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Percorso : HOME > Scriptorium > Petrarca: Seniles > Lettera VII a Marsililettera VII a Marsili
Immagine di Petrarca in un ritratto di Altichiero del 1376 a Padova
LIBRO DECIMO QUINTO
LETTERA VII
A PADRE LUDOVICO MARSILI
Merita de te mea
Gli manda in dono le Confessioni di Sant'Agostino.
[Arquà, 7 gennaio 1373]
Dei tanti meriti miei verso di te, che dici di rammentare, io non conosco che un solo, ed è quello di averti amato fin da quando eri fanciullo, perché di te fin d'allora io presagiva assai bene, e di aver poscia di giorno in giorno accresciuto l'amor che ti porto, sperando di vederti presto divenuto tal uomo quale ti bramo. Ecco di buon grado ti dono il libretto che tu mi chiedi: e più di buon grado te lo darei se fosse ancora qual era quando a me fu donato da quell'egregio modello di ogni virtù, lettore insigne di sacre lettere, splendore dell'ordine tuo, e padre mio indulgentissimo che fu Dionisio.
Ma per naturale mia vaghezza e per vivacità giovanile uso allora a far continui viaggi, io questo libro dilettevole per la materia, caro per l'autore, comodissimo al trasporto per il suo volume da tasca, meco recai sempre in giro per tutta Italia e Lamagna, talché pareva inseparabile da me, e come attaccato alle mie mani. Senza parlare delle molte volte in cui meco cadde a terra o in acqua, ti dirò che a Nizza presso il Varo andammo insieme a fondo nel mare, ed eravamo entrambi spacciati, se Cristo non veniva in nostro soccorso. E così venendo sempre in volta con me, invecchiò anch'esso come io invecchiai, e fatto vecchio divenne malagevole a leggersi da un vecchio quale io mi sono.
Sta bene dunque che a me venuto dalle stanze di Agostino ad esse torni con te, che lo farai pure, se mal non penso, compagno ne' tuoi viaggi. Abbilo per tuo, e così com'è, fa' di gradirlo: e comincia una volta a riguardar come tuo tutto quello ch'è mio, lasciando i preamboli e gl'inutili convenevoli, e non chiedendo, ma prendendo alla libera quanto li piace. Intanto vivi felice, e raccomandami a Cristo ogni volta ch'egli ti ammette al suo divino banchetto.
Di Arquà, al dì 7 gennaio.
NOTA
Ludovico o Luigi Marsili, a cui sono dirette queste due lettere, fu nativo di Firenze, e fanciullo ancora, come si raccoglie dalla lettera 6ª fu da un suo parente presentato al Petrarca, il quale dalla vivacità de' suoi modi e dalla perspicacia del suo ingegno prognosticò dover egli riuscire uomo di merito singolare. Il chiarissimo Tiraboschi che con molta diligenza raccolse le notizie di questo illustre italiano (St. della lett. Lib. 2, c. 1) congetturò che il Petrarca lo avesse la prima volta conosciuto in Padova verso il 1350. Il Marsili quando il Petrarca gliela scriveva era, secondo che questi dice, nella stessa età in cui trovavasi Sant'Agostino, quando vicino alla salutare sua conversione sostenne in Milano coi propri vizi ed errori generoso e magnanimo combattimento. E i biografi del santo pongono la sua conversione all'anno 31mo della età sua. Or questa lettera dal luogo che occupa nell'Epistolario deve credersi scritta dopo che, cessata la guerra tra Padova e Venezia, il Petrarca si era ridotto alla solitaria sua stanza di Arquà, che è quanto dire sulla fine del 1373. Se di quel tempo il Marsili aveva 31 anno, egli era nato nel 1342.
