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Balbino rano: L'ORDINE E I SUOI RAPPORTI CON AGOSTINO

Agostino e la sua regola: affresco da Orvieto del XIV secolo

Agostino e la sua regola  (XIV secolo)

 

 

L'ORDINE E I SUOI RAPPORTI CON AGOSTINO

di Balbino Rano

 

 

 

Dal momento in cui il Papa dispose che il nuovo Ordine assumesse la Regola di sant'Agostino unitamente ai princìpi generali che erano soliti aggiungersi per coloro che la accettavano (il che si chiamava ordo o forma di vita di sant'Agostino), l'Ordine restava integrato nell'ordo canonicus o famiglia di sant'Agostino. I suoi membri erano veramente figli di sant'Agostino, e Agostino era veramente padre loro, come di tutti coloro che seguivano la sua Regola (cfr. Umberto da Romans, Eruditio praedicatorum, lib. II, tract. I, Roma 1739, p. 88). In tal senso, il nuovo Ordine faceva parte dell'Ordine di s. Agostino in senso generale, del quale erano considerati una componente molto antica i Canonici regolari.

Una circostanza molto particolare fece sì che il nuovo Ordine divenisse il primo dei nuovi Ordini quanto a culto, devozione e imitazione di s. Agostino: il fatto di non possedere un fondatore concretizzato in una persona fisica. In realtà, il fondatore immediato dell'Ordine era stata la Santa Sede e in tal modo si cominciò ad affermare tra gli Agostiniani durante il sec. XIV, e venne lasciato a sant'Agostino il posto di fondatore remoto (cfr. Giordano da Sassonia, Vitasfratrum, I, XIX, ed. cit. p. 67-70). Mentre altri Ordini accentuavano la loro affiliazione particolare in relazione con il fondatore immediato o inclusive in relazione a una devozione speciale alla SS. Vergine o a un altro santo o a un mistero, gli Agostiniani intensificavano la coscienza corporativa agostiniana. Dedicavano ad Agostino le proprie chiese, superando talvolta grosse difficoltà. A Roma, solo il 15 aprile 1296, riuscirono a porre la prima pietra della prima chiesa che dedicavano al Santo nel centro della cristianità (Roma, Arch. di Stato, busta 1, Reg. 1, f. 81r), grazie all'appoggio del grande amico dell'Ordine, Bonifacio VIII. Nel nominare Agostino, prevalgono titoli espressivi: per esempio il padre generale, beato Clemente da Osimo, in un documento del 1272, lo chiama "nostro padre il beatissimo Agostino" (S. Lopez, Chartularium conv. Sancti Geminiani, Roma 1929, p. 12); nel timbro dell'Ordine utilizzato nei capitoli generali, almeno già in quello di Firenze (1287), viene rappresentato sant'Agostino vestito da vescovo e con ai lati, in atteggiamento di venerazione, due membri dell'Ordine.

Dal punto di vista liturgico, la sua importanza andò crescendo sempre più, soprattutto nel sec. XIV (cfr. E. Esteban, De festis et ritibus eremitarum S. P. Augustini, in Anal, Aug 8 [1919-20] p. 191s; 16 [1937-38] pp. 6-11). Nel capitolo generale di Bologna (1306), nello stesso tempo in cui si ratifica una determinazione liturgica sul Santo, si ordina che tutti i membri dell'Ordine digiunino nella sua vigilia "ad onore e lode del beatissimo Agostino nostro padre e perché egli si degni di intercedere sempre efficacemente dinanzi a Dio per tutto l'Ordine e per tutti i suoi membri come suoi figli devoti" (Anal. Aug 3 [1909-10] p. 58). Anche i papi se lo pongono dinanzi già nei sec. XIII e XIV come modello peculiare e come motivo per favorire l'Ordine. Su loro richiesta, Onorio IV, con la bolla Pro reverentia (23 maggio 1286), concede di celebrare la vigilia e la festa del Santo con le porte spalancate anche in tempo di interdetto. Tra gli altri motivi, concede loro tale grazia "per riverenza a s. Agostino, confessore, la cui regola voi professate" (L. da Empoli, Bullarium O. S. A., Roma 1628, p. 160).

