Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Conventualismo > Saggi e studi storici > Gli Zumpani

FOCA ACCETTA: LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI E LA PROVINCIA DI CALABRIA

Il monastero agostiniano di Paola

Monastero di Paola

 

 

ORGANIZZAZIONE E STRUTTURA DEI COMPLESSI CONVENTUALI

di Foca Accetta

 

da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXVII (2004)

 

 

 

I complessi conventuali agostiniani non si differenziavano dai modelli utilizzati dagli altri Ordini religiosi. Quasi tutti i conventi si disponevano su due piani: al primo piano erano situate le cosiddette "officine", che si aprivano direttamente sul chiostro, e cioè la cucina, il refettorio, la dispensa, il deposito per gli attrezzi agricoli. Al piano superiore erano i dormitori con le rispettive celle per i frati, il guardaroba, le stanze riservate agli ospiti, la biblioteca. Particolari accorgimenti, per garantire l'incolumità dei religiosi, si segnalano nella struttura dei conventi delle località costiere frequentemente sottoposte alle incursioni turchesche. Ad esempio il convento di S. Maria della Pietà di Soverato, "più volte bruggiato da' Turchi", era costruito "a modo di castello con balestrieri attorno" (AGA, Ii. vol. VI, f. 217). Il convento di S. Maria del Soccorso di Stalittì per contenere gli attacchi corsari era circondato "per tutto da gagliarde mura di quattro palmi di grandezza" (AGA, Ii. vol. VI, f. 243).

Lo stato di avanzamento dei lavori, da quanto risulta dalle relazioni del 1650, procedeva molto a rilento, sia per le difficoltà economiche, che per le citate incursioni. Risultano in fase di completamento i conventi di Bovalino (1617): "sta fabricandosi havendosi per la penuria de' tempi compito solamente un quarto del disegno" (AGA, Ii. vol. VI, f. 263); di Brancaleone (1580): "si sta in atto fabricando et al mio parere detto convento potrà essere finito fra otto anni" (AGA, Ii. vol. VI, f. 250); di Rocca di Neto (1539): "per compirsi il modello del convento vi bisognano da 1000 ducati in circa" (AGA, Ii. vol. VI, f. 106). Il convento di Gioia (1561), "a causa che detto convento fu sacchegiato e abbruggiato dalle galere di Biserta nell'anno 1625", presentava venticinque anni dopo le "mure disfatte" (AGA, Ii. vol. VI, f. 267). Tuttavia l'attenzione dei frati si rivolgeva innanzitutto alle chiese, spesso completate prima degli altri locali conventuali e abbellite con statue, quadri ed altre opere d'arte. In particolare nel convento di Francavilla Angitola era la statua marmorea di S. Maria della Croce, commissionata dal priore p. Giovan Matteo Mileto allo scultore Giovan Battista Mazzolo, attivo in Messina negli anni 1515-1550.

Il contratto (F. ACCETTA, Il convento di S. Maria della Croce in Francavilla Angitola, in "Analecta Augustiniana", LVII (1994), pp. 143-160; il contratto è alle pp. 159-160; A. TRIPODI, Notizie e documenti sul convento agostiniano di S. Maria della Croce di Francavilla Angitola, "Analecta Augustiniana", LIX (1996), pp. 367-398), stipulato dal notaio Francesco Calvo il 29 giugno 1542, indica i modelli cui l'artista doveva ispirarsi, le proporzioni, le decorazioni del basamento. La statua della Vergine doveva essere della stessa altezza (m. 1,58) di quella esistente nel convento di S. Maria del Gesù in Messina, rappresentata con il bimbo in braccio, nella stessa posizione in cui era la statua della Madonna conservata nella chiesa di S. Agostino di quella città, eccettuato "chi lu pedi seu gamba dexstera sia dritta et la mano voltata cum uno mundo in mano". Lo scannello doveva essere istoriato con un bassorilievo della Pietà al centro, di S. Giovanni Battista a destra, di S. Agostino a sinistra. La consegna doveva essere effettuata al p. Matteo Mileto nella prima settimana della quaresima del 1543. Attualmente la statua si conserva nella chiesa del Carmine in Filadelfia.

