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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Conventualismo > Saggi e studi storici > Gli ZumpaniFOCA ACCETTA: LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI E LA PROVINCIA DI CALABRIA
Monastero di Paola
LA RIORGANIZZAZIONE DELL'ORDINE E LA FINE DELLE CONGREGAZIONI D'OSSERVANZA
di Foca Accetta
da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXVII (2004)
Un altro problema che i superiori dell'Ordine dovettero affrontare subito dopo l'attuazione della bolla del 1652 fu quello di definire il tipo di organizzazione nel quale inquadrare i conventi superstiti, perché non era possibile mantenere la preesistente struttura con un ridotto numero di conventi. A tal fine nel 1662 il priore generale ordinò la convocazione di "Un capitolo privato da chiamarsi in Catanzaro coll'intervento del provinciale e de' due vicari generali, insieme con altri padri di più maturo giudizio, sotto la direzione del p. maestro Antonio Visconti [...] col consiglio di fra Filippo Visconti, altre volte generale dell'Ordine ed allora vescovo di Catanzaro" (G. FIORE, Calabria illustrata, Napoli 1743, vol. II, p. 385.
Sulla figura di Filippo Visconti già priore generale degli agostiniani e vescovo di Catanzaro (1657-1664) Cfr. F. ACCETTA, Le "confessioni" e "confusioni" di un agostiniano milanese presule in Calabria. La corrispondenza di Filippo Visconti vescovo di Catanzaro (1657-1664), in "Analecta Augustiniana", LXII (1999), pp. 5-124). Le decisioni adottate dal capitolo, e cioè l'abolizione della congregazione degli zumpani e la creazione di due province con il nome di Provincia di Calabria Citra e di Calabria Ultra, furono approvate da Alessandro VII con il breve Militantis ecclesiae del 30 settembre 1662 (F. RUSSO, Regesto, vol. VIII, 1984, n. 39670). Le due province erano formate complessivamente da 29 conventi; in particolare 16 costituivano la Provincia di Calabria Ultra e 13 la provincia di Calabria Citra.
CONVENTI AGOSTINIANI IN CALABRIA NEL 1662
Provincia di Calabria Ultra | Provincia di Calabria Citra | |
Acquaro | Belvedere | |
Belforte | Bucchigliero | |
Bruzzano | Castiglione | |
Castelvetere | Cosenza | |
Catanzaro | Fuscaldo | |
Feroleto | Martirano | |
Francavilla | Melissa | |
Monteleone | Nocera | |
Papanice | Paola | |
Pizzo | Strongoli | |
Reggio | Tarsia | |
Soverato | Terranova | |
Spatola | Zumpano | |
Terranova | Varapodio | |
Vazzano | Varapodio |
Nuovi sintomi di rilassamento, antichi abusi, lotte e intrighi per ottenere incarichi di primo piano riemersero nella seconda metà del secolo XVII nelle due province. Il priore Fulgenzio Travillone, per contenere il decadimento morale della provincia di Calabria Citra, il 15 ottobre 1687 emise un decreto che, oltre a determinare le tasse e le collette a carico dei Conventi, ordinava "inviolabili observantia Decretum Capituli generalis anni 1685 tum quo ad ea quae Divum cultum, Religionis Observantias, tum quae gubernationem spectaverint, sub poenis quae iisdem ipsis decretis praescribuntur" (AGA, Aa XI, f. 98).
Nella provincia di Calabria Ultra la situazione era molto più complessa; al suo interno erano divisioni e rivalità che nel corso dei capitoli provinciali tenuti tra il 1690 e il 1697 si concretizzarono in scontri tra opposte fazioni, pressioni di signori laici, intervento di armati (Per le controversie insorte nei capitoli provinciali del 1690, del 1692 e del 1697 cfr. AGA, Aa XI, ff. 634-635, 647-650, 673-83; Archivio di Stato di Vibovalentia, notaio Francesco Valente, atto del 26 aprile 1692). Il priore generale con il breve Ex commissae nobis del 17 aprile 1703 ottenne l'autorizzazione a nominare il provinciale e il definitorio (B. VAN LUIJK, L'Ordine agostiniano e la riforma monastica, in "Augustiniana", XXII (1972), p. 298).
