Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'Ordine > Magna Unio > Studi storici > Balbino Rano

Balbino rano: L'ABITO, LE PREGHIERE, LE DEVOZIONI E I SANTI

Agostino e la sua regola: affresco da Orvieto del XIV secolo

Agostino e la sua regola  (XIV secolo)

 

 

L'ABITO, LE PREGHIERE, LE DEVOZIONI E I SANTI

di Balbino Rano

 

 

 

 

L'abito

Come osservanza di presentazione esterna, rivestiva nei secoli passati una grande importanza, fin dalla fondazione dell'Ordine, l'abito religioso. Su di esso sono state inventate diverse leggende. La principale ci riferisce che l'abito era stato indicato dalla Vergine a santa Monica, la madre di sant'Agostino, e attraverso costui era passato agli Agostiniani In realtà, tale abito non ebbe alcuna origine misteriosa, come non l'ebbe la sua cinghia. La prima disposizione che si conserva relativa all'abito risale al 24 giugno 1253. Sembra che l'abito che gli Agostino indossavano non li distinguesse, sia perché assomigliava all'abito di altri e sia perché non tutti lo portavano uguale. Il cardinale Riccardo degli Annibaldi, dopo aver consultato alcuni di loro, determinò quanto segue: i fratelli professi dovevano indossare cocolle nere in generale; le avrebbero cinte con la cinghia e nella mano avrebbero portato un bastone la cui parte superiore non sarebbe stata curva, ma retta. I conversi avrebbero portato una tunica superiore nera e il cappuccio nero e il bastone indicato.

I novizi avrebbero portato una cappa nera, che doveva arrivare fino alla caviglia, una tunica, uno scapolare, la cinghia e il bastone citato. Innocenzo IV approvava tutto ciò che era stato disposto con la bolla Pia desideria devotorum (1 luglio 1253). E' conveniente rilevare che non bisogna confondere i conversi con i frati non chierici o laici. I conversi emettevano semplicemente la professione nelle mani del priore della casa e si impegnavano a osservare fino a un certo punto la vita religiosa, offrendo generalmente il proprio lavoro e i propri beni al convento. Non venivano considerati professi, in senso pieno, dell'Ordine. La determinazione del 1253 non dovette essere pienamente soddisfacente. Forse lasciava ancora la porta aperta ad altre confusioni. Fatto sta che, il 22 luglio 1255, Alessandro IV, con una bolla che porta lo stesso titolo e che è redatta con la medesima formulazione di quella di Innocenzo IV, approvò alcuni nuovi cambiamenti apportati dal cardinale Riccardo con il consiglio di alcuni venerabili membri dell'Ordine. I fratelli professi dovevano indossare, oltre a quanto era già stato stabilito nel 1253, scapolari bianchi cinti da cingoli. I novizi avrebbero indossato la cappa nera che doveva giungere fino alla caviglia, tunica bianca e scapolare bianco, cinghia e il noto bastone. I conversi avrebbero portato la tunica superiore nera, scapolare nero e cappuccio nero con il bastone indicato.

La bolla di unione del 1256, Licet Ecclesiae catholicae, toglie loro l'obbligo di portare i bastoni e dispone unicamente che le cocolle siano nere. Tuttavia, nonostante tale determinazione del Papa, non si giunse alla pratica di portare esclusivamente abiti neri, ma si continuò a portarli pure di colore bianco, cosa che viene implicitamente approvata dal Papa nella bolla Litteras Nostras (15 ottobre 1256), con la quale prescrive agli Ordinari del luogo che li obblighino a portare il nero o il bianco (cfr. L. da Empoli, Bullarium, p 22). La questione dell'abito fu motivo di molte controversie con i Francescani e con i Domenicani. Il 15 ottobre 1259, Alessandro IV ordinava agli Agostiniani, con la bolla Meminimus Nos (BullPraed 1, Roma 1729, p. 380), di deporre "l'abito dell'Ordine dei Predicatori o a esso simile, poiché quando deponete la tunica superiore venite ritenuti frati Predicatori". Il cappuccio fu al principio un semplice cappuccio per coprire la testa, che terminava nella parte posteriore a punta ed era unito alla parte superiore della tunica (cfr. anche Giordano da Sassonia, Vitas fratrum, I, XV, p. 53). La parte di cappuccio che ricadeva sopra le spalle andò sempre più crescendo e così si giunse a separarla dalla tunica e a costituire, nel secolo XVII, una pezza larga come quella in uso attualmente. Sopra l'uso dell'abito bianco sorse una nuova controversia tra Agostiniani e Domenicani sulla fine del sec. XVI: il 12 marzo 1597 Clemente VIII ordinò che venissero osservate le decisioni pontificie.

