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Reliquiario della chiesa di Lutwinus, 1228
ANALISI TIPOLOGICA DELL'OPERA
Il trittico in esame si presenta come un tentativo di emulazione dei ben più costosi prodotti di alta oreficeria sacra, la cui presenza è documentata già dal Medioevo.
Confrontando infatti l'opera di Fivizzano con alcuni dei numerosi reliquiari a battenti, prodotti in età medioevale, come ad esempio quello conservato presso la chiesa di Lutwinus, si può osservare la notevole similitudine non solo tipologica, ma anche per quel che riguarda l'ornato e l'uso delle gemme. La tipologia ad ancona con sportelli apribili è attestata in altri oggetti simili realizzati tra il XIV e il XVI secolo. Questa forma, che si discosta dalla più diffusa tipologia a busto, aveva la chiara funzione di nascondere il prezioso contenuto che, per la maggior parte dell'anno restava lontano dagli sguardi dei fedeli, per conferire all'oggetto una maggiore e più misteriosa sacralità. Solo in occasioni particolari, come la festa di tutti i Santi o durante la ricorrenza del patrono, questi reliquiari a trittico venivano posti sugli altari, dove l'apertura delle ante permetteva ai fedeli di vedere, a volte toccare e persino baciare, le teche contenenti le preziose reliquie.
L'appartenenza del trittico di Fivizzano a questa categoria di reliquiari è sottolineata dal fatto che, a differenza della superficie esterna dell'oggetto che è estremamente semplice, la parte interna è riccamente decorata grazie all'inserimento di reliquie che si alternano a vetri colorati e miniature, il tutto ravvivato da un brillante fondo oro. La lavorazione di oggetti d'oro e d'argento, impreziositi dall'inserto di pietre dure, era apparsa già con l'oreficeria bizantina. [18]
Le importazioni di reliquie che seguirono alla crociata del 1204 innescarono un processo di trasformazione di questi oggetti. I nuovi tipi di incastonatura e montatura, servirono ad "inscenare" le reliquie, ad ottimizzare gli effetti desiderati ed a rendere la loro realtà più attuale. Già nel 1205 è attestata nell'abbazia di St. Denis la presenza di preziose reliquie, tra le quali un legno della croce e una spina della corona di spine. I reliquiari costruiti per contenerle seguivano lo stile orientale, con piccoli cassetti per le reliquie dietro a dei vetri, che possono essere considerati prototipi dell'arte gotica. Anche nel convento di Pairis, in Alsazia, si conserva un reliquiario a tavola, frutto dei saccheggi dei crociati, la tavola ornata in oro e pietre preziose conteneva molte reliquie,.accuratamente nascoste. [19] Spesso i reliquiari originali venivano modificati con la volontà di conferire all'oggetto un nuovo e più adatto rivestimento: si creava così l'effetto di una rappresentazione nella rappresentazione, in cui l'antico reliquiario veniva trasformato in reliquia a sua volta. Molto rilevante è anche il caso dei cosiddetti reliquiari della Grande Chasse. Si tratta di alcuni preziosi reliquiari contenuti in un forziere detto appunto Grande Chasse, all'interno della Sainte-Chapelle di Parigi. Questi reliquiari, acquistati da San Luigi intorno al 1240, contenevano ventidue preziose reliquie, tutte provenienti da Costantinopoli, dove erano state raccolte per accrescere la giustificazione del potere imperiale. Il furore della Rivoluzione francese, ha risparmiato solo alcuni frammenti di questi oggetti.Il loro aspetto è stato però tramandato da numerose illustrazioni miniate, grazie alle quali, ancora oggi, è possibile avere un'idea della bellezza di tali oggetti, realizzati con materiali preziosi quali l'oro e le gemme. [20]
