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FOCA ACCETTA: LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI E LA PROVINCIA DI CALABRIA

Il monastero agostiniano di Paola

Monastero di Paola

 

 

LA VITA RELIGIOSA NEI CONVENTI: LE RELAZIONI DEI VISITATORI GENERALI E LA RIFORMA DELLA CONGREGAZIONE ZUMPANA DEL 1584

di Foca Accetta

 

da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXVII (2004)

 

 

 

Nei superiori dell'Ordine esisteva il timore che il tentativo di ripristinare la regularis observantia nella sua pratica applicazione si rilevasse un fallimento. La corrispondenza intercorsa tra il priore generale e il vicario della congregazione, nel periodo immediatamente successivo, conferma tale preoccupazione. Ad esempio, il 3 marzo 1570 il priore generale diede precise istruzioni per eliminare durante la celebrazione del capitolo comportamenti che suscitavano scandalo tra i laici e confusione tra i religiosi: "perché nel tempo del capitolo della congregatione tal'hora li frati sogliono per loro particolari affetti scordarsi et del bene et dell'honore delli monasterij et del commodo pubblico et ben spesso lasciano li conventi senza frati onde spesso tra il popolo cagionasi scandalo et si da occasione di mormarationi, et in capitulo sono causa di confusione et disturbo, per questo acciò et all'uno et all'altro si dia giusto et opportuno rimedio, ordiniamo [...] et commandiamo [...] sotto pena di ribellione et di escomunicatione che nessuno vadi al capitolo eccepto il priore et il discreto; et dove sono tre sacerdoti uno debba restare, et dove ne sono due soli, il priore vada et l'altro resti. Et quelli come discoli poco temeranno delli superiori li commandamenti, non havendo licentia, da se veniranno, ordiniamo che in capitolo non habbino altrimenti voce; et quando altrimenti si faccia oltre che ci sarà molesto non mancheremo anco di procedere col rigore della giustitia contro quelli che così meriteranno". In un'altra successiva lettera del 26 febbraio 1571 i toni sono molto più distesi, ma sostanzialmente fermi nel ribadire il concetto di riforma: "il più efficace segno d'amor ci potreste mostrare et che voi stiate in pace et non consumate l'uno all'altro con insidie, calunnie et false imputationi et che attendiate a vivere religiosamente con timor di Dio et con li esempi con le buone opere; il che doviate fare voi per essere religiosi et far professione de' vita più riformata; lasciate stare le gare, le contestationi, le conventicole che parturiscono se non inimicitie, odi, sdegni. Daremo ordine di quello che si haverà da fare nel capitolo vostro de la Congregatione, che non volemo altro se non che la Congregatione sia ben governata, la quale sarà governata da voi altri, non ce manderemo forestieri, ma facciate altramente saremo sforzati servirci da quelli che la govemeranno bene". Per verificare la reale osservanza delle costituzioni agostiniane nei conventi calabresi sono interessanti gli atti delle visite compiute dal p. Felice da Napoli e dal priore generale Spirito Anguisciolo, rispettivamente nel 1576 e nel 1584. Infatti, i visitatori, dopo aver ispezionato chiesa e locali conventuali, sottoponevano ai singoli frati un questionario, poi sottoscritto dall'interessato, tendente ad accertare lo stato e il tono della vita religiosa della comunità. Le domande erano formulate in questi termini:

1. "se il priore o altro frate di questo convento fosse persona scandalosa o di cattiva vita";

2. "se il priore faceva servir bene la chiesa et trattava bene li frati";

3. "se lui sapeva che frate alcuno facesse faccende di bestiame o havesse dinari fuora dati a secolari";

4. "se lui haveva robbe stabili o mobili o dinari";

5. "se lui haveva a dar querela ad alcuno et si l'occorreva dirmi cosa alcuna".