Le cose non erano ancora sufficientemente chiare e, meglio informato, il Papa tornò sul tema il 2 ottobre 1603, ordinando, con il breve Ex iuncto Nobis, che negli atti pubblici e quando uscivano dal monastero i Domenicani dovessero usare sempre la cappa nera e gli Agostiniani la tunica nera.

 

La Preghiera

La preghiera aveva il proprio centro nella liturgia e quanto vi era in quella di obbligatorio si riferiva principalmente a questa. La liturgia che gli A. scelsero fin dall'origine dell'Ordine, fu quella "secundum Ecclesiae Romanae consuetudinem", il che s'identifica con "secundum Romanae Curiae morem". Innocenzo IV conferma questa scelta con la bolla Pia desideria devotorum (31 marzo 1244).

Si trattava della Curia pontificia, non della liturgia romana tradizionale fino allora. In quella della Curia pontificia, l'ufficio divino era più breve. Con la bolla Pio vestro collegio (30 luglio 1248), Innocenzo IV consente loro di usare, al posto del salterio della Curia pontificia, che era tratto dalla versione "itala", quello delle Esaple o Salterio gallicano, che era più universale. In tal modo, insieme coi Francescani, gli Agostiniani saranno i due Ordini che più contribuiranno alla universalizzazione della liturgia della Curia pontificia. L'ultima bolla citata fa allusione ai breviari dell'Ordine; questo fa supporre che, fin dal principio, l'Ordine abbia procurato di redigere propri libri liturgici. I più antichi messali e breviari dell'Ordine dichiarano espressamente la loro dipendenza dal breviario e dal messale della Curia e ne riproducono fedelmente il contenuto. C'è da supporre che dal principio si dovesse cominciare a preparare la composizione degli altri libri liturgici dell'Ordine. Forse l'Ordinarium dell'Ordine composto dal p. generale, il beato Clemente da Osimo, esisteva già nella sua sostanza prima di lui; in tal caso, questi non avrebbe fatto altro che metterlo in ordine e aggiornarlo usando e riprendendo materiale anteriore, come fece pure con le Costituzioni dell'Ordine. Tutti i membri della casa (omnes fratres) erano obbligati a partecipare alla Messa quotidiana della comunità. Anche in comune si recitava l'ufficio divino. Oltre all'ufficio del giorno, veniva recitato quello della beata Vergine, e, nei giorni di feria, l'ufficio dei defunti. Da tempo antico si recitava inoltre l'antifona Benedicta tu con tre salmi e tre brevi letture, attribuite a s. Agostino, in onore della Vergine: questo complesso portava il nome di "Vigilia".