Questa produzione artistica era stata fiorente già in età barbarica, ma è soprattutto con il Quattrocento che il gusto per l'antico porta ad un nuovo interesse per questi preziosi manufatti. Nel XVI secolo la qualità e la mole della produzione fiorentina, da cui provenivano i prodotti orafi di più alto livello artistico, fece sì che l'influsso di questa arte dell'oreficeria si diffondesse anche nelle altre regioni d'Italia, in primo luogo nella Roma pontificia. In questo periodo infatti a Roma affluivano artisti provenienti soprattutto da Firenze, attirati dalle ricche committenze di pontefici e cardinali. L'analisi degli elementi stilistici e dei documenti inerenti il trittico reliquiario di Fivizzano ha permesso di ipotizzare un'appartenenza dell'oggetto proprio all'ambito culturale romano. L'attrazione per il colore e la materia preziosa, caratterizzò tutta l'oreficeria del Cinquecento e la produzione artistica di arredi sacri si concentrò su oggetti argentati, dorati, tempestati di gemme, messi in risalto dalla luminosità del cristallo e ravvivati dallo splendore di smalti e pietre dure. [21]
Questa tipologia di oggetti ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli, soprattutto in virtù del fatto che "… l'altare, in modo del tutto particolare l'altare maggiore di una chiesa, è quello più soggetto a cambiamenti. Anche a prescindere da tutto ciò che può accadere in epoche di mutamenti religiosi e di iconoclastia, l'altare possiede infatti un adulatore particolarmente esitante, vale a dire il gusto mutevole degli stessi credenti che rischia di trasformarlo e rinnovarlo completamente". [22] Questo fattore condizionò la sopravvivenza o la scomparsa di molti arredi liturgici e in primo luogo degli altari. La sopravvivenza di un altare dei primi secoli alle ricorrenti trasformazioni di una chiesa è infatti di rado dovuta a circostanze fortuite, mentre assai più spesso è dovuta alla devozione dei fedeli che identificano nell'oggetto il simbolo di un'antica tradizione di culto. Per quanto riguarda la concezione dell'altare, la liturgia occidentale appare profondamente diversa da quella orientale. In quest'ambito la liturgia bizantina non ha alcuno influsso su quella italiana, infatti "Ancora oggi, l'unico altare presente nella Chiesa greca non accetta infatti nessun ornamento dipinto sulla tavola della mensa, cosicché si può dire a ragione che l'iniziativa di porre sull'altare la tavola dipinta – in primo tempo probabilmente piccola, poi grande - sia stata una peculiarità italiana". [23] Resta ad oggi incerta la data in cui ciò sia avvenuto per la prima volta, soprattutto per il fatto che, i primi esempi del genere, probabilmente di dimensioni e qualità modeste, vennero rapidamente sostituiti da opere più imponenti, come le pale duecentesche.
Inizialmente il soggetto più diffuso in questo genere di opere era quello della Madonna, la cui bellezza femminile incarnava il simbolo del sublime. Essa compare già nel XII secolo e "…si impossessa generalmente della decorazione sopra l'altare sotto forma di grandi tavole dipinte. Ben presto, particolarmente in tempi di guerra o di lotte civili, diventa essenziale che ogni cattedrale abbia sull'altar maggiore un'immagine della patrona della città come rappresentazione dell'autorità e della consolazione suprema". [24] Le opere più antiche sono purtroppo andate perdute, ma si conservano ancora degli esempi di questa produzione artistica, tra le quali merita di essere ricordata la Maestà di Duccio presso Siena. Ben presto però accanto alla figura della Vergine si affianca l'immagine del santo cui è dedicato l'altare, dapprima come figura isolata circondata dagli episodi salienti della propria vita. Già a partire dal XIV secolo però la tavola isolata viene gradualmente sostituita, specie negli altari più importanti, dal polittico. Nel linguaggio artistico moderno questo termine designa un'opera per l'altare, costituita da più pannelli, il cui utilizzo è documentato sino al Cinquecento nelle forme più varie.