Tuttavia la nomina del napoletano p. Guglielmo Aniello a provinciale di Calabria Ultra venne contrastata dal p. Tommaso Carnevale che, autoproclamatosi "Procuratore dei Padri Zelanti della Provincia di Calabria Ultra", produsse ricorso presso la Congregazione sullo Stato dei Regolari (AGA, Aa XI, f. 592). Circa la situazione in Calabria Ultra dopo l'elezione del p. Aniello il procuratore generale dell'Ordine, a cui la congregazione pontificia aveva chiesto chiarimenti, in una lettera del 2 ottobre 1703, scrive: "per ubbidire ai benegnissimi comandi dell'EE. VV. […] devo riverentemente rappresentarle che il qualificarsi che fa l'orante [il p. Carnevale] d'essere Procuratore de' Padri Zelanti della Provincia di Calabria Ultra è una sua vanità senza fondamento [...]; nella detta Provincia non vi sono religiosi non Zelanti e Zelanti, ma tutti sono vissuti da alcuni anni in qua in santa pace et unione in cui si viverebbe ancora se non fussero stati turbati dall'orante insieme con due o tre huomini inquieti sollevati da lui per suoi fini particolari et in questi consiste tutta la massa de' Padri Zelanti, essendosi ricevute lettere dai religiosi più qualificati della Provincia, et anche universalmente dagli altri, che detestano la mossa et operationi dell'orante e si dolgono acremente d'essere da lui maltrattati con li sopranomi di scandalosi e processati" (AGA, Aa XI, f. 594). Negli stessi anni in cui si verificavano questi scontri poco edificanti si registrano anche iniziative tendenti ad aumentare il numero delle sedi di noviziato e a provvedere più efficacemente alla formazione di nuovi sacerdoti. Nelle lettere inviate al priore generale, i priori di Calabria Ultra sottolineavano la necessità di avere "un altro luogo di Noviziato, mentre per la lontananza del convento di Catanzaro destinato all'educazione de' novitii, [la provincia] viene a restar priva di molti buoni soggetti che desiderebbero essere ammessi all'abito della religione" e indicavano quale sede dell'istituendo noviziato i conventi di Francavilla, Soverato e Terranova, poiché "più commodi e più conformi alli decreti e costitutioni apostoliche" (AGA, Aa XI, f. 628).
Per quanto riguarda l'osservanza religiosa all'interno dei conventi un certo interesse suscitano la visita compiuta nel gennaio 1700 e le richieste d'informazione avanzate dalla Congregazione sullo Stato dei Regolari ai priori di Feroleto e di Morano. Dall'esame degli atti della visita, eseguita da p. Giovan Battista di Melfi provinciale di Puglia e da p. Raffaele Agostino Loyola da Altamura, si nota che essa si svolse seguendo le modalità precedentemente illustrate e con il medesimo questionario sottoscritto dai religiosi, mentre più articolata appare l'indagine informativa della congregazione pontificia (La visita del 1700 e il questionario della Congregazione dei Regolari, inviato nel 1701 ai priori dei conventi di Feroleto e di Morano, si trovano in AGA, Aa XI, ff. 532-569; Aa VII, ff. 50-60).
Nel complesso lo stato e il tono della vita religiosa sembrano più elevati rispetto a quanto riscontrato nelle altre visite, anche se non mancano frati accusati di concubinato o di eresia (AGA, Aa XI, ff. 535, 547). Al contrario la congregazione di S. Maria di Colloreto versava in "un cronico rilassamento", per l'intromissione dei baroni locali che imponevano superiori di loro gradimento. Nel 1675 il papa, con il breve Cum sicut pro parte, autorizzava il priore generale Nicola Oliva a nominare direttamente il vicario e il definitorio, perché il capitolo non si poteva celebrare "libere et rite propter baronorum et aliarum personarum protectionem" (F. RUSSO, Il beato, cit., p. 58). Il provvedimento non assicurò un miglioramento dell'osservanza all'interno della congregazione colloretana, anzi la situazione diventava sempre più difficile per l'indisciplina, i soprusi e la mancanza di un minimo impegno religioso.