La visita compiuta dal visitatore generale p. Felice da Napoli nel 1576 è mutila, non è possibile stabilire da quale convento prese l'avvio; rimane solo la parte finale relativa ai conventi di Francavilla, Castiglione, Nocera, Mormanno, Scigliano, Stilo, S. Stefano, Aprigliano, Cosenza. Tuttavia, riveste una certa importanza nei giudizi espressi e nelle proposte avanzate dal p. Felice per eliminare il rilassamento della congregazione degli zumpani: "l'intento del beato Padre era d'introdurre nella Nostra Religione una Osservantia tale che fosse come quella de' Cappuccini nella religione di S. Francesco, et questo si vidde hanco nell'habito che introdusse et nel concederli la barba, ma questa cattiva sementa di Calabresi non solo fruttificò frutto buono, ma marciò subito dentro l'ambitione et havaritia, poiché altro qui non si ritrova in abondantia [...]. Del resto della riforma non so che dire poiché mai avrà acquisizione finché non sono mandati via questi frati et venghino de' forestieri et se ne vestano piccolini, et incominciano dalla fanciullezza alli comuni costumi della Religione; per ora giudico savio espediente et necessario [che] S. P. Rev.ma faccia ordine che in tutti i modi a spese comune si faccia un Novitiato in Cosanza, dove gli anderà poca spesa, et vi mandi un Maestro de' fora, poiché qui non ce nissuno che sappia né cantare né leggere" (AGA, Aa XI, f. 505v). Viceversa le autorità laiche, nel tentativo d'influenzare la vita dei conventi e la scelta dei priori, ponevano in primo piano la necessità di sostituire i vicari forestieri con frati del luogo. Ciò è testimoniato da due lettere del 1568 del cardinale Guglielmo Sirleto che, su indicazione del duca di Nocera e del marchese di Fuscaldo, patrocina presso il priore generale degli agostiniani il trasferimento del provinciale forestiero e la nomina del p. m. Andrea da Paola "soggetto degnissimo" (F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, vol. IV, Roma 1974, p. 430, n. 21888).

E' compiuta dal priore generale Spirito Anguisciolo la visita del 1584 (AGA, Aa XI, ff. 473-497v. I1 diario di viaggio dell'Anguisciolo, compilato da Angelo Rocca, fondatore della biblioteca Angelica di Roma, è conservato il AGA, Dd 41, ff. 53-55/75-97. Copre un arco temporale che va dal 16 al 26 marzo e, dopo il ritorno dalla Sicilia, dal 31 luglio al 19 novembre 1584) che riguarda i conventi di Terranova, Monteleone, Belforte, Spadola, Soverato e Montepaone. Sulla base del questionario precedentemente illustrato, sono interessanti i giudizi che gli stessi frati esprimono sullo stato della vita religiosa all'interno della provincia di Calabria e della congregazione degli zumpani. Ad esempio il p. m. Giovanni Battista da Monteleone (A. TRIPODI, Il convento dell'Annunziata, poi di Sant'Agostino, di Monteleone ora Vibo Valentia, in "Analecta Augustiniana", LXII, (1999), pp. 213-244), residente nel convento di quella città, dichiara: "li frati alle volte si fanno pregare e sforzare ad andare a dir le messe. Et è intervenuto che tal giorno non ne siano state dette più di due, essendovi di molti oblighi. Non c'è lampada anche nella solennità maggiore davanti l'altare grande [...]; il priore l'anno passato per relazione del sagrestano che era allora, ha celebrato rare volte stando 15-20 giorno senza celebrarsi. Et le hore canoniche si dicono troppo in fretta; il priore ha prattica stretta d'un frate Agostino di Catania, professo fuggito di Sicilia et un frate di Satriano, giovinotto di tredici anni in circa, con vestirlo tutto, fuori dalli trattamenti che agli altri professi usa; ha dato sospetto di se di vitii tristi" (AGA, Aa XI, f. 173).