"Come avviene per l'altare marmoreo, anche qui la molteplicità e la varietà fanno la loro comparsa, malgrado Cristo e la Madonna con angeli continuino spesso ad occupare la tavola centrale, mentre sulle ante laterali appaiono delle scene narrative piene di figure o, più comunemente, di figure di santi isolati, siano essi i particolari protettori della chiesa o della confraternita corrispettiva o i santi le cui reliquie sono conservate in quell'altare". [25]
Le ancone non prevedono la possibilità di chiudere i pannelli che le compongono, mentre nel caso di polittici con ante mobili si tratta di altaroli per la devozione privata o destinati agli altari minori, ipotesi avvalorata anche dalle dimensioni ridotte che generalmente caratterizzano tali oggetti. Con la seconda metà del Trecento si assiste ai primi tentativi di scomporre la forma dell'ancona per passare ad una nuova tipologia di pala d'altare che nel Quattrocento, porterà alla diffusione della pittura su campo unificato. L'unificazione della scena permette la creazione di un'immagine unitaria, in grado di suscitare l'impressione di una maggiore compartecipazione tra i personaggi dipinti.
Collezione privata, Antiquariat Heribert Tenschert,
cat. Antiquariat Heribert Tenschert XXV, 1990
L'ultima trasformazione della pala d'altare, ormai alle soglie del Cinquecento, prevede l'inserimento di una "... lunetta semicircolare o quasi, incorniciata separatamente e divisa dalla pala principale tramite la trabeazione. I soggetti che più comunemente si incontrano in queste lunette sono Dio padre benedicente con angeli e il compianto sul Cristo morto; qualche volta, se non era già soggetto della tavola principale, veniva raffigurata anche la Madonna con angeli e santi". [26]
Uno dei soggetti più diffusi era proprio la Madonna al centro di santi, che costituiva l'immagine miracolosa nel senso più stretto della parola e che dominò la pittura d'altare del XV secolo per raggiungere la diffusione più consistente nel XVI secolo. Molto ricorrenti erano anche le raffigurazioni della Sacra Famiglia e degli episodi della Vita di Gesù e della Vergine, spesso collocati al centro della composizione. Negli altari dedicati a un particolare santo la posizione centrale era invece occupata dalla figura del personaggio celebrato, frequentemente circondato da altri santi. Anche la resa dello spazio acquista ben presto una certa rilevanza specie dal XV secolo. Le nuove regole prospettiche trovarono la loro prima applicazione nella rappresentazione del trono della Vergine e degli interni architettonici. Comincia a farsi spazio la resa prospettica, mentre quella frontale lascia il campo a scorci e immagini in profondità. Ne abbiano esempio anche nel trittico di Fivizzano dove nelle miniature dell'Ultima Cena, della Pentecoste e della Flagellazione il punto di vista è collocato quasi all'altezza del bordo inferiore, cosicché il pavimento appare in uno scorcio molto accentuato. Con il XV secolo, oltre al raggiungimento dell'unità dello spazio creata dalla prospettiva geometrica, viene introdotta una nuova unità della luce."
Questa condizione si verifica nelle pale d'altare molto prima che negli affreschi, e fu dalle pale che l'illuminazione coerente si diffuse appunto ad altri generi della pittura". [27] Con questo nuovo stile le figure vengono modellate grazie ad una sempre più abile resa della luce e dell'ombra, che conferiscono ai lineamenti dei volti, agli abiti ed ai panneggi una piena vitalità e verosimiglianza.
Le miniature inserite all'interno dell'altarolo di Fivizzano presentano infatti sia scene con sfondo dorato, che si ricollegano quindi ad una tradizione più antica, sia immagini ambientate all'interno di spazi reali dove arie e nuvole sono rese in maniera realistica. Altro elemento fondamentale è la presenza nelle pale d'altare realizzate in Italia nel XV secolo di un contenuto narrativo, spesso molto articolato. La pittura, per gli altari, si trovò avvantaggiata dalla tradizione rappresentata dagli affreschi delle chiese dove si trovavano abbondantemente illustrate le scene del Vecchio e Nuovo Testamento. L'illustrazione di interi cicli di storie sacre, dai muri delle chiese ai manoscritti miniati, aveva creato un consenso generale sulla scelta di alcuni temi. Inoltre spesso le stesse botteghe che realizzavano gli affreschi, erano coinvolte nell'esecuzione delle pale d'altare. La scelta dei soggetti di rado veniva attuata dagli artisti, dato che la committenza, quasi principalmente interna alla Chiesa, non lasciava margine per la libera espressione artistica che veniva vincolata alla rappresentazione di soggetti ben stabiliti. A partire dal Trecento, tra i temi che trovarono la maggior diffusione nelle pale d'altare vi sono soprattutto le scene della Passione. Nelle scene raffigurate sulle pale, gli spazi limitati non permettevano certo la realizzazione di scene che avessero la grandiosità e la sacralità dei grandi affreschi presenti nei refettori dei monasteri, dove questo tema raggiunse la massima diffusione, ciò nonostante l'abilità di numerosi artisti permise loro di realizzare opere eccezionali.