Niccolò IV, nelle bolle Licet is e Pium est (6 febbraio 1289), concedendo loro alcune indulgenze, dice che lo fa "per riverenza al santissimo confessore il beato Agostino, vostro patrono, sotto la cui regola militate, che illustrò la Chiesa con ammirevoli parole e dottrine" (L. da Empoli, ivi, p. 260; Langlois, Les registres de Nicol. IV, Parigi 1886, p. 92, n. 480). Bonifacio VIII, concedendo loro, con la bolla Meruit apud (25 agosto 1302), facoltà di celebrare tutti gli anni pubblicamente e solennemente la festa e l'ottava di s. Agostino con predicazione al popolo, senza che nessuna autorità possa opporsi a ciò, dichiara la relazione che intercorre tra gli Agostiniani e il Santo, dicendo che essi professano il suo Ordine: "cuius estis Ordinis professores" (Digard, Les registres de Bonif. VIII, t. III, c. 529, n. 4761). La bolla principale in tal senso è la Veneranda sanctorum patrum di Giovanni XXII (20 gennaio 1327). Con essa il Papa concede loro di fondare una casa a Pavia, a lato della tomba del Santo.

In tal modo, si realizzò una delle maggiori ansie dell'Ordine per potersi sentire unito con un nuovo titolo al "capo spirituale" (cap. gen. di Venezia del 1332, in Anal. Aug 4 [1911-12] 111, 140). Il Papa propone nella bolla la figura di s. Agostino come il principale dei Dottori della Chiesa. Afferma che egli non diede soltanto norme di vita religiosa, ma anzi la praticò egli stesso; cita, a questo scopo, il Sermone 356 del Santo, riguardante la vita comune dei suoi chierici; dà quindi il motivo per il quale ritiene degno e conveniente che l'Ordine agostiniano renda un culto speciale a s. Agostino dinanzi alla sua tomba, oltre a quello che gli rende la Chiesa universale: poiché "voi vivete e militate con santa osservanza sotto la Regola di questo Padre e vi date alla lode divina, vi impegnate nella preghiera, vi dedicate alla predicazione, vi applicate allo studio e attendete con impegno alla salvezza delle anime, crediamo degno e conveniente che lo onoriate in una maniera speciale di modo che uniti, come membri al proprio capo, figli al padre, discepoli al maestro, soldati al proprio generale, possiate, con l'appoggio dell'autorità apostolica, cantare con voce più giubilante e intima a Dio e al Santo medesimo, nello Stesso luogo dove sapete che furono sepolte le reliquie del vostro precettore, padre, generale e capo, Agostino" (L. da Empoli, ivi, p. 197).

Le parole della bolla fecero epoca. A queste si sarebbero rifatti d'allora in poi gli scrittori agostiniani per sostenere, anche con esse, che s. Agostino fu il "padre e patrono singolare" o fondatore dell'Ordine agostiniano, cercando argomenti per ogni dove e inventando leggende per provare la continuità da s. Agostino fino al sec. XIII (cfr. Enrico da Friemar, De origine et progressu Ord. fratrum herem..., ed. R. Arbesmann, in August. Lov 6 [1956] pp. 90-121: compilato nel 1334; Nicola da Alessandria, Sermo de beato Augustino, ancora inedito e di cui si prepara la pubblicazione, compilato nel 1332; ecc,). Questa coscienza della singolare paternità agostiniana si era formata già prima che il Papa concedesse la fondazione accanto alla tomba di sant'Agostino. Precisamente per questo chiesero al Pontefice tale grazia, come rileva chiaramente, con conoscenza di causa, Enrico da Friemar (ivi, 104s, 118). Il Papa non dichiara che sant'Agostino sia il fondatore del loro Ordine. Anzi, dice semplicemente che essi vivono con santa osservanza sotto la Regola del Santo. Le altre espressioni o titoli che il Papa applica loro in relazione a s. Agostino sono quasi gli stessi che Umberto da Romans, circa un secolo prima, applicava a tutti coloro che seguivano la Regola agostiniana: "Quel dottore di giustizia è stato dato a coloro che vivono sotto la sua Regola come padre, pastore, patrono, maestro, esemplare, generale" (o. c., 88). Vi manca solo la parola "capo", che non vuole indicare più di quello che viene indicato dalle altre parole. In realtà la paternità agostiniana, di cui parla il Papa, non va al di là di quella che è inclusa in una seria e devota osservanza della Regola E' questo il senso che ha pure l'espressione citata di Bonifacio VIII: "Cuius estis Ordinis professores". Questo o quell'Ordine non significano di più che la forma di vita religiosa di sant'Agostino o attribuita a sant'Agostino. Non si può conoscere la data esatta del sorgere della coscienza di essere stati fondati da sant'Agostino e della propria continuità ininterrotta. Certamente non esisteva prima del 1308, ed è posteriore al 18 giugno di tale anno.

