo la sua funzione nella comunità [3] e sul suo capo manca l'aureola della santità. Sono inoltre riconoscibili anche i due apostoli che siedono ai lati di Gesù, Pietro e Giovanni, che rispondono ad un'iconografia ormai standardizzata da secoli, che vuole Pietro anziano e con i capelli corti e bianchi, mentre Giovanni è ritratto in sembianze giovanili e con i capelli lunghi.

Sulla tavola l'agnello occupa una posizione centrale proprio davanti al Cristo, alludendo all'imminente sacrificio, mentre sullo sfondo, dietro un colonnato, si apre un verdeggiante paesaggio montuoso. La terza miniatura ha forma ogivale, misura cm 8,4 x 6,5 e raffigura di San Paolo di profilo. Il suo sguardo converge sulla miniatura centrale del trittico in modo del tutto analogo a quello di San Pietro, sottolineando il ruolo di primaria importanza rivestito dai due Apostoli, patroni della Chiesa di Roma.. Le immagini della parte alta e quelle poste nel centro del trittico sono separate da riquadri rettangolari che svolgono quasi la funzione di cornici marcapiano. Negli sportelli laterali questi elementi sono decorati con racemi vegetali verdi e rossi, mentre nel corpo centrale del trittico è riportata l'iscrizione: "DUM EORUM MERITA RECOLIMUS / PATROCINIA SENTIAMUS", una chiara invocazione ai santi contenuti all'interno del reliquiario. Nella parte centrale, quattro miniature (ciascuna di cm 12,4 x 8,5) rappresentano momenti salienti della vita di Gesù. In successione partendo dall'anta destra si osservano l'Adorazione del Bambino, Flagellazione, la Resurrezione e la Pentecoste.

L'iscrizione del corpo centrale del Trittico

L'iscrizione del corpo centrale del Trittico

Nella prima miniatura, Maria è inginocchiata davanti al Bambino con le mani giunte in atto di preghiera assieme a Giuseppe.. La seconda miniatura raffigura la Flagellazione. Nessuno dei quattro Evangelisti nel parlare della Flagellazione menziona la presenza di una colonna, limitandosi a dire che il Cristo fu battuto con delle verghe e quindi, anche in questo caso, è stata scelta un'iconografia diffusa anche se difforme da quanto riferiscono i Vangeli. La terza miniatura è dedicata al mistero della Resurrezione. La scena riprodotta segue l'iconografia tradizionale che vede il Cristo alzarsi dal sepolcro vittorioso mentre tra i soldati posti di guardia al suo corpo, si diffonde lo sgomento generale. La Resurrezione è il mistero centrale della religione cristiana, che è anche la promessa della resurrezione dei morti grazie all'equazione "Christianus alter Christus." [4]

L'ultima delle miniature dedicate alla vita del Cristo è posta nell'anta sinistra e raffigura la Pentecoste. Gli Apostoli circondano come in un abbraccio la Vergine, mentre sulle loro teste ardono le fiammelle, simbolo dello Spirito Consolatore promesso dal Cristo, [5] secondo la narrazione degli Atti degli Apostoli. [6]

Nella tradizione cristiana lo Spirito che scende sulle teste degli Apostoli conferisce loro la capacità di parlare tutte le lingue del mondo, elemento indispensabile all'Evangelizzazione dei Gentili. [7]

Come osserva il Rèau [8], si tratta di una vera e propria contrapposizione alla confusione dei linguaggi seguita alla costruzione della Torre di Babele. Tuttavia la critica moderna ha notevolmente ridimensionato l'episodio biblico, al quale è da attribuire soprattutto un significato simbolico. Nell'evento punto di riferimento è la Vergine, alla quale sia la tradizione bizantina che quella occidentale concordano nell'attribuire un ruolo centrale nella scena della Pentecoste. A differenza degli Apostoli, Maria essendo già stata investita dallo Spirito santo nel momento dell'Annunciazione, non ha bisogno di riceverlo una seconda volta. Nella miniatura del trittico di Fivizzano quindi, come nelle altre rappresentazioni della Pentecoste, la Vergine non è colpita dalla lingua di fuoco, simbolo dello Spirito. La presenza di Maria e "di alcune donne" è testimoniata da Luca [9] e anche se non ripete l'elemento dei presenti al momento della discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo, [10] lascia intuire la partecipazione della Madre del Cristo a quella riunione.

