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FOCA ACCETTA: LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI E LA PROVINCIA DI CALABRIA

Il monastero agostiniano di Paola

Monastero di Paola

 

 

GLI STATUTI ZUMPANI DEL 1569

di Foca Accetta

 

da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXVII (2004)

 

 

 

Nonostante la stima accreditata presso i superiori dell'Ordine, anche nella congregazione degli zumpani cominciarono a comparire abusi, indisciplina, sintomi di un declino dell'osservanza religiosa. Da qui le esortazioni del Seripando al vicario p. Ludovico da Petrizzi "ut reformare conventus et fratres suos omnes studeat, ut quandoque fratrum observantium sit congregatio, potius opere quam solo titulo" (D. GUTIERREZ (a cura), Hieronymi Seripando, cit. vol. II, p. 44, lettera del 30 agosto 1540). Nel tentativo di reintrodurre la disciplina regolare, di eliminare le relazioni troppo strette con i laici e di sopire divisioni e rivalità, i superiori dell'Ordine non esitano a minacciare la soppressione della congregazione e l'attribuzione dei conventi zumpani alla provincia di Calabria (A. HARTMANN (a cura), Cristofori Patavini OSA., Registra generalatus, vol. V, Roma 1997, n. 718, lettera del 3 giugno 1558, p. 323: "imprecavimus graviter fratres congregationis nostrae Calabriae, quod non nisi ambitioni et proprio commodo studerent et viderentur prorsus in suam ipsorum ruinam coniurasse et omnia implerent rixis contentionibus et publica bona iam aperte dilapidarent. Interminati sumus, quod, nos desperata eorum correptione, congregationem ipsam Provinciae esse unituros".

Il 14 luglio 1568, il priore generale Cristoforo da Padova inviò ai vertici della congregazione le rinnovate Costituzioni dell'Ordine, per una organica azione di rilancio e riqualificazione della vita religiosa in sintonia con i decreti tridentini (AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.). Dopo aver superato resistenze e problemi organizzativi, nell'agosto del 1569 il vicario della congregazione, p. Agostino della Roccella, diede le opportune disposizioni affinché la Riforma sancita dal Concilio e dal Capitolo Generale fosse applicata in ogni singolo convento da tutti i religiosi indistintamente: "Volendo noi osservare et far osservare da tutti li padri della Congregatione li statuti fatti dal nostro capitolo di Padua confirmati per sua P. R.ma Maestro Tadeo da Perusa, li quali statuti furono ordinati e fatti in Padua dalla bona memoria del R.mo P. Generale M.ro Christophoro da Padua; et acciò tale constitutioni non siano incognite dalli nostri inferiori et che non fussino ripresi per negligenti, pertanto ci è parso provvedere et fare osservare le predette deffinitioni da tutti li priori et che loro le facciano ancora dalli loro suditi osservare ad unguem, si come per il Sacro Santo Concilio di Trento siamo reformati, et ciasched'uno priore voglia ponere la mano et sottoscrivere come li presenti ordini l'hanno ricevuti, letti et promulgati, aggiungendo anco al ultimo di questi alcune constitutioni estratte per noi, et questo ordiniamo che tutti quelli che receveranno dette constitutioni le facciano leggere, osservare et fare osservare, e questo restando certi che farete quanto si comanda non altro [...].

Dal nostro monasterio de Francavilla a dì 15 agosto dell'anno 1569. Delle presenti constitutioni se ne piglia copia ogni priore, altrimenti incorrerà alla pena debita" (AGA, II, vol. XI, ff. nn). I principi spirituali, teologici e pastorali stabiliti nel capitolo generale di Padova furono sintetizzati nelle Ordinationi et Constitutioni fatte per me frate Agostino della Roccella nel presente anno del nostro vicariato 1569 (Appendice 1). Tra i punti fondamentali inseriti nel documento - rappresenta il primo testo normativo della congregazione degli zumpani, dopo che gli statuti originali sono andati dispersi - sono l'adozione del breviario romano e il principio della povertà personale. Infatti, è proibita qualunque forma di proprietà privata, mentre è riconosciuta quella comunitaria: "Ordiniamo et comandiamo da parte del P. R.mo che nessun frate di qualsivoglia sorte tenga denari, bestiami, tanto de mobili come stabili [...], fra lo spazio d'un mese habbiano da acogliere li detti denari et ponerli in deposito". L'amministrazione dei beni dell'unico soggetto riconosciuto quale proprietario, e cioè il convento, è attribuita al procuratore. Il priore, invece, è tenuto a vigilare sulla corretta gestione, ad assicurare il "vestiario" ai sacerdoti e agli altri membri della famiglia conventuale, oltre che curare tutti gli altri aspetti della vita comunitaria e la preparazione culda qui in poiturale degli aspiranti sacerdoti. I singoli religiosi sono richiamati al senso di responsabilità, a condurre una vita esemplare, al fine di tutelare l'onore della religione e di garantire la pacifica esistenza della congregazione. Alle Ordinationi del vicario padre Agostino della Roccella sono legate le disposizioni del visitatore generale per la Calabria padre Donato da Benevento, inserite nella lettera Per non mancare del 16 agosto 1569 (Appendice 2).