Lo sappiamo grazie a un Sommario dei privilegi dell'Ordine, compilato non prima di questa data da un autore anonimo che lo destinava ai conventi dell'Ordine per "la utilità che può portare sempre più loro la conoscenza dei privilegi concessi all'Ordine dalla S. Sede" (Anal. Aug 4 [1911-12] p. 417). L'ultima bolla in ordine cronologico, che egli cita, è la In Ordine vestro di Clemente V (18 giugno 1308). L'autore del Sommario esclude, implicitamente ma con chiare parole, la fondazione dell'Ordine da parte di s. Agostino; anzi, appare chiarissimo che egli non conosce una tale leggenda. Infatti afferma che l'Ordine ricevette la Regola agostiniana soltanto nel 1256, quando Alessandro IV estese a esso il privilegio che Innocenzo IV aveva concesso nel 1244 a quelli di Tuscia (ivi, p. 419s). Per di più il compilatore non crede che quelli di Tuscia, prima del 1256, fossero l'Ordine: secondo il suo modo di pensare, l'Ordine era chiamato "Ordine degli Eremiti" e prima della data indicata non possedeva la Regola di s. Agostino. La sua mancanza di conoscenza della storia dell'Ordine è lampante per vari motivi; ma è altrettanto chiaro il valore della sua autorità per poter affermare che la leggenda della sua fondazione da parte di s. Agostino è posteriore al 18 giugno 1308. Per gli Agostiniani, vissuti precedentemente al diffondersi della leggenda di s. Agostino come fondatore, il Santo era loro vero padre, come lo era degli Ordini che tenevano la sua Regola.

Si consideravano figli a un titolo particolare perché orientavano in maniera più diretta e intensa la loro forma di vita e la loro devozione verso la persona e gli insegnamenti del s. Dottore. Cosi il beato Giacomo da Viterbo - per il quale "la famiglia" di s. Agostino sono "tutte le religioni che vivono secondo la sua regola" (Sermones, Bibl. Vaticana, Capitolo s. Pietro, D, 213, c. 124) e al quale non passò per la mente che s. Agostino fosse il fondatore speciale e peculiare dell'Ordine agostiniano - poté dire in un discorso funebre, pronunciato probabilmente nel 1306, che il defunto, l'agostiniano maestro Bartolo, nella sua attività apostolica, "aveva seguito il dottore egregio Agostino, suo padre, del quale Possidio dice che predicò" con decisa fortezza fino alla sua ultima malattia (ivi, c. 471). La realtà di questa imitazione fervente di s. Agostino viene confermata in generale da tutte le fonti. Interessante a questo proposito è il disegno realizzato su pergamena intorno al 1335 da Opicino de Canistris, un chierico originario di Pavia, che risiedeva alla Curia pontificia di Avignone. Tale disegno rappresenta gli Ordini mendicanti che si trovano al servizio della Chiesa sacramentale. Li qualifica tutti con la parola "povertà" (paupertas), indicando quindi ciò che è specifico di tale povertà facendo riferimento al suo modello ispiratore. Di fianco a ogni religioso dei singoli Ordini, che è vestito con l'abito proprio dell'Ordine, indica con parole il suo modello ispiratore: "paupertas praedicatorum ex Dominico"; "paupertas carmelitarum ex Helia"; "paupertas minorum ex Francisco"; "paupertas heremitarum ex Augustino".