Le quattro miniature successive poste su di un livello più basso, sono dedicate alla raffigurazione dei Santi. La prima nello sportello destro riproduce una teoria di dieci santi, identificabili sia grazie ai tradizionali attributi sia per la presenza di brevi iscrizioni. Sono rappresentati nell'ordine: Sant'Agostino, San Francesco, San Gregorio, San Sebastiano, San Giovanni Nepomuceno, San Cristoforo, San Atanasio, San Gerolamo, San Tommaso d'Aquino e Sant'Ambrogio. San Gerolamo ha la veste cardinalizia, San Francesco e San Tommaso d'Aquino sono raffigurati invece con l'abito monacale, San Gregorio porta sul capo la tiara papale, mentre il capo di altri santi è ricoperto dalla mitra vescovile. Le miniature presenti nel corpo centrale del trittico raffigurano due eventi strettamente legati alla committenza dell'opera. Si tratta infatti di santi agostiniani chiaramente inseriti per volontà del committente, Agostino Molari che per tre volte ricoprì la carica di Vicario dell'Ordine di Sant'Agostino. La prima miniatura raffigura la cosiddetta Estasi di Ostia, evento che secondo il racconto agiografico si verificò poco prima della morte di Monica, madre del santo, in quell'agosto turbolento del 387 quando, lasciato Milano, Agostino e i suoi dovettero rimandare il programmato viaggio di ritorno in Africa. [11]

La scena è ambientata in un interno e mostra il Santo e la madre Monica in atteggiamento estatico con lo sguardo fisso rivolto verso l'alto in rapimento mistico davanti alla finestra del giardino, e conferma lo stretto legame che univa il Santo alla madre, fino alla trascendenza ultraterrena. [12]

In lontananza, attraverso un'ampia finestra s'intravede un paesaggio costiero che dovrebbe riprodurre il litorale laziale. Le nuvole, inserite all'interno della stanza dove si trovano i due santi, sottolineano la straordinarietà dell'evento. L'altra miniatura rappresenta San Nicola da Tolentino. Il santo è raffigurato mentre con le mani giunte in segno di preghiera, guarda intensamente il crocifisso. La scena è ambientata all'interno della cella dove la presenza divina è testimoniata da una brillante stella che splende sopra il capo di San Nicola. Sullo sfondo, attraverso una finestra s'intravede un paesaggio boschivo ed una chiesa, probabile riferimento al complesso conventuale di Tolentino, dove il santo passò la maggior parte della propria vita. L'ultima delle miniature inserite nel reliquiario, nell'anta sinistra, raffigura una teoria di sante e martiri, riconoscibili sia grazie alla presenza dei tradizionali attributi, sia tramite delle iscrizioni che ne riportano i nomi.

Anche se le miniature sono il primo elemento che colpisce l'osservatore, in quest'opera il ruolo protagonista spetta in realtà alle reliquie. Infatti le immagini sono in stretto legame con le reliquie. Per lo studio di queste ultime, si è proceduto suddividendo l' analisi dell'oggetto nelle tre parti di cui è composto e cioè le due ante ed il corpo centrale, diversamente dalla lettura per piani orizzontali adottata nell'analisi delle miniature. Nei due sportelli laterali sono conservate rispettivamente cinquanta reliquie, mentre nel corpo centrale se ne contano ben centosei delle quali alle due che fanno riferimento ai santi, Francesco e Giovanni Battista è stata riservata una posizione privilegiata; complessivamente i resti dei santi custoditi in piccoli incavi chiusi da ovali di vetro trasparente ammontano a duecentosei. All'interno di ogni singolo ovale è stato collocato un piccolo cartiglio nel quale è riportato il nome del santo al quale la reliquia fa riferimento, ma a causa del cattivo stato di conservazione dei cartigli non è stato possibile procedere all'identificazione di tutte le reliquie, anche se è accertato che molti resti raccolti nel trittico appartengono a santi in qualche misura legati all'Ordine Agostiniano.

