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Balbino rano: LA SPIRITUALITA' AGOSTINIANA

Monica parla di Agostino a un vescovo

Monica incontra un vescovo

 

 

LA SPIRITUALITA' AGOSTINIANA

di Balbino Rano

 

 

 

La spiritualità è fondamentalmente quella di sant'Agostino. Le caratteristiche che potevano essere state un prodotto della tradizione eremitica si armonizzavano perfettamente con i princìpi di interiorità agostiniana e con le manifestazioni di questa. Dal momento nel quale adottarono la persona di sant'Agostino come fondatore dell'Ordine e la sua eredità monastica come fondamento della propria vita, le cose non potevano procedere in altro modo. Giordano da Sassonia dice, con una frase lapidaria, che sant'Agostino "debet esse omnis nostrae actionis exemplar et regula" (Vitas fratrum, I, XI, p. 36). Il suo contenuto è la mentalità dell'Ordine intero.

Innanzi tutto, la spiritualità deve essere evangelica ed ecclesiale, trovando una particolare ispirazione nella descrizione della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme. Per questo, già nelle più antiche costituzioni dell'Ordine che ci sono state tramandate, si ordina che il novizio "sanctam Scripturam avide legat, devote audiat et ardenter addiscat" (Constitutiones di Ratisbona, c. XVII: cfr. I. Aràmburu, ed., Las primitivas Constituciones de los Agustinos (Ratisbonenses del año 1290), Valladolid 1966, n. 113, p. 60). Codice fondamentale specifico della spiritualità dell'Ordine è la Regola di s. Agostino. Attraverso essa si deve vedere e orientare tutta la restante legislazione.

Basti dire che, già nella formula più antica che conosciamo di professione religiosa, non si fa menzione delle costituzioni, ma soltanto della Regola, in virtù della quale le costituzioni obbligano: "Faccio professione ... secondo la Regola del beato Agostino, Fino alla morte" (Constituciones, cit., c. XVIII, n. 117, p. 61). Nella interpretazione della Regola, e per ciò stesso nella formazione della spiritualità, esercita grande influsso la preziosa Expositio in Regulam (PL 176, 882s), attribuita al canonico regolare Ugo da S. Vittore. I codici più antichi delle costituzioni dell'Ordine riportano già, a lato della Regola di s. Agostino, questa esposizione. Forse venne presentata come testo ufficiale di commento alla Regola fin dal principio dell'Ordine (Const. Ratisp., ed. I. Aràmburu, c. XXXVII, n. 369, p. 122). Il capitolo generale di Genova (1308) prescrisse la pena di privazione dell'ufficio e conseguente cessazione di voce attiva, finché non ne fosse stata concessa dispensa dal capitolo generale, per i priori dei conventi che non avessero posseduto la Regola scritta da s. Agostino e la suddetta Esposizione, se non le acquistavano entro un anno. La medesima pena veniva comminata per coloro che non avessero posseduto il testo ufficiale delle Costituzioni dell'Ordine (cfr. Acta, in AnalAug 3 [1909-10] 78s).

Questa prescrizione indica con chiarezza quale fosse il valore che veniva attribuito alla suddetta Esposizione della Regola. Grazie a essa, gli Agostino poterono formarsi un concetto chiaro della vita agostiniana, perfezionato con la lettura diretta delle opere di s. Agostino e di altri scritti. Essa continuò a essere il commento ufficiale alla Regola fino al 1686, anno in cui, mentre veniva pubblicata la nuova revisione delle costituzioni dell'Ordine, venne sostituita dalla Dichiarazione sulla Regola del beato s. Agostino, del beato Alonso de Orozco, sembrando più degno che esso fosse opera di un membro dell'Ordine (cfr. Constitutiones, Roma 1686, lettera del p. generale, p. 10). L'influsso dell'opera di Ugo da S. Vittore si riflesse con intensità negli A. di vari secoli. Quelli dei primi tempi lo estendono con grande spontaneità, soprattutto Giordano di Sassonia nelle sue Vitasfratrum, dove lo cita con frequenza. Però il suo influsso si avverte anche in diversi punti nei quali non lo cita; anche in questi ultimi utilizza a volte quasi le sue stesse parole. Pure nello stesso beato Alonso de Orozco si rileva un suo grande influsso. Naturalmente, si nota in seguito che gli autori agostiniani che trattarono i temi della vita religiosa nell'Ordine, già dai primi tempi fecero ricorso alle Opere di s. Agostino. Di qui deriva il fatto che espongano con sufficiente chiarezza in generale quegli aspetti della spiritualità che non appaiono altrettanto chiari in Ugo da S. Vittore. Come avviene nella dottrina della sua scuola teologica, anche nella spiritualità dell'Ordine risultano chiari tre primati: il primato dell'amore, il primato della grazia e il primato di Gesù Cristo. La vita di comunità o "sancta communio vitae" (S. Agostino, De opere monahorum, XVI, 17: PL 40, 562) deve essere realizzata come opera dell'amore che infonde in noi lo Spirito Santo.