Riguardo alla situazione nella congregazione degli zumpani, p. Angelo da Chiaravalle del convento di Spadola sostiene: "questa congregatione ha gran bisogno di riforma perché molto rilasciata et non tiene maniera né forma di vivere religioso et regolato et questo particolarmente per difetto di superiori" (AGA, Aa XI, ff. 476-85v). Il p. Antonio d'Acquaro del convento di Terranova conferma, con dovizia di particolari, il rilassamento morale, culturale e religioso del movimento d'osservanza; infatti, dice: "nella congregatione non vi è cura alcuna degli infermi, così è per tutto. Et così similmente si trattano gli hospiti. Vi è grande ignorantia. Et li priori fanno ogni cosa pro arbitrio et imperio et maltrattano li conventi et li frati. Si sono fatti capituli sempre con gran tumulto et si danno uffici a persone indegne et immeritevoli et questo per lucro [...]; si legge qualche volta alla mensa tra la settimana il caso morale, ma non sempre [...]; non si tiene mai il capitulo de Culpis, ne si fa l'onere per i benefattori vivi et morti [...]; li novitii et professi pratticano tutto senza altra cura di costumi nè di lettere" (AGA, Aa XI, f. 457). La necessità di riformare la congregazione degli zumpani, dove la corruzione e l'indisciplina avevano raggiunto tutti i livelli gerarchici, divenne una questione non più prorogabile. Lo stesso priore generale Anguisciolo ebbe modo di constatare che "in questa Congregatione (salvo sempre l'honore de' buoni, ma pochi) non v'è quasi vestigio di virtù, non di bontà, non di santità, nè di disciplina monastica nè regolare, ma bene colmo de' vitii et d'ignorantia [...]; tra le tanti imperfetioni et gravi le quali ritroviamo [...] sono le partialità [...] sicché in questa Congregatione i suoi religiosi [...] si sentono nominar Levantini et Ponentini, come già per l'Italia al tempo delle fattioni tra gli suoni di guerra s'udivano chiamare li Guelfi et Ghibellini" (AGA, Dd 41, f. 88). La riforma della congregazione si realizzò nel capitolo celebrato il 4 ottobre 1584 nel convento di S. Maria della Pietà di Soverato. Le decisioni adottate in quell'occasione, pubblicate nel 1586, ribadiscono e integrano gli statuti del 1569 alla luce dell'esperienza e delle costituzioni dell'Ordine del 1581: "ordiniamo che le costitutioni riformate dell'Ordine nostro siano di bene in meglio osservate, come quelle dalle quali dipende la vera osservanza, et la vera riforma di ogni Provincia et d'ogni Congregatione, fin dal principio che forono publicate sono state accettate da questa venerabile Congregatione et hora più che mai prontamente e con ogni humiltà et obedientia accettiamo" (Appendice 3: Riforma della Congregatione del beato Francesco da Zumpano dell'Ordine eremitano di S. Agostino in Calabria, in Roma, nella stamperia di Vincenzo Accolti, in Borgo, 1586, art. 1)

In questa prospettiva sono da considerare le norme circa il culto divino, la proprietà personale, la gestione del patrimonio comunitario. Rispetto alla legislazione precedente, la Riforma del 1584 riserva maggiore attenzione alla preparazione culturale e teologica dei religiosi. Per l'ammissione agli ordini minori si esige che si sappia "leggere distintamente e bene"; per il subdiaconato, oltre agli altri requisiti, che si sappia "cantare canto fermo" e "mediocremente grammatica". La generica prescrizione del 1569: "ordiniamo a tutti li priori che facciano imparare li diaconi, subdiaconi et novitij", è riformulata in modo più preciso, nella consapevolezza che la formazione culturale e teologica dei singoli religiosi serva a renderli idonei ad affrontare tanto le istanze spirituali della società, quanto la penetrazione delle idee protestanti in Calabria: "si leggano continuamente casi di conscientia nella Congregatione per istitutione e ammaestramento non solo della pueritia et gioventù, ma anco di tutti i sacerdoti, li quali tutti n'hanno bisogno". La necessità di conciliare la vita comunitaria e i tempi richiesti dallo studio, suggerisce di concedere "tempo, giorno et hore determinate, et deputate per poter imparare a leggere et scrivere" a "li fratini et professi atti a passare agli ordini", dispensandoli dai lavori faticosi; di contro "a quelli che non sono atti, né habili ad imparare non li si conceda cappuccio, ma si occupino alla cerche et altri tali negotii". Finalizzata a fornire un bagaglio di conoscenze teologiche, pastorali e culturali ai religiosi, avviati al sacerdozio o già ordinati, è l'istituzione di due noviziati e quattro luoghi di studio.