Tuttavia nella rappresentazione di sant'Agostino, a fianco, come autore della Regola agostiniana, opera una modifica interessante: mentre san Francesco, che adempie la stessa funzione, viene rappresentato con il vestito da frate francescano, sant'Agostino non viene raffigurato da agostiniano, cioè con il vestito del frate agostiniano che rappresenta la paupertas heremitarum ex Augustino, ma da canonico regolare (cfr. R. Salomon, Opicinus de Canistris, Londra 1936, 2 vol.: il I di testo, il II di illustrazioni tratte dal Vat. Palatino 1993; ci riferiamo all'ill. 24 dell'originale). In realtà questo era ciò che si credeva comunemente e generalmente nei sec. XII-XIII e inizi del XIV. Non si conoscono autori che siano discordanti da tale opinione: per tutti sant'Agostino aveva abbracciato la vita religiosa una volta divenuto chierico, costituendo una comunità clericale, che veniva considerata sinonimo di canonicale. In tal senso interpretavano la frase della vita di s. Agostino scritta dal suo compagno s. Possidio, che dice: "Factus presbyter monasterium mox instituit..." (ed. M. Pellegrino, Alba 1955, p. 52). Si potrebbero citare molti esempi. Noi ci limiteremo ad alcuni. San Tommaso d'Aquino, che rappresenta in maniera tanto egregia la mentalità del proprio tempo, dà come supposto che ciò che s. Agostino fu e fondò, apparteneva alla vita clericale o canonicale, non alla vita monastica (cfr. Contra impugnantes Dei cultum et religionem, § II, c. I, in Opuscula theologica, vol. II, ed. R. M. Spiazzi, Torino-Roma 1954, n. 17, p. 10; n. 33, p. 13). L'agostiniano Giacomo da Viterbo (morto nel 1307 o 1308) dice che s. Agostino "habuit prudentiam directivam suae familiae, quia factus presbyter monasterium clericorum instituit et eos direxit et cum eis vixit secundum regulam sub sanctis apostolis constitutam" (ivi, c. 385). Il domenicano Roberto Holcot (†1349) scrive quando gli Agostiniani già avevano seminato non poca confusione su questo argomento; e tuttavia, riafferma con maggior forza che s. Agostino fu canonico e non monaco, e che non appartenne all'Ordine degli eremiti di s. Agostino, "perché non fu mai eremita" (Super sapientiam, c. VII, lettura 96, ed. Reutlingen, Johann Otmar, 1489). Il movimento canonicale si era andato appropriando a poco a poco in tale misura della persona e della vita di s. Agostino, soprattutto a partire dalla metà del sec. XI, che fece sparire l'idea che s. Agostino fosse stato monaco. E questo, nonostante che venisse dichiarato apertamente da san Pier Damiani sulla fine del 1058 nel suo Apologeticus monachorum adversus canonicos (sulla data di composizione di quest'opera: cfr. J. Leclercq, St. Pierre Damien ermite et homme d'Eglise, Roma 1960, p. 93). Uno dei migliori argomenti per difendere i monaci era quello di citare i nomi dei monaci famosi che, essendo chierici, avevano amministrato i sacramenti.