Altre opere segnalate nel complesso conventuale di Francavilla sono le statue lignee di S. Nicola da Tolentino e del Crocifisso; le tele raffiguranti il beato Francesco da Zumpano, la Natività, la Fuga in Egitto, S. Nicola da Tolentino, la SS.ma Trinità, la Vergine Addolorata, S. Tommaso di Villanova, la Madonna degli Afflitti, S. Agostino, la Madonna del Buon Consiglio. La relazione del 1650 del convento di Bombile informa che nell'altare maggiore della chiesa era "una bellissima imagine della B.V. scolpita di marmo bianco di grandissima devotione e veneratione fatta l'anno 1509" (F. ACCETTA, I conventi agostiniani della congregazione degli zumpani in Calabria, in "Analecta Augustiniana", LXI (1998), p. 21, Sulla storia del convento cfr. A. TRIPODI, Il convento di S. Maria del Soccorso di Acquaro, in "Brutium", LXX, ottobre-dicembre 1991, pp. ); mentre in quella del convento di Acquaro si legge che l'altare maggiore era decorato con "bellissimi quadri dorati con bellissime custodie tutte poste dentro la lamia" (F. ACCETTA, I conventi agostiniani della congregazione degli zumpani in Calabria, in "Analecta Augustiniana", LXI (1998), p. 22). Infine, nella chiesa di S. Maria di Colloreto a Morano erano tre opere marmoree di Pietro Bernini, padre di Lorenzo, cioè il tabernacolo, le statue di S. Caterina e di S. Lucia (F. Russo, Il beato, cit., p. 53).

Curata in ogni minimo particolare, la chiesa veniva a costituire la prima fonte di sostentamento della comunità religiosa, attraverso le cosiddette "rendite spirituali", ovvero i proventi ricavati dalle messe, elemosine ecc., oltre a permettere lo svolgimento dell'opera di apostolato e l'attivazione dei culti legati all'Ordine. Per quanto riguarda le biblioteche esistenti nelle sedi conventuali, le notizie sono molto scarse. In genere gli inventari danno spazio a tutto ciò che permetteva ai religiosi un tenore di vita accettabile, e il patrimonio librario ove si fa accenno viene liquidato con la generica formula di "libri". Così ad esempio in un inventario relativo al convento di Cosenza del 1668 è registrata la presenza di "40 pezzi di libri" (AGA, Aa XI, f. 32v). Le uniche notizie finora emerse riguardano la biblioteca di S. Maria della Croce di Francavilla Angitola. Nel 1728 il p. Fulgenzio Marinari "ritrovandosi in uso tanti libri per il valore di 270 ducati, e meditando con il principio di questi ordinare una libreria per maggior decoro del monastero a cui è aggregato" chiese e ottenne dal priore generale Fulgenzio Bellelli l'autorizzazione ad utilizzare "una stanza contigua a quelle che era da lui si abitato per ridurla in forma di libreria". La biblioteca, "mediocre libreria universale, non di quantità, ma di qualità. Piena di libri di ogni specie, di scienza così di Sacra Scrittura, Theologia Speculativa, Morale, di Prediche, Filosofia, Astrologia, Geografia, come anche di Legge Civile e Canonica, Medicina, Poesia, Rettorica, Istoria, Belle Lettere", si disperse a seguito del terremoto del 1783 con l'istituzione della Cassa Sacra, istituto delegato a censire e alienare i beni della manomorta ecclesiastica, per provvedere poi alla ricostruzione dei centri sinistrati (F. ACCETTA, Francavilla Angitola. Ricerche e documenti, cit.).

Le biblioteche erano incrementate non solo con acquisti periodici, ma anche facendo confluire nel loro corpus i volumi appartenenti ai religiosi defunti. È probabile quindi che nella biblioteca di Cosenza fossero conservati i libri rinvenuti il 29 ottobre 1610 nella cella del p. Claudio da Cortona. Si tratta di testi di autori gesuiti (Francesco Toledo, Maldonado), e domenicani (Domenico Soto, Girolamo Osorio) ispirati alla teologia della controriforma, alla riflessione sul peccato, alla predicazione (AGA, Aa XI, ff. 27-29).