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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > Miguel de SantiagoCICLo AGOSTINIANo di Miguel de Santiago a QUITO
Agostino salva due uomini da una torre che minacciava di cadere
MIGUEL DE SANTIAGO
1656
Monastero agostiniano di Quito
Agostino salva due uomini da una torre che minacciava di cadere a Cagliari
Il miracolo postumo di Cagliari è una novità iconografica. Il dipinto va attribuito a Santiago che riesce a dare compattezza e armonia alla tela. Nella leggenda Agostino appare in carne e ossa per sorreggere una torre che minacciava di cadere a Cagliari sul bordo del mare, mentre due uomini sfuggono al pericolo dopo aver invocato il suo nome. La scena è tuttavia duplice. Sullo sfondo si accenna a un secondo miracolo: mentre stava ritornando in Africa avrebbe costruito una cella in Sardegna con una pietra troppo corta, che per miracolo si sarebbe allungata.
Di questo miracolo ne parla lo storico agostiniano Luigi Torelli e prima di lui ne discute F. A. Stabiano nel suo Tempio eremitano de Santi e Beati dell'Ordine Agostiniano del 1608. Nella leggenda Agostino appare in carne e ossa per sorreggere una torre che minacciava di cadere a Cagliari sul bordo del mare, mentre due uomini sfuggono al pericolo dopo aver invocato il suo nome. Inoltre, mentre Agostino era intento a costruire una cella eremitica, trovò un trave troppo corto. Con una benedizione, il santo gli aggiunse la lunghezza sufficiente. Da più di 1300 anni si cavano reliquie da questo trave senza che si deteriori. Presenta un rivestimento a tre strati: d'argento, di bronzo e di ferro. Una delle chiavi era tenuta dal vicerè di Sardegna a Cagliari, un'altra dal vescovo e l'ultima dal priore del convento.
LUIGI TORELLI, Secoli Agostiniani, Bologna 1630.
La tradizione cagliaritana vorrebbe dunque che questo luogo di culto fosse stato realizzato dallo stesso Sant'Agostino, di passaggio a Cagliari durante una traversata da Roma a Cartagine. A quel viaggio viene fatto risalire il singolare miracolo sopra citato. Mentre si costruiva il tetto della cappella, una delle travi portanti di ginepro si sarebbe rivelata troppo corta, gettando nella costernazione i confratelli del santo. Quest'ultimo invece non si perse d'animo: afferrò un capo del tronco mentre un suo compagno tirava dall'altra, finché esso non assunse la lunghezza necessaria. Al di là della leggenda si tratta di un particolare comunque importante, perché testimonia come prima del rifacimento tardo-gotico, l'unico storicamente attestato, esistesse sul posto una chiesa con copertura a capriate lignee, probabilmente romanica.