In un memoriale, presentato il 7 gennaio 1697 da p. Tommaso da Saracena al visitatore p. Vincenzo Mormile, si legge: "in nessun nostro convento si dice di continuo il Divino Officio [...]; li padri e frati non si confessano come comandano le nostre Costitutioni; non si osserva nessuna carità circa la cura degli infermi e poi alcuni religiosi vi à tutto quello è di necessario et alcuni per non morire da disperati si ni sono annati nelle loro case [...]; nessuno osserva il digiuno come comandano le nostre costitutioni il mercodì, il venerdì e il sabato; [...] vi è ignoranza crassa atteso li superiori non hanno vigilato sopra li studenti, nemmeno ci hanno ammessi quelli abili; hanno occupato in luogo di studente [quelli] che non hanno studiato e nemmeno hanno li principi, oggi intendono la teologia; li studenti che vi sono non intendono il latino; [...] il loro studio non è stato altro che fare l'amure a si puntani; [...] li priori si fanno per aver il voto in Capitolo mentre nelli loro Priorati non ci vanno, oppure li fanno priore per dominare chi si fa [...]. Nella congregazione non vi è altro che fumo, ignoranzia, superbia, maldicenze, abonda di vitij e li nostri padri e frati non attendono ad altro che a dare male esempio atteso [che] pochi religiosi sono che non hanno avuto e tengono il morbo gallico; vi sono religiosi che tengono figli [...].
In nessun modo si fa conto delli bolli e decreti pontifici con trasgredirle tutti senza fare conto delli scomuniche. [...] La nostra congregazione poi è ridotta fabola e ludibrio de' secolari per la mala vita de' religiosi e scandali sortiti alla giornata di ogni genere e siamo mostrati a dito in tutte le parti e precise dove sono nostri conventi" (AGA, Aa VII, ff.156-157r). Per non interrompere definitivamente ogni rapporto con l'Ordine agostiniano - nel 1727 il priore generale aveva ventilato la possibilità di abolire la congregazione - venne presentato un piano di riforma, in occasione del capitolo intermedio celebrato il 18 aprile 1728 nel convento di S. Agostino di Benevento (Appendice).
Nel documento, elaborato dal delegato apostolico mons. Giovanni di Nicastro vescovo di Claudiopoli, si sottolinea la necessità di applicare la normativa post-tridentina sulla formazione dei novizi e di non ammettere al noviziato "se non chi esaminato diligentemente almeno nella grammatica e nell'artemetrica sia stimato idoneo per apprendere poscia le altre scienze nella Congregazione Coloritana" (Appendice, art. II e VII). Per superare le difficoltà pratiche, connesse al problema della preparazione e formazione dei novizi, quale la "scarsezza di Lettori", si prospetta la possibilità di domandare al priore generale di "concedere ad tempus due idonei lettori, uno di teologia e l'altro di filosofia" (Appendice, art. IV).
Inoltre, si fa obbligo al vicario generale di garantire e di provvedere che vi sia "in ogni convento, ed in ispecie ne' conventi destinati allo studio, un religioso perito nel canto gregoriano, il quale possa ben insegnarlo ai giovani" (Appendice, art. IX). Il completamento degli studi è considerato condizione indispensabile al fine di ricoprire in futuro incarichi di governo "anche di semplice priore". In tal modo si cerca di porre un freno alle ingerenze dei signori laici che facevano eleggere personaggi culturalmente impreparati e di dubbia reputazione. Per quanto riguarda l'indisciplina e gli abusi, si chiede una maggiore sorveglianza da parte dei priori e del vicario generale e una pronta ubbidienza dei singoli frati "virtutis amore e non già formidine poenae". Tuttavia, questi provvedimenti non migliorarono la vita conventuale e l'osservanza religiosa all'interno della congregazione di S. Maria di Colloreto.
Il priore generale Agostino Gioia non trovò altro rimedio che chiedere l'immediata soppressione, decretata da Benedetto XIV con il breve Assidua pastoralis officii del 6 ottobre 1751 (Sulla vicenda della soppressione Cfr. F. RUSSO, Il beato, cit., pp. 58-62). A seguito della soppressione gli elementi migliori passarono alla provincia di Calabria e alla congregazione Napoletana (B. VAN LUJK, L'Ordine agostiniano e la riforma monastica, in "Augustiniana", XXII (1972), pp. 285-286).