Infine, il problema che la vita comunitaria, gli ideali dell'osservanza (umiltà e uguaglianza dei frati) e le varie componenti della pastorale (predicazione, sacramenti, devozioni) risultassero compromessi dai privilegi di cui potevano godere i graduati (lettore, baccelliere, maestro) è affrontato e risolto in maniera molto semplice, nel senso che i privilegi circa il modo di vestire, dormire e viaggiare sono riconosciuti e godibili a discrezione dei singoli, mentre nessuna esenzione è prevista per tutto ciò che investiva la sfera spirituale e l'impegno pastorale; infatti, all'articolo 27 della Riforma si legge: "accettiamo et ammettiamo il breve di Nostro Signore Gregorio XIII in materia di maestri et magisterio, ma pregamo il Padre Reverendissimo, che detti maestri che verranno attendano a leggere casi di conscientia et predicare altrimenti non godano l'essentioni magistrali".

Vicario generale fu eletto il p. Damiano da Bevagna della provincia umbra, personaggio che ben rispondeva al "bisogno di persona savia, prudente, da bene, di buono esempio, prattica de' governi, osservante da vero de' precetti della Regola di S. Agostino e delle nostre costitutioni et soprattutto che non sia partiale […] ma governi con equità et carità questa Congregatione, questi religiosi indifferentemente" (AGA, Dd 41, f. 89). Ulteriori provvedimenti per garantire la vita comune, la formazione non solo spirituale, ma anche culturale degli aspiranti sacerdoti, il governo delle varie componenti dell'Ordine in Calabria furono emanati dai priori generali nella prima metà del secolo XVII. In questo contesto s'inserisce la definizione del nuovo assetto giuridico e amministrativo della congregazione, e cioè la creazione nell'ambito della suddivisione civile della regione di due circoscrizioni zumpane.

Infatti, nel decreto di divisione, emanato dal priore Ippolito Fabriani il 29 maggio 1603 e ratificato da Clemente VIII con il breve Ex iniuncto nobis del 30 ottobre successivo, si legge: "Auctoritate itaque nobis [...] praefatam zampanorum congregationem in duas partes dividimus et divisam declaramus: una Congregatio Zampanorum superioris Calabriae nuncupanda, altera vero Congregatio Zampanorum Calabriae inferioris appellanda; ita ut unaquaeque potestatem in posterum habeat suum canonice eligere vicarium, ne unus se immisceat in officio alterius" (Archivio Segreto Vaticano (ASV), Secr. Brevi, vol. 338, ff. 361-362r; edit.: in Analecta Augustiniana 60 (1997) 122-123).

In concreto le conseguenze del provvedimento furono che dei 39 conventi esistenti 18 costituirono la Congregazione di Calabria Citra e 21 la Congregazione di Calabria Ultra. Tuttavia, il provvedimento più significativo è quello contenuto nel decreto In utilitatem et bonum regimen Provinciae nostrae Calabriae, emanato il 29 maggio 1616 dal priore generale Nicola Giovannetti. Oltre a riordinare le tasse e le collette a carico di ogni singolo convento, il decreto stabiliva la creazione di un nuovo noviziato a Catanzaro, da aggiungersi a quello già esistente in Monteleone, istituito nel 1584; vietava ai priori di accogliere nei conventi nuovi novizi senza l'autorizzazione del provinciale, che doveva valutare l'età e i requisiti morali del candidato (AGA, Dd 16, ff. 202-207).