Reliquie di S. Giovanni Battista e S. Francesco

Reliquie di S. Giovanni Battista e S. Francesco

Analizzando i cartigli contenuti negli ovali in vetro con una lente d'ingrandimento è stato possibile risalire ai nomi di alcuni dei santi, i cui resti sono venerati nel reliquiario. Le piccole dimensioni ed il cattivo stato di conservazione dei cartigli negli ovali più piccoli ha infatti impedito la lettura di queste iscrizioni, restringendo il campo di ricerca a quelli degli ovali di maggiori dimensioni, dove sono presenti i resti dei seguenti santi: S. Agostino Vescovo, S. Gerolamo, S. Giovanni Crisostomo, S. Tommaso D'Aquino, S. Alberto Confessore, S. Domenico di Conegliano, S. Francesco, S. Paolo Eremita, S. Antonio Abate, S. Amodeo e S. Rocco Confessore. E' stata attribuita particolare importanza alla parte alta del trittico dove sono poste le due reliquie appartenenti a San Giovanni Battista, patrono della chiesa in cui il trittico era esposto, e a San Francesco. Rispetto alle altre reliquie presenti in gran quantità all'interno dell'opera, a queste due era riconosciuto un ruolo del tutto particolare, come dimostrano sia le dimensioni maggiori (cm 5 x 3,9), sia la posizione primaria a loro riservata. La maggior parte di questi oggetti è infatti conservato dietro delle piccole lenti di vetro, sotto il cui margine è stato inserito il cartiglio con il nome del santo di appartenenza. All'interno di questi ovali sono state inserite le seguenti iscrizioni:, ex cirici S. Ioan. Bat – ex sang. S. Franc.

Leggendo i cartigli degli ovali di medie dimensioni inseriti nella parte centrale del reliquiario è possibile attestare la presenza di una reliquia della Vergine Maria e di quelle dei seguenti santi: S. Andrea Apostolo, S. Egidio, S. Atanasio Martire, S. Eugenio Martire, S. Simone Apostolo, S. Luca Evangelista, S. Cosma e Damiano Martiri, S. Fabiano Martire, SS. CCLXII Martiri, S. Crispino Vescovo e S. Crispino Martire, S. Dionigi e Martire, S. Valeria, S. Cristoforo Martire, S. Pancrazio Martire, S. Severo, SS. XLVI Ponteficium, S. Zenone, S. Pietro, [13] S. Giacomo Martire e Apostolo, S. Agostino, [14] S. Filippo Apostolo, S. Bartolomeo Apostolo, S. Taddeo Apostolo, SS. Innocenti Martiri, S. Ciriaco Diacono, S. Sebastiano Martire, S. Tebeo, S. Vincenzo Martire. Nello sportello sinistro del reliquiario, sono contenute le reliquie d'alcune Sante identificabili dalla lettura dei cartigli in: S. Agnese Vergine, S. Barbara Vergine, S. Lucia Vergine e Martire, S. Apollonia Vergine e Martire, S. Orsola, S. Marta Vergine e Martire, S. Brigida Vergine e Martire, S. Monica Vedova, S. Chiara Vergine, S. Massenzia, S. Afra Martire, S. Cita Vergine. Come emerge dal confronto tra le immagini e le reliquie, il trittico è il risultato di un progetto da ricondursi con ogni probabilità al committente, Agostino Molari, e che ben attiene alle indicazioni date in materia dal Concilio di Trento. Sia gli eventi rappresentati nelle miniature sia le reliquie fanno infatti riferimento a personaggi ed episodi chiave del culto cattolico. Dato che il trittico è stato commissionato da un agostiniano, sia le reliquie che le miniature celebrano in particolar modo i santi dell'Ordine o che comunque hanno avuto contatti con esso. Il trittico esprime con evidenza la volontà del committente di realizzare un oggetto prezioso, in conformità con la "ricerca della visibilità dell'invisibile attraverso l'arte sacra che si accentua nell'età della Riforma cattolica." [15]