Uno di tali monaci era s. Agostino. "Poiché sarebbe troppo pericoloso ometterli - afferma san Pier Damiani - presentiamo altri testimoni, e cioè: Basilio, Atanasio e Agostino. Inoltre, Gerolamo, interprete della legge sacra, Mariniano, vescovo di Ravenna e Agostino, vescovo degli inglesi. Poiché di essi non c'è alcun dubbio che fossero monaci. Forse che i Pontefici Romani, dei quali abbiamo parlato, o questi che abbiamo appena terminato di enumerare, sono stati considerati meno degni di elogio, perché furono monaci ?" (c. II: PL 145, 514, n. 523). Quali erano gli argomenti degli Agostiniani per difendere la tesi della propria origine agostiniana e della propria continuità sino al sec. XIII ? Gli autori che ci offrono tali argomenti sono posteriori al capitolo generale di Firenze del 1326, nel quale venne eletto priore generale dell'Ordine il padre Guglielmo Amidani da Cremona, che ottenne da Giovanni XXII la bolla Veneranda sanctorum patrum (20.1.1327), con la facoltà di fondare la casa a Pavia di fianco alla tomba del Santo. Gli atti conservatici del capitolo ci dicono semplicemente che esso venne celebrato "nella festa della traslazione del corpo del nostro beato padre Agostino" (AnalAug 4 [1911-12] p. 3): si tratta della traslazione a Pavia, celebrata il 28 febbraio. Benché non possediamo fonti che lo testimonino, è molto probabile che la questione sia stata trattata nel capitolo e che se ne siano stati presentati gli opportuni argomenti. La grazia non era facile da ottenere; anzi, "a molti parve in un primo momento incredibile e quasi impossibile" che fosse stata concessa (Enrico da Friemar, o. c., p. 118).

E' anche molto probabile che, come frutto delle esposizioni del capitolo, sorgessero i primi scritti conservatici che parlano di questo tema. In tal modo la coscienza, già formata prima del capitolo, si rapprese in un cliché cominciato probabilmente prima di ottenere la bolla, con la composizione della Aurelii Augustini episcopi hipponensis vita e con l'Initium sive processus Ordinis heremitarum sancti Augustini, di autore anonimo (conservati nel Codice Plut. 90 Sup. 48 della Laurenziana di Firenze: cfr. R. Arbesmann, The "Vita Aurelii Augustini Hipponensis Episcopi" in Cod. Laurent. Plut. 90 Sup. 48, in Traditio 18 [l962] pp. 319-25 e A Legendary of Early Augustinian Saint's, in AnalAug 29 [1966] pp. 5-58). Il cliché andò poi perfezionandosi, come documentano principalmente: nel 1332, il Sermo de beato Augustino di Nicola da Alessandria; nel 1334, Enrico da Friemar nel suo già citato De origine et progressu Ordinis, e, probabilmente nel 1357, Giordano da Sassonia nel suo citato Vitasfratrum. Tale cliché non soltanto è il primo quanto alla coscienza di essere stati fondati da s. Agostino, ma pure quanto a primi abbozzi di una storia dell'Ordine. Corretto, accresciuto o rinnovato, ha esercitato il suo grande influsso fino ai nostri giorni. Tra gli autori citati, se si eccettua Giordano da Sassonia, tutti affermano che l'Ordine venne fondato da sant'Agostino in Italia, prima del suo ritorno in Africa. Secondo tali autori, basati su un discorso apocrifo di s. Ambrogio, il vescovo di Milano già all'atto di battezzarlo, volle rivestirlo da eremitano. Parte del tempo che egli trascorse in Italia, abitò con gli eremiti che seguivano san Paolo primo eremita e sant'Antonio abate. Sant'Agostino, divenuto già uno di essi, scrive e dà loro la Regola. In tal modo, nasce l'Ordine agostiniano. Da allora, quelli che si erano chiamati soltanto "Eremiti" cominciarono a chiamarsi "Eremiti di s. Agostino".