Tra i vari momenti che era possibile raffigurare spesso, ed anche il caso della miniatura del trittico di Fivizzano, veniva scelto per il suo potenziale drammatico quello in cui Cristo annuncia il tradimento, l'Unus vestrum. La figura del Cristo risorto, vestito del sudario e talvolta con lo stendardo della vittoria, è un altro dei temi ampiamente utilizzato nelle immagini delle pale. Degno di nota è quanto ricorda il Burcardt a tale proposito: "… Interessante è notare che le pale non seguono la versione evangelica, infatti, invece di Cristo, dovrebbero mostrare un angelo possente che fa rotolare via la pietra della tomba…Secondo il Vangelo di Matteo, è l'angelo e non Cristo a far tremare di paura le guardie". [28]
Negli altari dedicati allo Spirito Santo, era poi un tema obbligato quello della Pentecoste. Anche in questa scena, peraltro presente nel trittico di Fivizzano, la figura della Vergine occupa il centro della composizione. La rappresentazione dei santi all'interno delle pale prevedeva invece la raffigurazione dei personaggi con gli attributi del martirio. Verso la fine del XVI secolo si "... diffuse una tendenza verso la produzione di massa che ebbe per risultato un aumento della quantità a spese della qualità ... le vecchie chiese furono velocemente decorate di nuovo con cicli estesi ... i soggetti idealizzati e contemplativi del periodo precedente cedettero il passo a un'accentuazione pesante degli elementi drammatici e narrativi." [29]
L'epoca delle pale d'altare era ormai al tramonto. La ricchezza decorativa che caratterizza gli altari nel Rinascimento e nel Barocco, non permette più alle pale d'altare di occupare quella posizione di spicco di cui avevano goduto sino a questo memento. L'introduzione di cornici architettoniche di dimensioni monumentali, impreziosite dalla presenza di trabeazioni, statue e tabernacoli per il Sacramento, finirono per rendere quasi invisibili anche le pale d'altare più vistose.
Note
(18) - B. Bini, Sviluppo delle tecniche orafe, Dal bizantino agli smalti di Limoges, in "Antichità Viva", vol. I, 9, p. 16, Firenze 1962.
(19) - H. Belting, Die Reaktion der kunst des 13. Jahrhunderts auf den import von reliquien und ikonen, Orient und Okzident nach 1204, in H. Belting, Il Medio Oriente e l'Occidente nell'Arte del XIII secolo, Comité International d'Histoire de l'Art, Atti del XXIV Congresso Internale di Storia dell'Arte, Bologna 1980, p. 35-47.
(20) - AA. VV., Les trésor de la Sainte-Chapelle, Catalogne de l'exposition réalisé au musée du Louvre, Paris, 31 mai 2001- 27 aout 2001, Paris, 2001, pp. 113-133.
(21) - A. Lipinsky, Oro, argento, gemme e smalti. Tecnologia delle arti dalle origini alla fine del Medioevo, 3000 a.C.-1500 d.C., Firenze, 1975.
(22) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto, a cura di M. Ghelardi e Susanne Muller, Venezia, 1994.
(23) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto, cit. p. 16, p. 20
(24) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto. cit. p. 16, p. 22
(25) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto, cit. p. 16, p. 26
(26) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto. cit. p. 16, p. 33
(27) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto. cit. p. 16, p. 42
(28) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto. cit. p. 16, p. 149
(29) - J. Burckhardt, L'arte italiana del Rinascimento, La Pala d'altare, Il ritratto. cit. p. 16, p. 159