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FOCA ACCETTA: LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI E LA PROVINCIA DI CALABRIA

Il monastero agostiniano di Paola

Monastero di Paola

 

 

LA CONGREGAZIONE DI S. MARIA DI COLLORETO

di Foca Accetta

 

da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXVII (2004)

 

 

 

L'altra congregazione d'osservanza nata in Calabria è quella di S. Maria di Colloreto, fondata nel 1545 da padre Bernardo Milizia da Rogliano (1519-1602) e approvata da Pio IV, con la bolla Cum a nobis petitur del 23 marzo 1561 (F. RUSSO, Il beato Bernardo di Rogliano e la Congregazione Agostiniana di Colloreto, in "Calabria Nobilissima", XXXV, n. 78-79, pp. 51-62. Inoltre Cfr. L. TUFARELLO, Vita del P. Bernardo a Rogliano, Cosenza 1610; D. MARTIRE, Calabria sacra e profana, vol. II, Cosenza 1878, pp. 136-143; A. GUARASCI, Fra Bernardo Milizia da Rogliano e gli Agostiniani, in "Cronache di Calabria", IX (1969), pp. 41-58; B. CAPPELLI, Il monastero di Colloreto, in "Magna Grecia", VII, n. 3, pp. 7-8)

L'aggregazione all'Ordine agostiniano, richiesta nel 1592, fu accolta il 15 aprile 1604 dal priore generale Ippolito Fabriani (AGA, Aa VII, f. 214 e seg.) e confermata da Paolo V con la costituzione Ad ea pro nostri del 27 aprile 1606 (B. VAN LUIJK, L'Ordine agostiniano e la riforma, cit., vol. XIX (1969), p. 361) La congregazione, sviluppatasi in Calabria e Basilicata (M. A. RINALDI, Gli ordini religiosi nell'area salernitana-lucana al tempo di Seripando, in A. CESTARO (a cura), Geronimo Seripando, cit. pp. 539-63), ebbe un rapporto molto contrastato con i superiori dell'Ordine dovuto soprattutto all'indisciplina e corruzione che presto erano subentrate ai primi comprensibili fervori. Un riscontro relativamente al tono e allo stato dell'osservanza religiosa nella congregazione viene da una dichiarazione sottoscritta da alcuni religiosi: "Le ordinationi lasciate dal sudetto loro fondatore si obligarono tutti quei primi religiosi osservarle e farle in posterum con puntualità osservare da tutti quelli [che] professeranno in detta Congregatione; ma non essendo trascorsi molti anni, pur tuttavia si vive al giorno di hoggi con largezza si perniciosa e larga che di tutto che sta in quelle ordinato se ne osserva cosa niuna; anzi ne' luoghi, ove si è loro convento che sono al numero di dieci e questi in Calabria, Basilicata, uno in Napoli et un altro nello stato di Madalone, si portano si scioccamente che in vece di essere di edificatione, son di molto scandalo a popoli, andando soli per gli habitati, usando vesti e cammiscie di lino, calzetti, lenzuoli, materassi e maneggiando denari, fatti a fatto proibiti dalle suddette ordinationi; e (che è peggio) non vivendosi con quella carità si doveria nelle maggiori necessità; [...] atteso penitus non si cura di provvedere i padri e i frati se non di stima, delle vesti necessarie e di scarpe; ne tampoco i poveri infermi di medici e necessarie medicine, in guisa che si prattica alla giornata comunemente, che è d'uopo ad ogni frate procurarsi vesti e scarpe fuori della Congregatione, e nell'infermità o patire non poco, o spendere del suo, chi ne ha, o ritirarsi a casa di parenti; a segno che molti frati sino al giorno d'hoggi sono stati astretti da tal forma di vivere ad apostatare dalla detta Congregatione. Ne essendovi persona di lettere giammai in questo misero giardino cavar potrarsi frutto alcuno per l'anime, né figura veruna nella chiesa di Dio [...]. E di più i religiosi di detta Congregatione molti pochi, in guisa che non arrivano al numero di 40 sacerdoti; alcuni che sono eletti priori per mezzo di signori secolari vi si mantengono per più e più anni in modo che sembrano piuttosto perpetui Abbati che Priori con discapito grande ed evidenza d'inosservanza de' nostri instituti (AGA, Aa VII, f. 200rv).