Esso non figura nel testo primitivo delle costituzioni, ma veniva già recitato dopo la Compieta prima del 1284: nel capitolo generale di Orvieto, celebrato in quell'anno, infatti, si ordinò che venisse recitato tutti i giorni "come è stato recitato finora" (Anal. Aug 2, 1907-08, p. 252; 8, 1919-20, p. 131). Con il passare del tempo, sono molto variati la frequenza e il tempo per la recita della "Vigilia"; attualmente si raccomanda soltanto tra le devozioni tradizionali dell'Ordine. Almeno dal sec. XVI - si trova infatti inclusa nell'Ordinarium dell'Ordine riformato dal padre generale Seripando - è stata recitata un'antifona intitolata Ave, Regina coelorum dopo la Messa della comunità, in onore della beata Vergine, in commemorazione del mistero dell'Incarnazione. Da questo è derivato che sia stata dedicata alla Vergine di Grazia, a motivo delle parole "Ave, gratia piena". Nel secolo XV, non molto prima del 1481, vennero introdotte nell'Ordine alcune preghiere denominate "Oratio serotina", cioè orazione della sera: venivano recitate come ultimo atto di preghiera in comune. Agli inizi, esse dovettero incontrare una certa opposizione, ma sono sopravvissute fino ai nostri giorni e in passato venne conferita loro un'importanza in pratica superiore a quella dell'ufficio divino. Fondamentalmente, era un'orazione per i membri e i benefattori vivi e defunti dell'Ordine (cfr. A. Massari da Cori, Commentarium in secundam Regulam Sancti Augustini, Roma 1481, pubblicata insieme ad altre opere, f. 129r e Constitutiones di Seripando, Roma 1551, c. III). Oggi, quantunque si prescriva di pregare in comune tutti i giorni per l'Ordine e i suoi benefattori, tale formula è rimasta semplicemente raccomandata tra le orazioni tradizionali dell'Ordine.

Dal 1895 si introdusse nelle costituzioni dell'Ordine una Corona che consiste nell'esprimere gli articoli della fede e dopo ognuno di essi recitare un Pater Noster e un'Ave Maria. La sua origine è molto antica; esisteva già certamente nel secolo XVI e la recitavano i Cinturati, che non recitavano l'ufficio divino. Oggi resta raccomandata tra le devozioni tradizionali. Le osservanze di silenzio, penitenza, ecc. erano generalmente quelle comuni tra gli Ordini mendicanti, ma con la tendenza alla moderazione e all'equilibrio. Il testo delle costituzioni, modificato dopo il capitolo generale di Orvieto (1284), parla della disciplina alla quale dovevano assoggettarsi i religiosi nei venerdì di Quaresima. Forse si trattava di una pratica che risaliva a un'epoca precedente. In ogni caso, tale obbligo non figura più nel testo delle costituzioni approvato a Ratisbona (1290).

 

Devozioni

Se ne è già detto qualcosa parlando della spiritualità dell'Ordine. E' stata sempre vissuta con grande intensità la devozione all'umanità di Cristo, facendo risaltare in modo particolare la dimensione della sua passione e morte accanto alla incarnazione. La devozione mariana è stata oggetto di grande stima. Basti accennare ad alcune invocazioni che hanno goduto di molta attrazione e influsso nell'Ordine. In una maniera specialissima Maria è stata venerata come Madre di Gesù nel mistero dell'Incarnazione. Questa devozione si concretò nel titolo di Nostra Signora di Grazia, titolo che si basa sulle parole dell'arcangelo san Gabriele nell'annuncio alla Vergine del concepimento di Gesù. Il culto speciale prestato a questa invocazione esisteva già a partire dal secolo XIII, forse fin dall'origine dell'Ordine e comunque in tempi molto remoti. Nel secolo XIV se ne registrò uno sviluppo.

Ciò è stato messo in relazione con l'abito bianco, quasi che questo avesse avuto origine come segno di venerazione verso la Vergine. Nel 1807 vennero concessi all'Ordine la Messa e l'Ufficio sotto il titolo di Nostra Signora di Grazia, in un giorno distinto da quello dell'Annunciazione. Nella revisione del 1962 si volle riconcentrare tutto nella festa dell'Annunciazione. Un'altra invocazione molto importante nel culto liturgico dell'Ordine è quella di Nostra Signora della Consolazione. La sua importanza poggiava soprattutto sulla leggenda che affermava che l'abito nero era stato segnalato a santa Monica dalla beata Vergine; tale leggenda venne inventata negli anni 1575-86. Lo sviluppo universale di questa invocazione mariana nell'Ordine sta in relazione con il quarto grado dell'Ordine, costituito dalla Società di s. Agostino o Cinturati, dei quali la Madonna divenne patrona appunto con il titolo di Madonna della Consolazione. La Vergine del Buon Consiglio conobbe un'ampia diffusione del suo culto nell'Ordine soprattutto a partire dal secolo XVIII. Il principale santuario dedicato al suo culto è la chiesa degli Agostino di Genazzano (Roma). Il culto dell'affresco che la rappresenta cominciò nel 1467, quando venne scoperta in maniera straordinaria la pittura che era stata ricoperta in calce. Il titolo fu mutuato, con il passare del tempo, dalla chiesa stessa, che già aveva quello di Nostra Signora del Buon Consiglio. La sua venuta dall'Albania e l'affermazione che essa si mantenga miracolosamente sospesa sono una semplice leggenda; la verità è invece che il popolo cominciò a invocarla quando la pittura venne scoperta e che si verificarono numerosi miracoli che causarono una grande commozione.