Si riscontra tuttavia che non c'era accordo pieno nel designare il luogo nel quale s. Agostino avrebbe dato la Regola. L'autore anonimo dice che, secondo alcuni, ciò avvenne a Milano; secondo altri, a Centocelle (Roma) o in altro degli antichi luoghi dell'Ordine. Enrico e Nicola fissano l'origine a Centocelle. Per provare che ciò avvenne in Italia, si basano su quel passo della vita di sant'Agostino, in cui Possidio dice: Divenuto presbitero, Agostino fondò poi un monastero; egli pose somma cura "ut nemo quidquam proprium in illa societate haberet, sed eis essent omnia communia, et distribueretur unicuique sicut opus erat, quod iam ipse prior fecerat, dum de transmarinis ad suos remeasset" (Vita, ed. M. Pellegrino, 5, 1, p. 52). In realtà, questo passo non dice più del fatto che tale norma di vita s. Agostino l'aveva già osservata "da quando era tornato da oltremare alla sua patria". Benché non si riferisca alla vita durante il viaggio di ritorno da Milano, l'espressione poteva prestarsi un po' a confusione. E gli Agostiniani seppero approfittarne. Giordano da Sassonia fu più cauto nei suoi giudizi. Egli pone la fondazione dell'Ordine a Ippona, dove Agostino aveva visitato una persona che pensava di guadagnare per un monastero che aveva intenzione di fondarvi. Tale fondazione è precedente all'ordinazione, alla quale seguirà una nuova fondazione. In quel monastero visse con i membri che riuscì a raccogliere e li impegnò a vivere la forma di vita secondo lo stile degli Apostoli, ossia secondo la regola. Compilata questa, l'Ordine risultava ormai fondato (Vitasfratrum, II, c. XIV, p. 165-67; Vita S. Augustini, in J. Hommey, Supplementum Patrum, Parigi 1686, p. 595-97; Annotatio temporum b. Augustini, ivi, p. 632-33). Per porre la fondazione a Ippona, Giordano si basa sul Sermone 355 di s. Agostino (ed. crit. in C. Lambot, Sancti Augustini Sermones selecti duodeviginti, Utrecht-Anversa 1950, p. 124: PL 39, 1569). Per fare di s. Agostino un eremita, allegano un Sermo de passione, che essi attribuirono al santo Dottore. Sostengono che, in esso, s. Agostino dichiara di far parte della vita degli eremiti.

Si tratta del sermone non agostiniano, di autore incerto, Sicut a nobis Dominus (PL 67, 1056-59: cfr. R. Arbesmann, Henry of Friemar's "Treatise on the Origin...", in August. Lov 6 [1956] 129s). Giordano da Sassonia si serve della collezione dei celebri Sermones ad fratres in eremo, un gruppo di sermoni, non sempre di numero omogeneo, in vari casi di origine diversa e nella loro quasi totalità non di s. Agostino. Egli se ne servì quanto più possibile. Gli altri autori non li conoscevano quando redassero le loro opere. Per questo se ne deve porre il ritrovamento alcuni anni dopo il 1334 (sopra questi Sermones: cfr. W. Hümpfner, Vitasfratrum, ed. cit., p. xxiv-xxix e xxxv; G. Pozzi, Roberto de' Bardi e S. Agostino, in Italia medioevale e umanistica 1 [1958] pp. 139-53; Il Vat. lat. 479 ed altri codici annotati da Roberto de' Bardi, in Miscellanea del Centro di studi medievali, serie II [Milano 1958] pp. 125-65). Il ritrovamento avvenne quando la spiritualità dell'Ordine agostiniano era già formata e dopo che era sorta la coscienza che l'Ordine procedeva direttamente da s. Agostino. Per gli Agostiniani sostenitori della speciale paternità agostiniana, s. Agostino visse con loro, e tutto ciò che fondò fu per loro finché venne fatto vescovo. Solo dopo essere divenuto vescovo, estese la Regola ad altri: ai chierici della diocesi che non avevano niente a che fare con gli Agostiniani a motivo dell'Ordine. Coloro che meglio specificano la questione sono Michele da Massa (†1337) (Sermones de sancto Augustino ad clerum, Roma, Bibl. Angelica, ms. lat. 69, f. 111) e il già citato Giordano da Sassonia. Questi due, come pure Enrico da Friemar, affermano che, una volta divenuto vescovo, egli fondò i Canonici regolari. L'autore anonimo di Firenze nega recisamente che costoro fossero stati fondati da sant'Agostino. Quasi la stessa cosa ritiene Nicola da Alessandria, benché questi ammetta che non c'è motivo di discutere a lungo su tale punto, dal momento che, se anche avesse fondato l'Ordine dei Canonici regolari, "totum ad laudem ipsius gloriosi patris cedit quanto plures filios in Christo genuit" (ivi).

