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lettera III  a Francesco Bruni

Immagine di Petrarca in un ritratto di Altichiero del 1376 a Padova

Immagine di Petrarca in un ritratto di Altichiero del 1376 a Padova

 

 

LIBRO SESTO

LETTERA III

A FRANCESCO BRUNI

 

Noveram te amicum

 

Nega di meritare la soverchia stima che di lui fanno gli amici: e lo invita a godere liberamente della sua villa di Valchiusa. 

[1364 circa]

 

 

 

Che tu mi fossi amico io lo sapeva: e profondamente impressa nell'animo mi era già la certezza che tu mi amassi. Ma questo scilinguato mio bergamasco ambasciatore l'ha ribadita anche più addentro, affermando e giurando non essere al mondo persona che mi ami più di te. Come che possa sembrarci strano, egli è pur vero che un parlar rozzo fa più profonda impressione. L'eloquenza talvolta mette in sospetto, e perché di sua natura può servire a sostegno del falso, agevolmente avviene che si creda avversa al vero. Or se costui, od alcun altro, o per avventura più d'uno a te mi avessero, come tu dici, siffattamente descritto, che tu della persona mia non per anco veduta ti fossi formata una qualche grande e magnifica idea, vuoi per l'aspetto esteriore, vuoi per l'interna natura, deh! te ne prego, fa' di spogliartene. Né questo ti chiederei se non temessi che presto o tardi potesse alla fama nuocere la presenza. Quantunque falsa, mi piacerebbe che tu serbassi di me vantaggiosissima opinione.

Ma ben può darsi caso che tu mi veda da vicino: e però bramo che volontario tu deponga quel concetto sul conto mio che dovresti allora deporre per forza. Cancella, io dico, non la immagine mia, ma quella ch'erroneamente ti sei formato della mia persona e non dar fede a quel che gli uomini dicono, e specialmente quelli che mi vogliono bene. Non è l'amore più veritiero dell'odio, quantunque sia tanto più nobile. Come al biasimo così alla lode è sospinta la lingua da un naturale prurito, col quale la verità mai non consente.

Chè se la tentazione della lode altrui provò a sé pericolosissima Agostino, quale credi tu che debba provarla io miserabile peccatore, a cui il piacersi della lode non meritata è grave danno, ed utilissimo sarebbe il rifiutarla ed averla in disprezzo? Non v'ha tentazione che più di questa sia pericolosa e malagevole a combattere: imperocché a sperimentare le mie forze contro la privazione della lode, bisognerebbe che io mi adoperassi a parere uomo da nulla e spregevole. Fin da quando ebbe principio la nostra amicizia, io ti scrissi, se ben mi ricorda, che sul conto mio non ad altri dovessi prestar tu fede che a me. E quale allora a te mi dipinsi tale son io: tranne solo che son fatto quasi di due anni più vecchio. In somma se non vuoi sbagliare tienimi per un uomo volgare, sebbene del volgo io sia solennissimo dispregiatore: e di me non creder nulla di buono da questo in fuori che sono amico tuo; se pure a ciò non si oppone la sentenza di Tullio, che insegna non essere amicizia ove non è virtù.

Mille grazie poi ti rendo del libro del santo padre Ambrogio, che fu un giorno mio ospite. A me tu mandi libri e dolci conforti: io a te noie e travagli: permuta invero irragionevole e ingiusta. Quanto all'olio raccolto nella mia cara solitaria villetta al Fonte della Sorga, alla cui tranquilla dimora da tanto tempo io desideroso sospiro, poiché assaggiatone quel poco che da un mio domestico ti fu recato, tu degno lo trovi di tante lodi, sappi che è tutto a tua disposizione: né solo l'olio, ma gli ulivi che lo producono, e tutto quant'è quel podere, che sebbene piccolo e sterile, mai non mi fu sì caro, mai non mi parve sì fecondo, come adesso che a te può rendere qualche servigio. E, perché più grato a te riesca il sapore di ciò che cogli da qualunque di quegli alberi, sappi che quasi tutti colle mie mani gli ho piantati io medesimo.

Altro non voglio dirti per oggi, se non che sento, come fossero miei, i travagli tuoi e della patria.

Statti sano e felice, e non ti scordare di me.

 

 

 

NOTA

Questa lettera io credo fuori dell'ordine cronologico: perocché in essa il Petrarca rammenta la lettera nella quale al Bruni dipinse se stesso, e gli dice che quale allora si descrisse, tale tuttavia si conserva, se non che solo è di quasi due anni più vecchio. Or quella lettera, che è la sesta del lib. I delle Senili, fu scritta nel 1362.

Dunque questa non deve portarsi più innanzi del 1364, quantunque le due precedenti siano del 1365, e quelle del libro V si riferiscano agli anni 1366 e 1367.