Un'ultima invocazione mariana di grande influsso nell'Ordine è stata quella di Madonna del Soccorso. Sembra che il suo culto speciale nell'Ordine risalga al secolo XIV. Una delle sue pitture più famose fu quella della chiesa agostiniana di S. Matteo, sita in via Merulana a Roma, dove venne posta nel 1499. Gli A. aggiunsero l'aggettivo "Perpetuo" Soccorso, senza tuttavia pretendere con ciò di creare una invocazione diversa da quella del Soccorso. Nel 1866, per disposizione di Pio IX, questo quadro venne consegnato ai Redentoristi, i quali hanno propagato moltissimo la sua devozione.

In realtà, gli A. si adattarono nei primi secoli alle invocazioni mariane dei rispettivi luoghi o regioni. Questi titoli citati vennero adottati su più vasta scala poiché essi concordavano meglio con la loro spiritualità. La beata Vergine è la Patrona dell'Ordine, ma senza che le venga attribuito un titolo speciale. Una devozione speciale è stata tributata dal sec. XV a san Giuseppe, che dal 1722, per concessione della Santa Sede, è considerato particolare Protettore dell'Ordine. Ovvia è la devozione a sant'Agostino, il quale, essendo considerato Padre e Fondatore, ha ottenuto sempre un posto molto eminente.

 

Santi

Tra i Santi, hanno ottenuto un culto speciale nell'Ordine, oltre a quelli ordinariamente venerati dalla Chiesa universale o celebrati dalla Curia pontificia, i seguenti: anzitutto san Paolo eremita, a motivo dell'origine dei gruppi di eremiti cenobiti che costituirono l'Ordine. Poi san Guglielmo eremita (†1157), poiché l'Ordine che lo venerava come Padre e Fondatore aveva fatto parte dell'unione del 1256; nonostante che, in quello stesso anno, l'Ordine come tale ritornasse indipendente, restarono nell'Ordine agostiniano diverse case che prima appartenevano all'Ordine di san Guglielmo: di qui l'origine di tale culto. Inoltre, quei santi che convissero o influirono o restarono particolarmente influenzati da s. Agostino. La principale è naturalmente santa Monica, madre del vescovo di Ippona; poi sant'Alipio, san Possidio, san Simpliciano, sant'Ambrogio, ecc.: sant'Alipio e san Possidio vengono considerati Agostiniani ante litteram, vissuti all'epoca stessa di sant'Agostino. San Fulgenzio di Ruspe viene considerato agostiniano per il grande influsso che sant'Agostino esercitò nella sua vita religiosa. L'Ordine non si è molto preoccupato di far canonizzare i propri membri. Tuttavia, può contare tra le sue file diversi santi e un buon numero di beati.

Il primo canonizzato è san Nicola da Tolentino (†1305), che godette fama di taumaturgo; ricordiamo poi: santa Rita da Cascia (†1456), san Giovanni da Sahagùn (†1479), san Giovanni Stone (†1539), san Tommaso da Villanova (†1555), arcivescovo di Valenza. Vi sono beati come il beato Alonso de Orozco (†1591), il beato Stefano Bellesini (†1840), vari beati martiri nel Giappone.