Tale amore deve spronare i membri a essere tutti uno solo in Cristo, in cammino verso Dio Padre. Perché ciò divenga realtà, sono necessari la collaborazione e lo sforzo generoso di tutti e di ciascuno dei membri, benché tale comunione di vita non sia opera delle loro forze, ma piuttosto dono di Dio, grazia di Dio (cfr. S. Agostino, En. in Ps. 132, 10: PL 37, 1735). Nel loro comportamento devono procedere con quella santa libertà che è ispirata dall'amore, "quali innamorati della bellezza spirituale ... non come servi sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia" (Reg. VIII, 48). L'umiltà e la povertà, soprattutto individuale, devono dimostrare l'amore sociale. Le comunità devono sforzarsi di ispirarsi alla comunità sublime costituita dalla stessa SS. Trinità. Punto indubbiamente principale della spiritualità agostiniana è la interiorità. Ciò viene considerato un mezzo necessario per sfogare l'ansia che l'uomo sente di Dio e che S. Agostino condensò mirabilmente nella frase famosa: "Fecisti nos ad Te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in Te" (Confess. 1, 1, 1: PL 32, 661). Il senso della interiorità della spiritualità agostiniana risulta ottimamente precisato in quell'altra espressione famosa di s. Agostino: "Noli foras ire; in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas; et si tuam naturam mutabilem inveneris, transcende te ipsum ... Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur" (De vera relig., XXIX, 72: PL 34, 154). Gli autori agostiniani hanno esposto ripetutamente questi concetti. Le relazioni tra i membri dell'Ordine devono essere di autentica fraternità: si deve evitare tutto ciò che significa imposizione o dominio. Di qui la grande importanza che sempre è stata attribuita ai capitoli nelle loro diverse fasi di locale, provinciale, generale. Il superiore, che porta il titolo ufficiale di "priore", deve aver coscienza di essere un fratello, al quale la comunità ha affidato una maggiore responsabilità nella promozione degli altri, poiché perfino il p. generale è "anzitutto un fratello a motivo della medesima professione" (Constitutiones, Ratisbona 1290, ed. I. Aràmburu, n. 394, p. 128). Quanto alle osservanze, si è cercato sempre un certo equilibrio, procurando di evitare gli estremi.

Si preferisce un denominatore comune medio, alla portata di realizzazione per tutti, lasciando per il resto piena libertà. Di conseguenza, è una esigenza della spiritualità agostiniana il pluralismo nella unità, il dialogo aperto. Sono un principio generale per la vita agostiniana le parole del suo grande esponente, il teologo Egidio Romano († 1316): "A nessuno ... si può precludere la via di pensare diversamente, quando senza pericolo della fede possiamo pensare diversamente ... perché il nostro intelletto non è stato imprigionato in ossequio agli uomini, ma in ossequio a Cristo" (De gradibus formarum, part. 2, c. VI, Venezia 1502, p. 206). Succede cosi che "nella comunità agostiniana - sintetizzano le attuali Costituzioni dell'Ordine - la personalità non viene sommersa, ma anzi si evolve più facilmente, perché è frutto di amicizia, la quale genera e alimenta la fedeltà, la fiducia, la sincerità e la mutua comprensione. L'amicizia ci consocia in Cristo" (Const., c. II, 30, Roma 1968, p. 20).

Un posto speciale nella spiritualità agostiniana viene occupato dalla SS. Vergine. Sulle orme di s. Agostino, l'Ordine ha considerato Maria la prima che consacrò a Dio la sua verginità con una vera professione (cfr. Agostino da Ancona († 1328), In Salutationem et Annunt. Angelicam, lect. III, Roma 1590, p. 24). S. Tommaso da Villanova († 1555) giunge in qualche modo ad affermare che la Vergine è la "prima fondatrice della vita religiosa" (In Annuntiat. concio I, n. 6, in Opera Omnia, vol. IV, Manila 1883, p. 331). Ella è la Patrona dell'Ordine, senza che questo suo patrocinio venga però concretizzato in qualche titolo preciso (cfr. J. Willemaert, Historia sacra b. Mariae de Regula, [s. 1.] 1683, p. 8, 13 e altrove). Sono stati venerati in maniera particolare titoli come: Grazia, Consolazione, Buon Consiglio, Soccorso.