Falliti i tentativi di una riforma il priore generale si vide costretto a rinunciare alla congregazione ed inoltrò richiesta alla Santa Sede per essere dispensato. Il relativo decreto, emanato dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari il 20 dicembre 1629, confermato da Urbano VIII con breve del 20 marzo 1630, nel quale specificava che il priore generale degli agostiniani aveva rinunciato, di sua spontanea iniziativa, all'aggregazione della congregazione di Colloreto al suo Ordine e che il papa, ammettendo tale rinuncia, sottoponeva i membri del movimento alle dipendenze dei vescovi nelle cui diocesi ricadevano i conventi, con la proibizione ai superiori di ammettervi alla vestizione dell'abito e alla professione altre persone senza il permesso dell'ordinario (F. Russo, Regesto, cit., vol. VI, 1982, p. 243, n. 30633; C. ALONSO, Bullarium Ordinis Sancti Augustini. Regesta, vol. VI (1621-1644), p. 138, n. 391) I membri della congregazione compresero la gravità del decreto pontificio e le conseguenze che poteva avere sull'esistenza stessa del movimento, perché non assicurava, da parte dei vescovi, l'adozione di una comune linea di condotta. Così, il 24 aprile 1631, decisero di inviare a Roma il vicario generale p. Giosefatto da Nucera "per trattare cose necessarie, utili et importantissime per detta congregatione, costituendolo sopra di ciò procuratore et che possa trattare tanto la nova unione con la Religione Agostiniana appresso il Padre Rev.mo Generale di detta Religione quanto in ogni altra cosa che li parerà espediente appresso la sacrosanta sedia apostolica" (AGA, Aa VII, f. 208). La missione del padre vicario ebbe come risultato il breve Inter coeteras del 24 aprile 1632, con il quale Urbano VIII decise che la congregazione di S. Maria di Colloreto fosse sottoposta all'unica giurisdizione del vescovo di Anglona "cum facultatibus necessariis et opportunis, pro maiore dictae Congregationis utilitate" (F. Russo, Il beato, cit., p. 57).

Tuttavia i colloretani non si rassegnarono all'idea di rimanere al di fuori dell'Ordine scelto dal fondatore. Alla Congregazione dei Vescovi e Regolari venne inviata una supplica, sottoscritta da numerosi religiosi, con la quale si domandava un "Breve da Sua Santità, che tutti li frati di detta Congregatione possìno unirsi nella sacra Religione di 5. Agostino sotto la di cui Regola professano" (AGA, Aa VII, f. 200v). L'iniziativa ebbe successo; infatti, Urbano VIII con il breve Romanus pontifex del 23 dicembre 1634 di nuovo concedeva alla congregazione di S. Maria di Colloreto di aggregarsi all'Ordine agostiniano (F. Russo, Il beato, cit., p. 57; C. ALONSO, Bullarium, vol. VI, p. 210, n. 603). La pubblicazione nel 1636 degli Statuti seu Costitutioni della Congregatione di S. M. di Colorito, scritti dal fondatore p. Bernardo Milizia, alla luce degli eventi sopra descritti, assume un significato più profondo del semplice fatto in sé, vuole significare l'identificazione del movimento nello spirito del suo fondatore e il tentativo di riportare la congregazione al primitivo fervore (Appendice 4). Confrontando la Riforma degli zumpani e gli Statuti dei colloretani è possibile cogliere le principali caratteristiche, le affinità e le distanze che connotavano le congregazioni d'osservanza nate in Calabria. Le affinità che si possono rinvenire riguardano in particolare l'osservanza religiosa, poiché le norme contenute nei due testi sono uniformate a quanto stabilito dalle costituzioni dell'Ordine del 1581 e dalle disposizioni di Clemente VIII, circa la vita in comune, la recita dell'Ufficio, la povertà, la castità, l'ubbidienza, la cura degli infermi, la formazione dei sacerdoti, e infine l'adozione dell'abito nero. Le differenze, invece, sono dovute al tipo di organizzazione interna e alle particolari forme cultuali e devozioni adottate dalle due congregazioni

(Per le affinità e le specificità dei due movimenti Cfr.: M. MARIOTTI - F. ACCETTA, Per uno studio della riforma agostiniana in Calabria, cit.)