La ragione principale per negare la fondazione agostiniana dei Canonici regolari è molto semplice: si basano sull'abate Gioacchino da Fiore che dice che l'Ordine dei Canonici regolari proviene da san Rufo; ne situano la fondazione in Francia intorno al 1090. Non è necessario dimostrare che si tratta di un errore (cfr. l'argomento in Gioacchino da Fiore, Expositio in Apocalypsim, ed. S. Meucci, Venezia 1527, part. I, c. XIX, f. 19v). Le discussioni suscitate dalle pretese degli Agostiniani furono molte, soprattutto da parte dei Canonici regolari, non solo a motivo di coloro che negavano loro l'affiliazione agostiniana, ma anche per il fatto che gli Agostiniani si erano dichiarati i primi figli di sant'Agostino quanto alla origine. Già nel 1354 una dura refutazione del trattato di Enrico da Friemar venne redatta dal canonico regolare Durando da Aln nella sua opera Correctorium tractatus de origine et processu Ordinis fratrum sancti Augustini, dove egli cade in errori di non minore calibro di quelli di Enrico (R. Arbesmann, Henry of Friemar's "Treatise...", p. 58s). Simili dispute si protrassero per secoli, nonostante che Sisto IV, con la bolla Quia apostolus praecepit (11 maggio 1484), avesse proibito le discussioni a entrambe le parti interessate (cfr. L. da Empoli, Bullarium, p. 321-24). Molto tempo dovettero aspettare gli Agostiniani prima che un Papa affermasse che s. Agostino era il fondatore del loro Ordine. Così lo chiamava Gregorio XI nella sua bolla Sacrae vestrae religionis (3 luglio 1376), in cui concede al provinciale di Lombardia la possibilità di fondare un convento "in onore di Dio e del beato Agostino, fondatore del vostro Ordine" a La Spezia (L. Torelli, Secoli agostiniani, vol. VI, Bologna 1680, p. 171). I loro sforzi, tuttavia, non furono tempo sprecato. Essi valsero a intensificare la coscienza agostiniana, trasformando s. Agostino e la sua eredità monastica più genuina in fondamento sostanziale dell'Ordine. Anzi, furono essi a riscoprire che s. Agostino aveva desiderato e amato soprattutto essere monaco autentico e fondare l'autentica vita monastica senza pretenderla in funzione del sacerdozio. Egli stesso era stato ordinato sacerdote, indubbiamente a malincuore, quando stava preoccupandosi di fondare il primo monastero. Le circostanze non gli consentirono di fondarlo fino a dopo essere stato ordinato sacerdote.