Non si tratta di un legame esclusivamente burocratico e temporale, i due documenti furono pubblicati a distanza di 24 ore l'uno dall'altro e controfirmati dal visitatore generale; la loro affinità va al di là di questi segni esteriori, che pur esistono e dei quali si deve tenere conto per una più completa comprensione della riforma. Essi, infatti, per i contenuti e le reciproche integrazioni costituiscono un unico testo normativo che ha come fine l'osservanza religiosa: "havendo [...] noi veduto e toccato con le mani molti disordini in questa vostra congregatione, ci è parso farv'intendere in molte cose qual sia la nostra volontà sopra la riforma, e tutto a honor di Dio et splendor di nostra Religione, et a beneficio et quiete publica". Il tono e il contenuto della lettera rilevano che la situazione in cui versava la congregazione non era eccellente. La vita comune non sempre era praticata, le norme relative la povertà eluse da dispense, frati spinti "dalla ambitione di regnare et dominare et essere superiori" organizzati in fazioni completavano il quadro e rafforzavano nel visitatore la convinzione che gli zumpani fossero osservanti solo di nome. Al fine di porre un freno a questo stato di cose ("desideriamo ancora che al nome corrispondano le opere e li fatti") nel documento sono indicate forme e modalità d'attuazione della riforma. In linea con gli statuti dell'Ordine e con le Ordinationi del vicario della congregazione è ribadito il principio della povertà personale: "quale opera può corrisponder al nome d'osservante, più illustre, et grata a Dio et al mondo, quanto quella che ci priviamo di proprietà delle cose si stabili come mobili, siano patrimoniali o acquistate".

I religiosi sono invitati a far "rinuncia reale d'ogni proprietà di stabili e mobili". Per eliminare gli altri abusi è introdotto il principio della mobilità dei frati; nessuno poteva dimorare in un luogo per più di due anni, tranne coloro "che hanno [...] gratia particulare", poiché le famiglie conventuali sarebbero state formate "secondo il volere di padri deffinitori et vicario, et non secondo il volere de' priori de luoghi" (art. 4). Così pure la concessione degli ordini sacri "" rientra nelle competenze dei pp. deffinitori e visitatori, che su proposta del vicario generale dovevano valutare i requisiti dei candidati (età, moralità, preparazione culturale). Per ridurre il gran tumulto dei capitoli ad un dialettico confronto ed evitare di attribuire responsabilità di governo a persone non idonee è stabilito: "che habbin voce in capitolo altro che i padri deffinitori et i padri visitatori del precedente capitolo, i priori dei luoghi et i discreti, et questi vogliamo che siano o possino essere eletti se non saranno persone, et di giudicio, et di età, et di costume mature, et tali che mai dalla Religione siano stati apostati o di notabili vitio notati". Nella prospettiva di garantire la vita comunitaria, di pacificare la congregazione, superando contrasti e divisioni, s'iscrive il divieto di denunciare fatti e persone senza prove a carico: "Nessuno habbi ardire di querelare persona alcuna che prima non si oblighi di stare alla pena del taglione, cioè a quella che meriterebbe il querelato se non proverà la querela per testimoni degni di fede". Le disposizioni promulgate dal vicario generale padre Donato da Benevento furono approvate dal priore generale Taddeo da Perugia il 29 ottobre 1569.