I decreti tridentini avevano portato nuova linfa al culto delle reliquie e di conseguenza si era rinnovata l'attenzione alla loro sistemazione all'interno di preziosi contenitori che ne esaltassero il valore con la loro bellezza. Nonostante le raccomandazioni volte ad evitare l'ostentazione della ricchezza, contenute nei decreti del Concilio di Trento, e ripresi dal cardinale Borromeo nelle sue Instructiones, [16] assistiamo alla realizzazione di oggetti estremamente vari per tipologia, forma e materia, nei quali la ricchezza decorativa è un elemento costante. Ciò che si voleva raffigurare era quasi un' apparizione mistica, dalla quale il fedele fosse abbagliato ed attratto, visione che gli consentiva di entrare in contatto diretto con il mondo ultrasensibile di cui il reliquiario era il riflesso terreno. La ridondante ricchezza di decorazioni presenti nel trittico sembra anticipare il gusto barocco. Vetri colorati e ovali in vetro trasparente che lasciano intravedere le reliquie, miniature dai colori vivaci e soprattutto un luminosissimo fondo oro, stanno ad indicare l'intenzione di stupire l'osservatore. Ma la ricerca di sfarzo era già diffusa nel Medioevo, nella convinzione che le opere a carattere religioso dovessero essere realizzate con materiali preziosi per rendere omaggio a Dio, mentre connotare l'oggetto come un qualcosa di eccezionale stava quasi ad indicare che l'utilizzo dei più rari e preziosi materiali, come l'oro e le pietre preziose, potessero proiettarlo oltre il mondo terreno ed avvicinare il fedele a Dio, alla cui maestà si doveva rendere onore con quanto di meglio fosse disponibile, anche in base alla tradizione biblica, per cui Dio stesso, in Genesi, indica il materiale e le misure per la costruzione dell'Arca dell'Alleanza. [17]

 

 

Note

 

(1) - Pier Carlo Vasoli, Osservazioni e Discorsi di P. C. Vasoli da Fivizzano, sopra la precedenza dei Parochi nel sinodo diocesano ..., Ms. cart. Archivio parrocchiale, Fivizzano 1732, pp. 102-110.

(2) - Antonella Capitanio, I sacri vasi in Memorie di un Convento. Opere d'arte dal convento agostiniano alla biblioteca comunale, Fivizzano. Biblioteca Comunale, 29 Giugno-31 Agosto 1996. Fivizzano 1996, scheda n° 5.

(3) - Giov. 14, 6.

(4) - Rèau L., Iconographie de l'Art Chretien, Tomo III Iconographie des Saints, Paris, 1958, p. 539.

(5) - Gv. 14, 16

(6) - At 2, 3-4

(7) - At 2, 1-13

(8) - "Le don des langues accordées aux Apôtres doit réunir ceux que la Tour de confusion avait rendus étrangers les uns aux autres…Par leurs soins…le Seigneur apportera la réconciliation du monde." In L. Réau, Iconographie de l'Art Chrétien, Tomo II, Iconographie de la Bible, cit. pag 4, p 593.

(9) - At. 1-14.

(10) - At. 2-1, 2, 3, 4

(11) - A. Pincherle, Vita di S. Agostino, Roma 1980, p. 88.

(12) - Conf. IX, 10, 24

(13) - Nel cartiglio si precisa che questa reliquia proviene "de veste" S. Pietri.

(14) - Come indica il cartiglio la reliquia è "de paramenti" S. Augustini.

(15) - Antonella Capitanio, Arte orafa e Controriforma: La Toscana come crocevia, Livorno 2001, p. 79.

(16) - Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae," scritte dal cardinale Carlo Borromeo nel 1577, solerte esecutore delle disposizioni conciliari, in cui un'attenzione particolare veniva rivolta agli oggetti sacri affinché fossero tenuti sotto la stretta vigilanza dei vescovi per evitare contatti con il mondo profano.

(17) - Es. 25, 10-22