Questo è il monachesimo per antonomasia, al quale si sono rifatti gli Agostiniani, non considerando come qualcosa di peculiarmente proprio la vita comune dei chierici dell'episcopio, nonostante che in una occasione s. Agostino, spiegando il motivo della sua fondazione, lo chiami monasterium clericorum (Sermone 355, 2: PL 39, 1570). In realtà, era quell'altro che s. Agostino considerava il proprio vero monachesimo. Nella biografia del Santo, Possidio conferma la medesima idea. Anzi, questo genere di vita era quello che si adattava realmente con i principi dell'Ordine, nel quale i fratelli sacerdoti e quelli non sacerdoti (laici) si incontravano sostanzialmente sul medesimo piano come membri dell'Ordine. Ciò nonostante, per un certo tempo l'Ordine considerò san Paolo, primo eremita, come uno dei "suoi padri primari". Secondo i difensori della speciale paternità di sant'Agostino, questo era dovuto al fatto che coloro che ricevettero la Regola di sant'Agostino avevano seguito il genere di vita di san Paolo, la cui ispirazione generale di interiorità e di ritiro in Dio era legittimo seguire, dal momento che non si opponevano ai principi di sant'Agostino. In realtà, il motivo stava nel fatto che coloro che costituirono l'Ordine nel 1244, erano eremiti che vivevano appartati dalle città, benché formassero in genere delle comunità. Tuttavia, nel capitolo di Siena del 1295, si determinò che "historia quam edidit frater Petrus Romanus de beato Paulo primo heremita in cantu per totum nostrum Ordinem promulgetur, et ea fratres nostri Ordinis utantur ubique ad honorem et reverentiam dicti sancti" (Anal. Aug 2 [1907-8] p. 371; 8 [1919-20] p. 192; e pure sul suo culto, p. 191; 16 [1937-38] 12). Era naturale. Formando l'Ordine nel 1244, essi non rinunciarono a quei valori del passato che non si opponevano ai principi dell'Ordine. Per questo, andarono alla ricerca dei loro legami unitivi con sant'Agostino attraverso quegli ascendenti corporativi di romitori ed eremiti che formarono l'Ordine. A rinforzare i legami con i propri ascendenti del tempo anteriore alla fondazione dell'Ordine dovettero contribuire non poco le richieste del Concilio II di Lione del 1274. Di fronte al proposito di soppressione, tanto essi che i Carmelitani dovettero sostenere che i rispettivi Ordini erano stati fondati anteriormente al IV Concilio Lateranense del 1215 (cfr. S. Kuttner, Conciliar Law in the Making: The Lyonese Constitutions (1214) of Gregory in a Manuscript at Washington, in Miscellanea Pio Paschini 2 [Roma 1949] p. 74). Gli Agostiniani dovettero porre la loro origine nel sec. XII, rifacendosi al sorgere di alcuni dei loro romitaggi. Il domenicano Stefano da Salagnac, parlando nel 1277 degli Ordini che osservano la Regola di s. Agostino, dopo aver indicato i Canonici, cita l'Ordine premostratense, come fondato nel 1120.

E immediatamente dopo cita, senza poter precisare l'anno, l'Ordine degli Eremiti o Agostiniani "Ordo Heremitarum sive Augustinensium). Dato il contesto, si deve ritenere che egli lo credesse fondato in tempi posteriori a quello premostratense (De quattuor in quibus Deus Praedicatorum Ordinem insignivit, ed. crit. di Th. Kaeppeli, Roma 1949, p. 172s). Non è strano che, al Concilio di Lione, gli Agostiniani affermassero che, per la loro origine, risalivano al sec. XII: benché non proprio un Ordine, alcuni romitaggi costituivano, al più tardi già nel 1223, un consorzio. Nel documento che ci trasmette questo dettaglio, figurano cinque case dei dintorni di Lucca, alcune delle quali erano iniziate certamente nel secolo XII; al più tardi nel 1243, formavano una "congregazione o convento di tredici romitaggi o celle": una federazione, diremmo oggi. In tal modo gli Agostiniani, e pure i Carmelitani, riuscirono a sfuggire alla soppressione minacciata nel Concilio. Quando venne pubblicata a Roma la costituzione sopra la vita religiosa nel suo testo definitivo, il Papa eliminò alcune parole che ponevano sulla bocca di questi due Ordini l'affermazione della propria esistenza anteriormente al IV Concilio Lateranense, trasferendo tutta la responsabilità dell'affermazione al Concilio di Lione con la semplice clausola: "la cui istituzione precedette il citato Concilio Generale". Quest'affermazione della costituzione conciliare divenne col tempo un testo continuamente citato dagli Agostiniani in favore della tesi della paternità peculiare di sant'Agostino, fino al punto di dimenticare l'importanza dell'ultimo mese del 1243 e dei primi tre del 1244 per l'origine del loro Ordine. La stessa unione del 1256 essi la attribuirono alla miracolosa protezione di sant'Agostino dinanzi al Papa in favore del proprio Ordine. Secondo loro, s. Agostino comparve in visione ad Alessandro IV con una testa molto grande e membra molto piccole: la testa rappresentava sant'Agostino, le membra il suo Ordine.

Il messaggio non lasciava dubbi: era conveniente dare un maggiore sviluppo alle membra, perché fossero proporzionati con la testa. La leggenda concludeva che il Papa aveva realizzato questo invito unendo altri Ordini di eremiti a quello degli eremiti di sant'Agostino.