E poiché il Petrarca disse di averlo conosciuto non adolescente ma fanciullo, sta bene che ciò si stimi avvenuto verso il 1350, o meglio ancora nei primi mesi del 1351, quando tornato da Roma ov'erasi condotto pel giubileo, il Petrarca si trattenne dai primi di gennaio fino al 3 di maggio in Padova, onde poi nuovamente si mosse per alla Francia. Non sembra peraltro potersi ammettere che il Marsili facesse i suoi studi sotto la direzione del Petrarca, come parrebbe credersi dal Tiraboschi: perocché quegli poco dopo aver conosciuto il fanciullo partì dall'Italia: e dalla lettera 6ª si pare che solo nel 1373 quel fanciullo gli tornò innanzi la prima volta iam iuvenis, iam vir, iam se formosior ipso. Se l'abate Mehus sulla fede di un codice lo dice nel 1370 in Avignone, è da credere ch'ei da quel tempo già fosse stato a Parigi, ove tutti allora concorrevano ad apparar teologia, e sebbene tornasse in Italia del 1373 ove lo rivide il Petrarca, pure è certo che a Parigi si ridusse di nuovo per ottenere i gradi accademici; poiché da una lettera di Coluccio Salutati, riportata pure dal Tiraboschi si scorge che nel 1375 egli non era più baccelliere in Sacra Teologia nello Studio parigino. Ed ivi sappiamo che si trattenne ancora alcuni anni, perché nella Riccardiana conservansi alcune sue lettere scritte di colà a Guido dal Palagio nel 1377 e nel 1378. Breve tempo dunque poté egli vivere accanto al Petrarca, il quale pur tanto lo stimava ed amava quanto da queste lettere si fa manifesto. Pensa il De Sade (T. 3, pag. 641.) essere il Marsili, quel giovine monaco fiorentino dal quale il Petrarca narra al Boccaccio (Senil. 1, II) di aver risaputo le mordaci censure de' suoi concittadini contro il suo poema dell'Africa: e se egli si appone al vero, è da dire che il Petrarca rivedesse il Marsili a Venezia nel 1363; ma me ne lascia aver dubbio quel passo già da me sopraccitato della lettera 6ª ecce nunc puer meus ad me redit, sed, ut ait Naso, iam iuvenis, iam vir, ecc., le quali parole sembrano indicare che prima del 1373 egli non lo avesse più veduto da che lo vide fanciullo. Checché sia di tutto questo, certo è che il Marsili non venne meno all'aspettazione del Petrarca.
Nei dialoghi di Leonardo Aretino e nella vita di Niccolò Niccoli scritta da Giannozzo Manetti si legge di lui un nobilissimo elogio, vuoi per santità di vita, vuoi per eccellenza di sapere nelle sacre non meno che nelle profane scienze, vuoi per prudenza e per autorità di consiglio. E quantunque ei fosse monaco eremitano di Sant'Agostino, due volte il Comune di Firenze lo mandò oratore a Ludovico d'Angiò nel 1382. Narra poi Sant'Antonio (Istor. p. 3, tit. 22, c. 2.) che il magistrato dello stesso comune non volle nel 1387 dare udienza agli oratori inviati dall'antipapa Clemente, se prima il Marsili non lo avesse rassicurato che ciò poteva fare senza incorrere nelle scomuniche. Finalmente a dimostrazione della grande stima in cui egli era tenuto dai suoi concittadini, è bello il leggere la postulatoria da loro diretta nel 1389 al Papa pontefice Bonifacio IX, per averlo a loro vescovo, riportata dal Mehus nella vita d'Ambrogio Traversari (pag. CCLXXXV). Non venne egli però eletto a quella dignità, né si sa che altra ne sostenesse fuori che quella di Provinciale del suo ordine a Pisa. Di lui abbiamo a stampa un breve commento ad una delle canzoni del Petrarca recentemente pubblicato in Bologna fra gli opuscoli rari del buon secolo. Morì egli in Firenze al 21 di agosto 1394 (Mehus. loc. cit. pag. CCLXXXVI) ed i Fiorentini in suo onore fecero alcun tempo appresso dipingere nella Chiesa di Santa Maria del Fiore da Lorenzo Bicci un cenotafio colla seguente iscrizione: Florentina Civitas ob singularem eloquentiam magni viri Luisii De Marsiliis sepulchrum ei publico sumptu faciendum statuit. (Tiraboschi e Mehus locc. citt.) Per ciò che riguarda il dono delle Confessioni di Sant'Agostino fatto già al Petrarca dal Padre Dionisio di Borgo S. Sepolcro, e da lui mandato colla seconda di queste lettere al Padre Marsili, vedi quanto ne fu detto nella Nota alla lettera 4ª del Lib. IV delle Familiari. La prima di queste due lettere nella edizione veneta dei 1516 trovasi duplicata, posta cioè al n° VI del Lib. XV delle Senili, e ripetuta come 22ma delle anepigrafe. E nelle due edizioni di Basilea (1554 e 1581) tolta dalle Senili vedesi posta soltanto fra le Anepigrafe. Ma ciò non poté avvenire che per errore degli editori, nulla contenendosi nella lettera che le meritasse di esser cacciata fra quelle che il Petrarca volle sottrarre alla curiosità dell'universale.